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Agricoltura rigenerativa: per suoli sani e stoccaggio di CO2

Un Rapporto dell’EASAC sull’agricoltura rigenerativa mostra che le pratiche analizzate evidenziano le sinergie tra la cattura e lo stoccaggio del carbonio e il miglioramento della biodiversità, senza essere in contraddizione con le moderne pratiche agricole e di allevamento e non hanno grandi effetti negativi sulla produzione alimentare a lungo termine.

Gli attuali sistemi di produzione agricola stanno minacciando gravemente la stabilità climatica e la resilienza degli ecosistemi e costituiscono un grande motore del degrado ambientale. Ad esempio, vi sono gravi impatti dovuti alla perdita della biodiversità delle specie e dei servizi ecosistemici, come l’impollinazione, l’aumento dell’erosione del suolo, il calo di fertilità del suolo, il danno a valle delle
risorse idriche e il degrado degli ecosistemi costieri. 

Una maggiore sostenibilità e resilienza della produzione agricola di fronte a queste crisi deve basarsi su una visione sistemica che non solo analizzi come mitigare gli effetti dell’attuale moltitudine di crisi globali sull’agricoltura, ma indichi anche quali trasformazioni specifiche sono necessarie per ridurre il contributo della stessa produzione agricola a queste crisi.

Il Progetto “Agricoltura rigenerativa” dell’European Academies Science Advisory Council (EASAC), l’organismo che raggruppa 29 accademie nazionali della scienze europee (l’Italia è rappresentata dall’Accademia Nazionale dei Lincei) e che si pone l’obiettivo di fornire informazioni indipendenti alla politica su argomenti di carattere scientifico che abbiano delle ripercussioni sociali, “prende come punto di partenza la recente evoluzione dell’arena politica in materia di agricoltura e biodiversità in Europa e il crescente interesse, a livello internazionale, per l’agricoltura rigenerativa come concetto ombrello per alimenti sostenibili e sistemi resilienti. L’agricoltura rigenerativa è definita come un sistema di principi e pratiche agricole che, ad esempio, mantengono la produttività agricola, aumentano la biodiversità, arricchiscono i suoli, ripristinano i bacini idrografici e migliorano i servizi ecosistemici, compreso il sequestro del carbonio”.

Il Gruppo intergovernativo di esperti delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (IPCC) ha emesso nei mesi scorsi il severo avvertimento che i modelli informatici suggeriscono che le emissioni globali di carbonio ora devono diminuire rapidamente affinché il mondo abbia un 50% di possibilità di limitare il riscaldamento a 1,5 °C, secondo l’obiettivo fissato dall’Accordo di Parigi.

Sottolineando il messaggio dell’IPCC, il Rapporto Regenerative Agriculture: Healthy Soil Best Bet for Carbon Storage” dell’EASAC, mostra che una trasformazione verso l’agricoltura rigenerativa offre un grande potenziale non sfruttato per aumentare lo stoccaggio del carbonio (si stima che il ripristino del 15% delle terre in aree prioritarie potrebbe sequestrare 299 gigatonnellate di CO2 – il 30% dell’aumento totale di anidride carbonica nell’atmosfera dalla Rivoluzione Industriale), riducendo i rischi climatici, fornendo cibo alla crescente popolazione mondiale e migliorando la biodiversità.

La trasformazione dell’agricoltura è il più grande tesoro non sfruttato del pianeta per far fronte alla crisi climatica – ha spiegato il Prof. Thomas Elmqvist, Direttore del Progetto e uno degli autori principali della prima analisi scientifica dell’EASAC sul potenziale dell’agricoltura rigenerativa – L’odierna agricoltura convenzionale su larga scala ha un enorme impatto negativo sul suolo. L’erosione e la perdita del suolo, la perdita di flora e fauna e quindi di nutrienti nei suoli, sono diventati fenomeni importanti in Europa. Ci sono ovviamente limiti e vincoli sulla quantità di carbonio che potremmo catturare e immagazzinare nei terreni agricoli, ma c’è un potenziale non sfruttato sotto terra, in particolare nei prossimi due o tre decenni, prima che si saturi, perché ci siamo concentrati così tanto sulle foreste fino ad oggi”.

Pur essendo responsabile di un terzo delle emissioni globali di carbonio, l’agricoltura è estremamente vulnerabile agli effetti dei cambiamenti climatici, come le variazioni di temperature e precipitazioni. Sempre più agricoltori, e in particolare i piccoli proprietari che producono circa un terzo del cibo mondiale, stanno lottando con le perdite di raccolti e bestiame, mentre cercano di adattarsi alle condizioni meteorologiche sempre più irregolari causate dai cambiamenti climatici.  

Secondo il Rapporto finale del Progetto UE PESETA (Projection of economic impacts of climate change in sectors of the European Union based on bottom-up analysis), redatto dal Centro Comune di Ricerca (JRC) della Commissione UE, entro il 2080 gli effetti dei cambiamenti climatici sulla produzione alimentare europea comporterebbero cali delle rese agricole intorno al 30%.

Sembra esserci la convinzione che l’agricoltura rigenerativa possa essere applicata solo su piccola scala e che apportare modifiche alle attuali pratiche agricole industriali renderà impossibile nutrire una popolazione mondiale in crescita – ha spiegato Elmqvist – Ma è vero il contrario: abbiamo forse un decennio per una trasformazione massiccia. Dobbiamo coinvolgere gli agricoltori industriali e adottare una prospettiva paesaggistica per raggiungere gli obiettivi. In definitiva, possiamo solo proteggere la scala della produzione alimentare spostandoci dall’enfatizzare solo la quantità della produzione agricola a una maggiore qualità e valore nutritivo dei prodotti agricoli“.

I risultati dell’EASAC dimostrano che molte delle pratiche analizzate mostrano sinergie tra la cattura e lo stoccaggio del carbonio e il miglioramento della biodiversità, pur non avendo grandi effetti negativi sulla produzione alimentare a lungo termine

Gli scienziati sottolineano che l’agricoltura rigenerativa, meno prescrittiva rispetto, ad esempio, all’agricoltura biologica, non contraddice l’uso delle moderne tecnologie colturali e di allevamento, la lavorazione del terreno, l’uso di fertilizzanti minerali o pesticidi, dei quali raccomandano un uso limitato e più mirato. L’uso di pesticidi chimici, ad esempio, può essere ridotto utilizzando alternative biologiche, impiegando colture geneticamente modificate resistenti ai patogeni o addirittura introducendo predatori.

L’EASAC sottolinea che l’agricoltura rigenerativa abbia la priorità da parte degli Stati membri nell’attuazione della nuova politica agricola comune (PAC). Ciò comprende maggiore diversificazione all’interno e tra le colture, introduzione di colture permanenti e perenni, diffusione dell’agroforestazione, mantenimento della copertura vegetale verde su tutti i campi agricoli durante tutte le stagioni e ridotta lavorazione del terreno.

: I tre pilastri dell’agricoltura rigenerativa, le correlate politiche, il contesto tecnologico/pratico e le sinergie in azienda e scala paesaggistica valutati nel Rapporto EASAC
 

Stiamo letteralmente segando il ramo su cui siamo seduti – ha affermato Orsolya Valkó dell’Istituto ungherese di ecologia e botanica e co-Presidente del gruppo di lavoro dell’EASAC sull’agricoltura rigenerativa – Ci troviamo letteralmente sul più grande e potente deposito di cattura del carbonio del pianeta. Molti test sul campo mostrano quanto siano elevate le prestazioni di stoccaggio del suolo. Se vogliamo preservare la biodiversità, espandere la produzione alimentare e allo stesso tempo combattere il cambiamento climatico, non c’è alternativa all’agricoltura rigenerativa!”

Il rapporto accoglie con favore le Strategie dell’UE in materia di Biodiversità e “Dal campo alla tavola” come passi nella giusta direzione, ma sottolinea che i governi finora hanno fatto poco per attuarle

Servono politiche rigorose e strumenti economici precisi – ha concluso Elmqvist – L’obiettivo della scala dell’azienda agricola è insufficiente. I regimi finanziari dovrebbero anche favorire le comunità e le associazioni di agricoltori che gestiscono i paesaggi in modo coordinato“.

In copertina: Cover image del Rapporto EASAC (Communication Works / Felix Sorau)

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