L’AIAB rilancia che la biodiversità nei campi coltivati con metodi di agricoltura organica è del 30% superiore a quella che si registra nei campi convenzionali, l’energia usata è del 23% inferiore e per buona parte prodotta da fonti rinnovabili, il risparmio delle risorse idriche è del 18% maggiore rispetto alle aziende convenzionali.
In occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, l’Associazione Italiana Agricoltura Biologica (AIAB) ha rilanciato i dati di una recente ricerca, integrata con i dati forniti dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), da cui si evince che i campi biologici italiani, dove l’utilizzo dei pesticidi è off limits, rappresentano un enorme serbatoio di diversità genetica: ci sono 7 volte più insetti impollinatori (api, bombi), 5 volte più farfalle, 7 volte più merli, cianciallegre, scriccioli rispetto ai terreni in cui regnano i fitofarmaci.
Anche le specie floreali, come le orchidee, i ranuncoli, i fiordalisi crescono in quantità 3-4 volte maggiori.
Gli agricoltori e gli allevatori che hanno puntato sul biologico riescono, inoltre, a ottenere risparmi significativi sia per l’ambiente che per il portafoglio: usano il 23% in meno di energia per unità di prodotto (meno trattori, niente chimica convenzionale) e utilizzano 4 volte più fonti rinnovabili rispetto a chi coltiva in modo tradizionale. In questo modo le 34 mila aziende biologiche, oltre a far crescere il PIL italiano di 3 miliardi di euro e a sostenere il record di biodiversità in Europa, danno anche un contributo significativo nella battaglia al global warming provocato soprattutto dall’uso di combustibili fossili.
Infatti, ogni ettaro coltivato in modo biologico permette di assorbire quasi mezza tonnellata di carbonio in più all’anno rispetto a un campo coltivato in modo convenzionale.
“Il nostro scopo principale è garantire prodotti ricchi di sapore e proprietà organolettiche – ha dichiarato il Presidente AIAB, Vincenzo Vizioli – Ma le tecniche che utilizziamo hanno un indotto con vantaggi in termini di biodiversità che oggi siamo in grado di misurare. E a questi aggiungiamo scelte consapevoli per ridurre ulteriormente l’impatto dell’agricoltura. Ad esempio il 74% delle aziende bio utilizza i sistemi a miglior efficienza idrica contro il 56% delle aziende convenzionali“.
Le realtà biologiche si occupano della vendita diretta in azienda per il 5% in più della produzione, rispetto a quelle convenzionali. Il biologico, dunque, si conferma come portatore di buone pratiche e come metodo in grado di assicurare un notevole contributo nella riduzione della pressione sugli ecosistemi e sull’ambiente.
La biodiversità agricola, oltre a essere un elemento di salvaguardia del nostro Made in Italy, protegge i campi dagli eccessivi sfruttamenti dovuti alle monocolture. La stessa ricerca sottolinea come nel biologico le varietà coltivate in azienda siano 2,5, mentre nel convenzionale restano sotto alle 2 colture. Più elevato è il valore, maggiore è la distanza da un modello produttivo di tipo monocolturale associato a livelli di biodiversità poco elevati. Inoltre, l’inserimento di elementi semi-naturali del paesaggio (siepi, filari, muretti a secco, ecc.), che rappresenta uno dei metodi utilizzati per conservare la biodiversità, è utilizzato per il 22% nelle aziende bio e per il 17% delle aziende convenzionali.
I dati del “Bioreport 2013” confermano il ruolo sempre più importante che il settore va assumendo nel contesto dell’agricoltura italiana: non più nicchia, ma modello produttivo innovativo e interessante sotto il profilo sia economico che sociale e ambientale.
Per estensione di superficie impiegata il biologico italiano occupa nel mondo il 6° posto, ma è al 1° posto con oltre il 9% della superficie agricola utilizzata (SAU) ed è in costante aumento.
Se ci sono nel mondo 400 milioni di contadini che praticano un’agricoltura contadina, con tecniche ammesse nel biologico tuttavia solo l’1% circa sono biologici certificati. Per colmare questo gap, l’AIAB sta portando avanti un’azione di sensibilizzazione sulla certificazione, sulla tutela del consumatore, sulla garanzia di processo partendo dal basso, con il coinvolgimento di tutti coloro che sono parte della filiera.
“L’agricoltura biologica rappresenta un modello di produzione alternativo che non ha simili nel settore dell’agroalimentare e il sistema di certificazione ne rappresenta un pilastro fondamentale che lo caratterizza in modo preciso – ha osservato il Vicepresidente AIAB, Stefano Frisoli, – Ma L’agricoltura biologica è soprattutto costante innovazione e costante riflessione sui modelli e sui processi, perché il riferimento normativo deve trovare aderenza rispetto alle pratiche e le pratiche oggi evidenziano uno scollamento tra la certificazione di parte terza e lo sviluppo del settore del biologico”.