Green Business: un sondaggio compiuto da DNV GL e GFK Eurisko evidenzia che la gestione ambientale delle imprese si è evoluta dallo status di scelta facoltativa “green” a vero e proprio asset strategico del business. In Italia questo aspetto risulta ancora più marcato con oltre l’85% delle aziende intervistate che dichiara di monitorare i propri processi per valutarne la conformità con normative ambientali e requisiti di legge e di effettuare una regolare manutenzione degli impianti per ridurne gli impatti.
In Italia per quasi 9 aziende su 10 la gestione ambientale è un aspetto chiave della strategia di business.
Questa incoraggiante considerazione che conferma i dati contenuti nel nuovo Rapporto di Symbola e Unioncamere “GreenItaly 2017” sulla aumentata propensione delle imprese italiane ad investire in innovazione, sostenibilità, efficienza nell’uso delle risorse e nei consumi energetici, emerge anche dall’indagine svolta dall’ente di certificazione DNV GL – Business Assurance, con il supporto dell’istituto di ricerca GFK Eurisko, che ha coinvolto più di 1.700 professionisti di aziende in Europa, Nord America, Centro e Sud America e Asia.
Secondo il Report, la gestione ambientale delle imprese si è evoluta dallo status di scelta facoltativa “green” da parte di ogni singola organizzazione ad un vero e proprio asset strategico del business. In gran parte questa evoluzione è stata guidata dai consumatori, che esprimono in maniera sempre più incisiva la loro propensione verso prodotti e scelte imprenditoriali sostenibili.
Che l’opinione dei consumatori in merito alla gestione ambientale abbia guadagnato particolare rilevanza tra le aziende emerge chiaramente nello studio, dove la metà dei partecipanti al sondaggio ha dichiarato che le richieste da parte dei clienti sono state il motore propulsore della loro strategia in termini ambientali. Per le imprese è altrettanto importante considerare le pressioni da parte degli stakeholder. Rimane tuttavia prioritario per le aziende l’adeguamento e la conformità a norme e regolamenti vigenti.
I fattori che rappresentano la principale spinta verso la gestione ambientale sono:
– il rispetto di leggi e normative per il 77% degli intervistati;
– le richieste dei clienti, per il 50%. Percentuale cresciuta più del 15% rispetto al 2014;
– la reputazione di marca per il 42%;
– l’opinione pubblica per il 35%;
– le relazioni con gli altri stakeholder per il 25%.
Il Rapporto mostra, inoltre, come le aziende stiano ancora affrontando sfide uguali o simili a quelle risalenti a tre anni fa, quando venne effettuato un analogo sondaggio e i cui risultati hanno costituito elementi di comparazione con quelli forniti dal nuovo:
– smaltimento dei rifiuti per il 55% degli intervistati;
– trattamento di materiali pericolosi per il 44%;
– lo scarico delle acque reflue per il 36%.
Tra le imprese partecipanti al sondaggio la gestione ambientale sta assumendo particolare rilevanza per la strategia di crescita del business, e quasi la metà dichiara che la propria azienda incrementerà gli investimenti in gestione ambientale. La stragrande maggioranza ha effettuato nell’anno in corso almeno un’azione per valutare o mitigare i rischi ambientali e tra le azioni intraprese emergono il monitoraggio del processo di controllo di conformità ai requisiti di legge, la costante manutenzione per minimizzare eventuali impatti in termini ambientali e la continua valutazione di eventuali impatti sull’ambiente.
Sebbene lo studio riveli un crescente focus sulle proprie operazioni, è ancora esiguo il numero delle aziende che abbia un programma di gestione ambientale rivolto ai fornitori. Una quota decisamente inferiore alle attese se si considera sia quanto la gestione della catena di fornitura sia ritenuta un fattore cruciale presso gli stakeholder esterni sia quanto le imprese possano influire sulla supply chain per il miglioramento delle azioni di sostenibilità e della gestione ambientale del proprio business.
Tra i benefici primari di possedere un programma di gestione ambientale dichiarati dalle aziende coinvolte nel sondaggio, vi è in primo luogo una significativa diminuzione degli incidenti, unitamente alle migliorate condizioni di relazione con le autorità, ai risparmi finanziari nonché una accresciuta competitività di mercato.
Infine, ben 8 aziende su 10 tra le partecipanti al sondaggio ritengono che un sistema di gestione ambientale basato sulla certificazione internazionale ISO 14001 e sulla certificazione di organismi terzi indipendenti aggiunga decisamente valore al proprio business. In particolare gli standard e le certificazioni vengono considerati un valido supporto per soddisfare i requisiti previsti dalle norme vigenti oltre al miglioramento delle proprie prestazioni sul mercato.
Coerentemente con il dato globale, più dell’85% dei partecipanti italiani al sondaggio dichiara di monitorare i propri processi per valutarne la conformità con normative ambientali e requisiti di legge e di effettuare una regolare manutenzione degli impianti per ridurne gli impatti, registrando dei valori più alti di circa 15 punti percentuali rispetto al resto del mondo.
L’82%, inoltre, svolge attività di assessment per la valutazione degli impatti, mentre la formazione del personale in materia di gestione ambientale è una realtà per 7 aziende su 11.
Anche per le imprese italiane, la gestione dei rifiuti è tra i principali rischi ambientali che preoccupano le aziende di tutto il mondo. Lo smaltimento dei rifiuti, in particolare, è ancora più sentito che altrove (65%; +11% rispetto alle altre imprese globali).
Seguono, a parità di gravità, la gestione delle acque reflue, l’utilizzo di risorse energetiche non rinnovabili e la presenza di minacce fisiche (rumori, vibrazioni, minacce elettromagnetiche) che preoccupano circa 3 aziende su 10.
Le aziende italiane non hanno intenzione di abbassare il livello di guardia, dal momento che in merito al proprio grado di maturità di gestione ambientale, 1 società su 3 ritiene di essere già a un livello avanzato, mentre il 56% si aspetta di migliorare ulteriormente le proprie capacità di qui a tre anni.
Infine, praticamente nessuna azienda ha in previsione un ridimensionamento dei propri investimenti e il 33% è intenzionato ad aumentarli.