La Corte dei conti europea (ECA) nella Relazione speciale sull’acquacoltura in UE rileva che, sebbene il quadro strategico dell’UE per lil settore sia migliorato negli ultimi anni, l’attività in sé ha registrato una crescita modesta nell’insieme degli Stati membri e non esistono indicatori affidabili per monitorare la sostenibilità del settore o il contributo che i maggiori finanziamenti dell’UE apportano allo sviluppo dell’acquacoltura nell’Unione.
Il quadro di riferimento dell’UE per promuovere lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura negli Stati membri è migliorato, ma i finanziamenti, seppur notevolmente aumentati, non hanno prodotto risultati concreti.
È il risultato della Relazione speciale “La politica dell’UE in materia di acquacoltura. Una produzione stagnante e risultati incerti nonostante l’aumento dei finanziamenti UE”, che la Corte dei conti europea (ECA) ha pubblicato il 15 novembre 2023 con lo scopo è di contribuire ai dibattiti strategici rilevanti per la politica dell’UE in materia di acquacoltura, in particolare nel contesto della valutazione intermedia del FEAMPA (Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca), prevista per il 2024, nonché della valutazione dei progressi compiuti nell’attuazione degli orientamenti strategici, prevista per il 2025, mirando, inoltre, a rafforzare la trasparenza e il rispetto dell’obbligo di rendiconto nell’uso dei finanziamenti dell’UE destinati all’acquacoltura.
L’acquacoltura designa l’allevamento di pesci, molluschi, alghe e altri organismi acquatici, e può essere praticata in acque marine, salmastre o interne, nonché in impianti terrestri dotati di sistemi di ricircolo dell’acqua. L’acquacoltura è uno dei settori alimentari in più rapida crescita al mondo, ma l’UE vi occupa un posto molto modesto. Nel 2020 la produzione acquicola totale dell’UE è stata pari a 1,1 milioni di tonnellate, meno dell’1 % del totale mondiale (123 milioni di tonnellate) per un valore di 3,6 miliardi di euro.
Al 2020 i paesi dell’UE con i volumi di produzione acquicola più importanti erano Spagna, Francia, Grecia e Italia, rappresentando il 67 % della produzione totale dell’UE. A seconda dei prodotti coltivati, la classificazione degli Stati membri in termini di valore della produzione può differire da quella in termini di volume, come nel caso della Francia e della Spagna.
L’acquacoltura è una componente importante della Strategia dell’UE per l’economia blu, contribuendo alla sicurezza alimentare ed è promossa dal Green Deal europeo quale fonte di proteine con una più bassa impronta di carbonio.
Con il sostegno del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMPA) infatti, nel periodo 2014-2020 sono stati assegnati 1,2 miliardi di euro e per il periodo 2014-2020 un altro miliardo di euro, l’UE mira ad assicurare la sostenibilità ambientale a lungo termine dell’acquacoltura e a ottenere vantaggi sul piano economico, sociale e occupazionale. Tuttavia, secondo la Corte, i risultati sono lenti a manifestarsi e non sono ancora misurabili con certezza.
L’importo dei finanziamenti destinati esclusivamente all’acquacoltura per il periodo 2014-2020, sottolinea l’ECA, è stato più del triplo di quanto speso in totale nel periodo 2007-2013. Tuttavia, né la Commissione UE né gli Stati membri hanno dimostrato la necessità di un così forte incremento e gli auditor hanno motivo di ritenere che l’UE abbia messo in campo troppo denaro
“Poiché l’acquacoltura è una componente importante della strategia per l’economia blu – ha osservato Nikolaos Milionis, il Membro della Corte che ha diretto l’audit – negli ultimi anni l’UE ha cercato di aiutare questo settore gettando in acqua enormi reti, che sono però rimaste desolatamente vuote”.
L’audit ha effettuato, tra l’altro, un esame documentale per un campione di 6 Stati membri selezionati in funzione del volume di produzione acquicola e della rispettiva spesa a titolo del FEAMP, che sono Grecia, Spagna (Galizia), Francia, Italia (Emilia-Romagna), Polonia e Romania., che nell’insieme, rappresentavano circa il 71 % della produzione acquicola dell’UE nel 2020 (cfr. figura 5) e il 61 % dei fondi FEAMP impegnati a fine 2021 a titolo della priorità dell’Unione n 2 (Favorire un’acquacoltura sostenibile sotto il profilo ambientale, efficiente in termini di risorse, innovativa, competitiva e basata sulle conoscenze) e ha effettuato visite di audit in 2 degli Stati membri selezionati ai fini dell’esame documentale: Spagna (Galizia) e Polonia.
È. risultato che i fondi disponibili non sono stati in gran parte usati e gli Stati membri potrebbero non essere in grado di spenderli tutti entro il 2023, termine ultimo di ammissibilità per le spese. Uno degli effetti collaterali di tale situazione è che in pratica i paesi dell’UE hanno finanziato quasi tutti i progetti, indipendentemente dal contributo che avrebbero potuto apportare al conseguimento degli obiettivi UE per l’acquacoltura, mentre un approccio più mirato sarebbe stato forse più proficuo.
Inoltre, nonostante 1,2 miliardi di finanziamenti messi a disposizione per il periodo 2014-2020, gli auditor osservano che la produzione acquicola globale dell’UE non è decollata e per due dei maggiori paesi produttori (Italia e Francia) si è addirittura contratta e i posti di lavoro sono diminuiti approssimativamente da 40 000 a 35 000.
“Durante il periodo di programmazione la dotazione totale dell’acquacoltura è diminuita di circa 158 milioni di euro entro la fine del 2022, un calo del 13 % rispetto all’assegnazione iniziale – si legge nella Relazione – Quattro dei sei Stati membri selezionati hanno ridotto gli importi destinati all’acquacoltura, in particolare l’Italia (-33 %) e la Polonia (-32 %). La dotazione è invece aumentata in Francia (+44 %) e in Romania (+8 %). La dotazione iniziale del FEAMPA è diminuita rispetto a quella del FEAMP, ma resta nettamente superiore agli importi spesi tra il 2000 e il 2013”
Gli auditor rilevano inoltre debolezze nel sistema di monitoraggio, tant’è che non hanno potuto individuare un insieme unico di indicatori che consentisse loro di valutare la sostenibilità ambientale del settore, sebbene si trattasse di uno dei principali obiettivi della politica dell’UE.
Tutti gli Stati membri selezionati, eccetto l’Italia, hanno fissato alcuni valori-obiettivo per la crescita del settore, sebbene il modo in cui taluni di essi sono formulati renda difficile consolidarli per ottenere una visione d’insieme del grado di ambizione dell’UE per detto periodo. La Spagna, la Francia e la Polonia hanno anche definito obiettivi di crescita per alcune specie e/o alcuni tipi di produzione.
In Italia, l’incertezza circa la durata delle concessioni esistenti, unita al divieto temporaneo di rilasciarne di nuove, ha rischiato di scoraggiare sia i nuovi operatori che gli investimenti nella modernizzazione del settore. In Italia le concessioni esistenti per l’acquacoltura marittima sono state prorogate per legge nel 2010 fino alla fine del 2020 e nuovamente nel 2018 per altri 15 anni, fino al dicembre 2033. La legge del 2018 prevedeva inoltre un riordino della materia demaniale e delle procedure di rilascio, in attesa del quale si intendeva sospeso il rilascio di nuove concessioni. Nell’agosto 2022 una nuova legge ha abrogato le disposizioni che limitavano il rilascio di nuove concessioni per attività di acquacoltura.
Destano ancora maggiore preoccupazione, sottolineano gli auditors, i dati attualmente forniti sui traguardi raggiunti con i fondi UE, che non sono né uniformi né attendibili e mostrano risultati palesemente sovrastimati, valori conteggiati tre volte e cifre che variano a seconda del sistema di rendicontazione selezionato. Di conseguenza, gli auditor non hanno potuto determinare il contributo dei fondi UE alla sostenibilità ambientale e sociale del settore acquicolo o alla sua competitività.
La Corte raccomanda alla Commissione di:
1) aiutare gli Stati membri a rimuovere gli ostacoli allo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura nell’UE;2) indirizzare meglio i fondi dell’UE;
3) migliorare il monitoraggio della performance dei finanziamenti dell’UE e della sostenibilità ambientale.