A Ginevra fino al 15 gennaio si è riunito il Comitato permanente della Convenzione sul Commercio internazionale delle Specie minacciate di Estinzione (CITES) con l’obiettivo di salvare, in particolare, gli elefanti minacciati pesantemente dal bracconaggio.
Sono 30mila gli elefanti uccisi ogni anno per impadronirsi delle zanne d’avorio. Questi i numeri, che non lasciano scampo, diffusi dall’ONU sul bracconaggio durante la 66esima riunione del Comitato permanente della Convenzione sul Commercio internazionale delle Specie minacciate di Estinzione (CITES), svoltasi dall’11 al 15 gennaio a Ginevra, a cui hanno aderito 181 Stati.
Nonostante gli sforzi internazionali, infatti, il mercato illegale alimentato dai cacciatori di frodo sembra un fenomeno inarrestabile per un giro d’affari illecito stimato in più di 23 miliardi di dollari all’anno, a spese della biodiversità. Per questo motivo il WWF e altre associazioni ambientaliste hanno lanciato al meeting l’allarme sull’impennata dei crimini nei confronti della fauna selvatica e allo stesso tempo hanno chiesto maggiori sforzi per arginare tale fenomeno, che non riguarda solo gli elefanti ed altri animali “preziosi”, ma che si estende anche ad altre specie, vittime della mera passione per la caccia di animali esotici.
Il dossier più urgente sul tavolo della CITES ha riguardato comunque l’emergenza elefanti: oggi in Africa sono rimasti appena 470mila esemplari contro una popolazione stimata fra i 3 e i 5 milioni nel 1900, decimata da cacciatori di avorio senza scrupoli. L’avorio, infatti, è un materiale così prezioso che sul mercato nero viene valutato fino a 3mila dollari al chilogrammo: 30mila elefanti uccisi sono pari a 70 esemplari l’anno, un vero e proprio eccidio.
Secondo gli ambientalisti, fatta eccezione per alcune nazioni, nella maggior parte dei casi ci sono ritardi inaccettabili per quel che riguarda l’attuazione dei Piani d’azione nazionali sull’avorio da parte dei 19 Stati interessati, responsabili della situazione attuale.
“Alcuni paesi, tra cui la Tailandia, hanno fatto progressi significativi, ma sono troppi quelli che, invece, hanno fatto poco o non abbastanza come Nigeria, Angola e Laos – spiega Carlos Drews del WWF – O la Tanzania, dove in 5 anni è stato sterminato il 60% della popolazione di elefanti. O ancora lo Zimbabwe: nel parco nazionale di Hwange, lo stesso in cui l’estate scorsa un dentista americano ha ucciso il leone Cecil, gli elefanti cadono a decine, avvelenati con il cianuro”.
“Occorre una pressione supplementare su chi è più pesantemente coinvolto nel commercio – continua Drews – anche perchè la stessa situazione degli elefanti è vissuta dai rinoceronti, da decenni a rischio estinzione, soprattutto in Vietnam e Mozambico, sempre a causa dell’avorio presente nei loro corni. La richiesta è talmente elevata che sul mercato asiatico il prezzo del corno di rinoceronte raggiunge i 120mila dollari al chilo, e in Sudafrica le uccisioni hanno superato quota mille per il terzo anno consecutivo”.
All’attenzione del CITES, oltre che le altre specie nel mirino dei bracconieri come il ghepardo e il pangolino, ci sono anche urgenze ambientali, come il commercio illegale di legname del Madagascar, in particolare ebano e palissandro, che ha raggiunto cifre paragonabili al commercio di avorio. Precisiamo che il problema del bracconaggio, pur con dimensioni diverse, rappresenta una criticità che riguarda anche i Paesi europei, come dimostrano ad esempio i dati del recente monitoraggio sulla condizione dei lupi in Italia, a dimostrazione che bisogna sempre tenere la guardia alta e che nemmeno la migliore legislazione possibile è immune dalle minacce della caccia illegale.