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Cina 2017: allarme inquinamento e salute in pericolo

Cina inquinamento salute in pericolo

Lo sviluppo selvaggio di città e paesi negli ultimi cent’anni sta causando gravissimi problemi non solo all’ambiente, ma anche e soprattutto alla salute. Se ne sta accorgendo in questi mesi la Cina che, in alcuni decenni di crescita accelerata, è divenuta la “fabbrica del mondo”, ma sta pagando prezzi molto alti in termini di alterazione di aria, acqua e benessere.

Non a caso il 2017 è cominciato nel segno del massimo inquinamento per Pechino e le altre città del nord e del centro del Paese, con almeno 30 autostrade chiuse e 300 voli ritardati o cancellati per scarsa visibilità causata da una fitta coltre di smog. Nella capitale, l’Ente municipale per la protezione dell’Ambiente ha proclamato alcuni giorni di allerta “orange”, il secondo livello più alto nella scala utilizzata per misurare la pericolosità dell’aria.

Tuttavia, già dalla fine dell’anno scorso in 25 città cinesi era stata divulgata l’allerta “rossa”, il massimo grado che prevede la chiusura di fabbriche, scuole e cantieri per motivi precauzionali. Nelle centraline per le rilevazioni delle polveri sottili delle città settentrionali cinesi i valori eccedevano più volte il limite di sicurezza stabilito dall’OMS di 25 microgrammi per metro cubo di pm 2.5. e in diverse città i valori superavano i 400 microgrammi per metro cubo presente nell’aria. Un livello venti volte superiore alla soglia di sicurezza che mette a rischio milioni di vite: ogni anno, infatti, l’inquinamento atmosferico in Cina causa tra le 700mila e i 2,2 milioni di morti premature.

La zona maggiormente colpita dallo smog è il nord-est, in particolare la provincia settentrionale dello Hebei, che confina con la capitale. In tutto sono oltre 63 le città, compresa Pechino, che hanno lanciato l’allarme. In molte è stata addirittura predisposta la chiusura delle scuole e degli asili, come a Zhengzhou nella Cina orientale.

Per contrastare l’ondata di smog, che nei mesi scorsi aveva causato disagi a oltre 460 milioni di persone, il governo prima di Natale, tra le varie iniziative messe in campo, ha mandato una decina di squadre di ispettori nelle fabbriche ritenute più inquinanti per controllare i livelli di emissioni e il rispetto delle normative anti-smog. E, dopo l’ispezione, il ministro dell’Ambiente cinese Chen Jining, secondo quanto riporta l’Agenzia Xinhua, ha reso pubblici i nomi delle aziende che non si sono attenute alle regole (oltre 500 tra cantieri, acciaierie, fabbriche metallurgiche, chimiche e di anticrittogamici), costringendole a ridurre o sospendere l’attività.

Il problema dell’inquinamento, però, non è rappresentato solo dalle fabbriche in Cina. Gravi danni li creano anche i sistemi di riscaldamento delle abitazioni e degli stabili, che in gran parte sono ancora a carbone, non a caso la prima fonte di approvvigionamento energetico del Paese, nonostante le autorità stiano cercando da anni di porre un freno all’uso di questa risorsa.

Una buona notizia in chiave anti-inquinamento arriva dalla provincia interna dello Shanxi, l’area dove si produce la maggiore quantità di carbone di tutta la Cina, che entro il 2020 punta a ridurre la produzione di un quinto rispetto ai livelli attuali. Inoltre, non dimentichiamoci le sanzioni che saranno applicate alle aziende e ai trasgressori che non hanno rispettato le normative anti-smog, anche se ancora non sono state rese note le procedure o le entità in denaro. Auguriamoci, comunque, che presto la situazioni migliori, altrimenti la Cina rischia sul serio di “soffocare” per colpa dello smog.

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