Il “Collegato agricolo” introduce misure di contrasto ad un fenomeno in forte espansione negli ultimi anni, che rappresenta un concreto rischio per l’ecosistema ittico a causa dei metodi di pesca invasivi, una grave minaccia per la salute ambientale e per quella umana, ma anche un danno economico perché i fiumi si stanno impoverendo sempre di più e la pesca sportiva, il cui mercato è sette volte più grande della pesca commerciale, rischia di scomparire.
Il 6 luglio 2016, il Senato ha approvato definitivamente il “Collegato agricolo” alla manovra finanziaria ovvero “Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo e agroalimentare, nonché sanzioni in materia di pesca illegale“, che nell’art. 40 (Contrasto del bracconaggio ittico nelle acque interne) prevede un pacchetto di misure sanzionatorie in materia di pesca illegale in acque interne.
La pesca di frodo nelle acque interne del nostro Paese, in forte espansione negli ultimi anni, rappresenta un concreto rischio per l’ecosistema ittico, una grave minaccia per la salute ambientale a causa dei metodi di pesca invasivi, ma anche un danno economico perché i fiumi si stanno impoverendo sempre di più e la pesca sportiva, il cui mercato è sette volte più grande della pesca commerciale, rischia di scomparire.
La tradizione della pesca nelle acque interne è stata ripresa soprattutto dalle etnie dell’est e il commercio è tornato economicamente conveniente perché c’è molta richiesta, specie per fare mangimi per animali, come crocchette per cani e gatti. Questo interesse ha provocato l’infiltrazione di bande che agiscono di notte saccheggiando i fiumi e laghi, anche all’interno di aree protette e parchi nazionali, con enormi reti a strascico, utilizzando scariche elettriche e sostanze chimiche che danneggiano l’habitat fluviale. C’è anche un rischio sanitario collegato alla commercializzazione di prodotti non controllati diretti spesso clandestinamente verso i mercati dell’Est Europa.
La consapevolezza che dietro tale fenomeno ci sono vere e proprie organizzazioni, ma anche soggetti che si muovono singolarmente, rende ancora più urgente la necessità che le istituzioni preposte prestino particolare attenzione per un comune impegno a porre in essere misure repressive di questo fenomeno criminoso. Si stima che mediamente ogni gruppo sia in grado di smerciare due carichi a settimana da 20 quintali ciascuno di pescato. È fortemente aumentato negli ultimi anni il numero di denunce che gli organi preposti al contrasto di tale attività hanno presentato alle Regioni, a cui complete la disciplina della pesca nelle acque interne.
La FIPO (Federazione italiana produttori operatori articoli pesca sportiva), in rappresentanza delle aziende e dei negozianti del comparto pesca sportiva, nonché degli appassionati di pesca, insieme ad altre organizzazioni del settore, ha da tempo denunciato le operazioni svolte dalla criminalità che depreda le acque pubbliche distruggendo gli stock ittici con prelievi indiscriminati e lesivi delle specie autoctone.
Di recente, inoltre, uno studio dell’ARCIPesca sulle acque pubbliche della provincia di Roma ha così classificato le violazioni alle leggi sulla pesca e i metodi illegali utilizzati:
1) mancanza di licenza o con licenza scaduta;
2) pesca in orario notturno;
3) utilizzo degli attrezzi superiori al consentito o attrezzi vietati;
4) pesca di specie ittiche in quantità superiore e spesso di taglia inferiore al consentito;
5) uso di esche vietate;
6) utilizzo dei metodi di pesca non consentiti o consentiti soltanto ai pescatori di professione: a strappo, con la mezzangola, con reti da circuizione, con tramaglio.
Pertanto assistiamo costantemente a violazioni e le più frequenti riguardano la mancanza della licenza di pesca da parte dei bracconieri, attrezzi superiori a quelli consentiti, quantitativi di pesce prelevato superiore a quanto consentito nei vari regolamenti, uso di tecniche di pesca particolarmente crudeli.
Di fronte a tali tipi di reato ed alla loro pericolosità è necessario costruire un sistema di controlli e di repressione efficaci e capillari con un sostegno legislativo che riconsideri e riveda le pene, introducendo eventualmente anche sanzioni di natura penale, in quanto sembrerebbe che si siano rilevate inefficaci le sanzioni pecuniarie vigenti, prevedendo anche una banca dati nazionale, costantemente aggiornata, allo scopo di definire puntualmente il problema e di monitorarne l’andamento nel tempo.
Secondo le Regioni, bisognerebbe integrare le sanzioni già previste, con alcune misure più incisive quali il sequestro di attrezzature, macchine ed imbarcazioni dei bracconieri e schierare una forza di controllo che affianchi le Associazioni di volontari in quanto è dimostrato che queste bande di bracconieri siano particolarmente violente e pericolose. Particolare attenzione deve essere posta anche all’aspetto sanzionatorio, poiché molto spesso le guardie preposte al controllo emettono multe che nella maggior parte dei casi non vengono pagate, con un aggravio economico per le Amministrazioni regionali e provinciali.
Inoltre sarebbe necessario prevedere interventi per lo smantellamento, a spese degli stessi soggetti che commettono tali violazioni, delle piazzole che sovente creano abusivamente, per pescare più comodamente, deturpando le sponde dei fiumi e dei laghi oltre che inquinare queste aree per una cattiva gestione di rifiuti, per esempio con l’abbandono di decine e decine di bottiglie e buste di plastica che non fanno altro che aggravare ulteriormente la situazione.
Altro suggerimento è quello di prevedere l’obbligo di possesso da parte del pescatore di professione che opera in acque dolci interne, di documentazione che attesti la provenienza e quindi la tracciabilità del prodotto.
Infine, pene più severe dovrebbero essere previste dove le specie pescate, sono in via di estinzione o in forte sofferenza, in quanto le Amministrazioni pubbliche sono tenute a predisporre piani per contrastare l’estinzione di tali specie mediante investimenti (impesciamenti, scale, …) che finirebbero per non avere alcun effetto per la salvaguardia di tali specie.
È del tutto evidente che un impegno sinergico, nella lotta alla pesca di frodo, della pubblica amministrazione e delle forze dell’ordine, unitamente ai volontari, motivati dalla passione per la natura, per la salvaguardia del patrimonio naturalistico e la disciplina della pesca sportiva, non può che portare risultati importanti nella repressione di questi reati.