Con oltre 2 miliardi di persone che dipendono dai ghiacciai e dallo scioglimento delle nevi per l’acqua dolce, e con proiezioni che mostrano che un terzo dei siti glaciali potrebbe scomparire entro il 2050, è urgente sensibilizzare e agire per proteggere questi ecosistemi vitali. È in questo contesto e per celebrare la Giornata mondiale dei ghiacciai (21 marzo) e la Giornata mondiale dell’acqua (22 marzo) che è stato lanciato il World Water Development Report (WWDR 2025), il Rapporto sullo sviluppo idrico mondiale delle Nazioni Unite dal titolo “Montagne e ghiacciai: torri d’acqua”, pubblicato dall’UNESCO per conto di UN-Water, che sottolinea l’importanza delle acque di montagna per il pianeta.
Come da consuetudine, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua (22 marzo 2025), nel corso dell’evento celebrativo ufficiale che si è svolto il 21 marzo a Parigi presso la sede dell’UNESCO e, contestualmente a New York presso la sede delle Nazioni Unite, è stato presentato il World Water Development Report (WWDR 2025), pubblicato dall’UNESCO per conto di UN Water, l’organismo interagenziale di 35 Organizzazioni delle Nazioni Unite, che quest’anno ha per tema “Mountains and glaciers: Water towers” (Montagne e ghiacciai: torri d’acqua) per richiamare l’attenzione sull’importanza delle acque montane per le società, le economie e l’ambiente, con particolare attenzione agli impatti della criosfera montana in rapido cambiamento.
Di seguito gli aspetti chiave del WWDR 2025.
Progressi verso il conseguimento dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile 6. Acqua pulita e servizi igienico-sanitari
Target 1: Acqua potabile sicura.
Si stima che 2,2 miliardi di persone (pari al 27% della popolazione mondiale) non avessero accesso ad acqua potabile gestita in sicurezza nel 2022. Di queste, quattro persone su cinque vivevano in zone rurali, sprovviste persino di servizi essenziali di fornitura di acqua potabile.
Target 2: Accesso ai servizi igienico-sanitari.
Nel 2022, 3,5 miliardi di persone in tutto il mondo non avevano accesso a servizi igienico-sanitari gestiti in sicurezza. La situazione risultava particolarmente grave nell’Africa subsahariana, dove appena il 24% della popolazione disponeva di servizi igienico-sanitari gestiti in sicurezza. Queste limitazioni si registrano anche in altre regioni, tra cui America Latina e Caraibi, Asia centrale e meridionale, dove appena il 50% della popolazione aveva accesso a tali servizi.
Target 3: Qualità dell’acqua.
Nel 2023, i dati relativi a 91.000 corpi idrici di 120 paesi hanno evidenziato una buona qualità dell’acqua nel 56% dei casi.
Target 4: Efficienza nell’utilizzo dell’acqua.
In tutto il mondo circa il 58% dei paesi presenta ancora una scarsa efficienza nell’utilizzo dell’acqua (meno di 20 dollari per m³).
Target 5: Cooperazione in materia di risorse idriche transfrontaliere.
Dei 153 paesi che condividono fiumi, acquiferi e laghi transfrontalieri, solo 43 hanno accordi operativi sul 90% o più delle relative acque transfrontaliere. Sono appena 26 i paesi in cui tutte le acque transfrontaliere sono oggetto di accordi di questa natura.
Target 6: Ecosistemi legati all’acqua.
Le tendenze dei dati evidenziano come gli ecosistemi legati all’acqua continuino ad essere interessati da significativi livelli di degrado, causato principalmente da inquinamento, dighe, conversione dei terreni, prelievi eccessivi e cambiamenti climatici.
Target 6.a: Cooperazione internazionale su acqua e servizi igienico-sanitari.
Gli aiuti pubblici allo sviluppo destinati al settore idrico si sono costantemente ridotti tra il 2018 e il 2020, con un successivo incremento dell’11% nel 2021, quando hanno raggiunto i 9,1 miliardi di dollari (Traguardo Target 6.b: Gestione partecipativa dell’acqua e dei servizi igienico-sanitari.
Nel periodo 2021-2022, più del 90% dei paesi ha dichiarato di disporre di procedure per la partecipazione definite nelle norme di legge o nelle politiche relative all’acqua potabile e alla gestione delle risorse idriche nelle zone rurali. Tuttavia, meno di un terzo dei paesi ha registrato livelli di partecipazione delle comunità elevati o molto elevati nei processi di pianificazione e di gestione.
Le regioni montane del mondo
Le regioni montane coprono circa 33 milioni di chilometri quadrati, pari al 24% del totale della superficie mondiale, Antartide esclusa. Circa 1,1 miliardi di persone (quasi il 15% della popolazione mondiale) risiedevano in regioni montane nel 2015, una cifra pari a circa il doppio rispetto ai 575 milioni del 1975. A titolo di confronto, nel 2020 circa 900 milioni di persone vivevano nei delta e nelle regioni costiere a bassa quota, ivi comprese le isole.
Nel 2015, il 34% della popolazione montana a livello globale viveva in città con più di 50.000 abitanti, il 31% in città meno popolose e aree a media densità abitativa e il 35% in aree rurali.
Nel 2017, la maggior parte della popolazione mondiale residente in aree montane (circa il 91%) viveva nei paesi in via di sviluppo. Circa il 90% del totale della popolazione delle aree montane risiedeva ad altitudini comprese tra i 1.500 e i 2.500 metri sul livello del mare, mentre circa 75 milioni di persone vivevano ad altitudini superiori ai 2.500 metri.
Uso di acque montane e dipendenza da esse
Le montagne garantiscono un maggiore ruscellamento superficiale per unità di superficie rispetto alle pianure, fornendo tra il 55% e il 60% dei flussi annui mondiali di acqua dolce. Tuttavia, i valori specifici variano considerevolmente – dal 40% fino a oltre il 90% – a seconda delle aree del mondo.
Tra i principali fiumi che dipendono in larga misura da fonti di acqua provenienti dalle montagne (più del 90% del flusso annuo medio), Amu Darya, Colorado, Nilo, Orange e Rio Negro. I fiumi che dipendono per oltre il 70% del proprio flusso da acque montane includono Eufrate, Indo, São Francisco, Senegal e Tigri.
A livello globale, quasi i due terzi delle attività irrigue dipendono dalle acque montane; il numero di persone che vivono nelle pianure e che dipendono in larga misura da queste acque è cresciuto in tutto il mondo, passando da 600 milioni negli anni ’60 a circa 1,8 miliardi negli anni 2000. Inoltre, circa un miliardo di persone che abita nelle pianure usufruisce dell’importante contributo del deflusso delle montagne.
Cambiamenti della criosfera e impatti sull’acqua
Secondo un dato ormai ben noto, circa 2 miliardi di persone dipendono dalle montagne – e quindi dal contributo dello scioglimento della criosfera – per l’approvvigionamento idrico. Tale cifra deriva dalla stima in base alla quale due miliardi di persone vivrebbero presso bacini di drenaggio alimentati da acque di montagna.
Tendenze della criosfera delle montagne
Le attuali tendenze dei bacini montani evidenziano una maggiore percentuale di precipitazioni sotto forma di pioggia piuttosto che di neve, una riduzione della ridistribuzione della neve e delle aree coperte da manti nevosi e lo scioglimento anticipato della neve stessa.
La recessione e la perdita dei ghiacciai procedono ormai dall’inizio del XX secolo in buona parte del mondo e negli ultimi decenni si è verificata un’accelerazione di questi processi. Nella maggior parte dei ghiacciai montani del mondo si registra una rapida riduzione dello spessore, il che evidenzia una situazione di squilibrio rispetto al contesto climatico attuale. Ciò significa che i ghiacciai continueranno a ritirarsi indipendentemente dalle riduzioni delle emissioni di gas serra. Un ulteriore riscaldamento dell’atmosfera aggraverà ancora di più questo squilibrio a livello mondiale; in un contesto caratterizzato da un aumento delle temperature globali compreso tra 1,5 °C e 4 °C, secondo le previsioni entro il 2100 i ghiacciai delle zone montane potrebbero perdere tra il 26% e il 41% della massa totale che avevano nel 2015. Il numero di singoli ghiacciai che scompariranno del tutto risulta particolarmente elevato e molte delle sorgenti montane ad oggi coperte di ghiaccio saranno presto totalmente prive di tale copertura.
Nelle Ande tropicali la superficie massima mensile di terreni irrigui che attingono almeno il 25% dell’acqua dallo scioglimento dei ghiacciai è raddoppiata durante gli anni di siccità.La superficie totale e il numero dei laghi glaciali sono cresciuti in misura significativa a partire dagli anni ’90 a seguito della recessione dei ghiacciai. Nel corso dei prossimi decenni si formeranno altri laghi di questo tipo; ciò creerà nuove aree potenzialmente esposte al rischio e al pericolo di inondazioni da collasso di laghi glaciali.
Sebbene non limitate ai rischi geologici della criosfera, le perdite economiche delle regioni montane a seguito di 713 eventi registrati tra il 1985 e il 2014 avrebbero superato i 56 miliardi di dollari e colpito oltre 258 milioni di persone, con un totale di oltre 39.000 decessi.
Alimentazione e agricoltura
L’agricoltura e la pastorizia costituiscono fonti essenziali di sostentamento per le popolazioni delle zone montane, dove si stima vivano 1,1 miliardi di persone. Sempre secondo le stime, nei paesi in via di sviluppo 648 milioni di persone vivono in aree montane rurali, dove la maggior parte della popolazione pratica attività agricole e pastorizia per il proprio sostentamento.
La sicurezza alimentare e nutrizionale nelle regioni montane risulta inferiore rispetto alle pianure: una percentuale compresa tra il 35% e il 40% delle popolazioni montane è soggetta a insicurezza alimentare, mentre la metà di queste soffre di fame cronica.
Si stima che il 45% delle aree montane di tutto il mondo sia inadatto – o solo parzialmente adatto – alla coltivazione, alla pastorizia e alla silvicoltura. Sempre secondo le stime, le foreste coprono circa il 40% delle aree di montagna, svolgendo così una funzione di protezione contro le calamità naturali grazie alla stabilizzazione dei pendii più ripidi, alla regolazione dei flussi verso gli acquiferi, alla riduzione del deflusso superficiale e dell’erosione del suolo e alla mitigazione del rischio di frane e inondazioni.
Tra il 2003 e il 2013 il settore agricolo nei paesi in via di sviluppo è stato interessato dal 25% dei pericoli derivanti dai cambiamenti climatici, che hanno causato l’80% dei danni e delle perdite del bestiame e della produzione agricola nelle zone montane (Romeo et al., 2020).
Insediamenti umani e riduzione del rischio di disastri
Le regioni montane costituiscono importanti torri d’acqua che forniscono sostentamento agli insediamenti umani, dove si concentra il 14% della popolazione mondiale (Ehrlich et al., 2021). Tra il 1975 e il 2015, circa il 35% delle regioni montane ha visto quantomeno raddoppiare la propria popolazione. Nel medesimo periodo, la percentuale di residenti urbani delle stesse aree montane variava tra il 6% e il 39%.
Circa 1,1 miliardi di persone vivono in regioni montane. Sebbene il tasso di urbanizzazione vari considerevolmente a seconda delle zone, circa il 34% della popolazione delle montagne vive in grandi città, il 31% vive in città meno popolose e aree a media densità abitativa e il 35% in aree rurali. Il tasso di urbanizzazione delle montagne (66%) risulta inferiore rispetto a quello delle zone di pianura.
Dall’850 al 2022, si sono registrati 3.151 eventi GLOF (Glacial Lake Outburst Flood) nelle principali regioni glaciali di tutto il mondo.
L’acqua, i servizi igienico-sanitari e la gestione delle catastrofi sono ambiti prioritari per i paesi montani in via di sviluppo. Si stima che i finanziamenti necessari a sostenere le misure di adattamento specifico in tali paesi siano pari a 187 miliardi di dollari all’anno (a prezzi del 2021), il che equivale all’1,3% del loro prodotto interno lordo per il decennio attuale. Il fabbisogno di finanziamenti destinati alle misure di adattamento con riferimento alla sanità e agli impianti igienico-sanitari, alla fornitura di acqua e alla riduzione del rischio di disastri è pari a quasi il 20% del totale dei finanziamenti necessari per le misure di adattamento di tutti i paesi montani in via di sviluppo. Tuttavia, in questi paesi nel 2022 il flusso di finanziamenti pubblici disponibili a livello internazionale per le misure di adattamento è stato pari ad appena 13,8 miliardi di dollari; ciò denota una consistente mancanza di finanziamenti per queste misure, incluse quelle relative alla fornitura di risorse idriche, alla riduzione del rischio di disastri, alla sanità e ai servizi igienico-sanitari. Nonostante i considerevoli divari nel finanziamento delle misure di adattamento, questi settori raccolgono nell’insieme quasi il 30% dell’attuale flusso di erogazioni finanziarie per le misure di adattamento dei paesi montani in via di sviluppo.
Industria ed energia
L’area che si estende dal sud-ovest dello Stato plurinazionale della Bolivia al nord dell’Argentina e del Cile ospita il 56% del totale delle risorse mondiali di litio. La produzione di una tonnellata di litio richiede all’incirca 2.000 m³ di acqua.
In ragione dell’espansione globale di settori industriali dipendenti dall’acqua, è probabile che l’utilizzo dell’acqua da parte delle industrie aumenterà anche nelle zone montane. Ad esempio, a livello globale entro il 2060 l’estrazione delle materie prime potrebbe crescere del 60% rispetto al livello del 2020.
Il cryptomining è una procedura necessaria all’emissione di criptovalute attraverso l’utilizzo di risorse informatiche specifiche che richiedono notevoli quantitativi di energia a basso costo. Il carbone rappresenta la principale fonte di energia utilizzata, con una quota pari al 45%, mentre l’energia idroelettrica costituisce la fonte principale di energia rinnovabile, con una percentuale pari al 16%. Spesso entrambe queste fonti vengono prodotte nelle aree montane, con un impatto significativo sulla quantità e sulla qualità delle risorse idriche.
Le centrali idroelettriche di pompaggio (PSH nell’acronimo inglese) sfruttano l’elettricità in eccesso generata al di fuori delle ore di massimo consumo per pompare nuovamente l’acqua in un serbatoio, consentendo così lo stoccaggio dell’acqua e potenzialmente di energia. Le PSH concentrano il 95% della capacità di stoccaggio di elettricità a livello mondiale, principalmente nelle aree montane
Ambiente
Di norma i sistemi montani sono caratterizzati da temperature più basse e da livelli di precipitazioni superiori rispetto ad altri contesti, inoltre, ospitano 25 delle 34 zone di interesse relative alla biodiversità mondiale.
Negli ecosistemi di montagna le foreste rappresentano circa il 40% del totale della superficie. Ad altitudini maggiori le foreste lasciano spazio alle praterie e alla tundra alpina, come pure a permafrost e ghiacciai.
Nel 2020, il 57% delle superfici montane a livello mondiale risultava soggetto ad una forte pressione, nonché interessato da un degrado ecosistemico che si concentrava alle altitudini inferiori, ovvero nelle zone dove si svolge buona parte delle attività umane.
Prospettive regionali
Africa subsahariana
L’Africa possiede l’11% della superficie montuosa del mondo, che copre un’area pari a circa 1,5 milioni di chilometri quadrati. Il 20% della superficie dell’Africa continentale è caratterizzato da montagne di altitudine superiore ai 1.000 metri sul livello del mare, mentre il 5% registra un’altitudine superiore ai 1.500 metri. L’Africa orientale è la regione più montuosa di tutto il continente.
Si stima che nel 2017 le montagne africane ospitassero 252 milioni di persone, pari al 18% della popolazione del continente e al 23% della popolazione montana di tutto il mondo.
Nel 2017, circa 132 milioni di abitanti delle zone rurali di montagna erano vulnerabili all’insicurezza alimentare, ovvero due abitanti su tre delle zone rurali.
Del totale delle persone vulnerabili all’insicurezza alimentare che nel 2017 vivevano in zone rurali di montagna, 86 milioni risiedevano in aree in cui il degrado dei terreni influenzava negativamente le attività agricole necessarie al loro sostentamento.
Secondo le previsioni, i ghiacciai del Monte Kenya e della catena Rwenzori potrebbero scomparire entro il 2030, mentre quelli del Monte Kilimangiaro potrebbero subire la stessa sorte entro il 2040.
Europa e Asia centrale
Si prevede che entro il 2100 gli effetti dei cambiamenti climatici sulla criosfera e sull’idrosfera delle Alpi determineranno una riduzione della portata annuale dei fiumi; in questo contesto, il deflusso proveniente dalle aree ricoperte di ghiaccio si ridurrà del 45% rispetto ai livelli del 2006, e il deflusso totale del 35%.
I Carpazi ospitano circa il 30% della flora europea, oltre alle popolazioni più consistenti in Europa di orsi bruni, lupi, linci, bisonti europei e specie volatili rare.
America Latina e Caraibi
Le torri d’acqua dell’America Latina e dei Caraibi occupano circa un terzo del territorio della regione e producono un flusso di acqua per unità di superficie maggiore rispetto a qualunque altro continente.
La Cordigliera delle Ande (la catena montuosa più lunga al mondo, con un’estensione superiore ai 7.000 chilometri) alimenta la maggior parte dei corsi d’acqua della regione e contribuisce ad alimentare il flusso del Rio delle Amazzoni al 50%.
Nel 2017 circa il 25% (167 milioni di persone) della popolazione dell’America Latina e dei Caraibi viveva nelle aree montane; di queste persone, 112 milioni risiedevano in zone urbane, mentre circa 17 milioni vivevano in zone di montagna spesso vulnerabili alla notevole variabilità climatica e al degrado dei suoli.
Secondo i dati del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), il riscaldamento globale ha causato una perdita della superficie dei ghiacciai delle Ande compresa tra il 30% e il 50% a partire dagli anni ’80, una delle riduzioni più consistenti a livello mondiale.
Nel 2013, l’85% dell’energia idroelettrica dell’America Latina proveniva da fonti montane.
Asia e Pacifico
L’altopiano tibetano, le circostanti catene montuose del Pamir e dell’Hindu Kush Himalaya e i monti Hengduan, Tien Shan e Qilian coprono una superficie di alta montagna pari a 5 milioni di chilometri quadrati e presentano 100.000 chilometri quadrati di ghiacciai. Il cosiddetto Terzo Polo – talvolta anche definito come la torre d’acqua dell’Asia – conserva più ghiaccio e neve rispetto a qualunque altra regione, ad esclusione dell’Antartide e dell’Artide. Il Terzo Polo è all’origine di oltre dieci sistemi fluviali che svolgono un ruolo essenziale per il sostentamento di quasi due miliardi di persone nei bacini idrografici dell’Asia centrale, nordorientale, meridionale e sudorientale.
I ghiacciai della regione dell’Hindu Kush – Himalaya stanno scomparendo ad una velocità allarmante, del 65% superiore nel periodo 2011-2020 rispetto al decennio precedente. Questi ghiacciai registrano inoltre un tasso di fusione più elevato rispetto alla media globale, con le perdite più significative che si concentrano nella parte orientale di questa regione.
Secondo le previsioni, in uno scenario in cui il riscaldamento globale determinerà un incremento delle temperature compreso tra 1,5 °C e 2 °C, il volume dei ghiacciai nella regione dell’Hindu Kush Himalaya potrebbe ridursi tra il 30% e il 50% entro il 2100. Qualora il riscaldamento dell’atmosfera dovesse superare i 2 °C, questi ghiacciai potrebbero perdere il 20-45% del volume che avevano nel 2020.
Il ritiro dei ghiacciai è stato riscontrato anche nelle Alpi meridionali della Nuova Zelanda; secondo le previsioni, entro il 2100 il paese potrebbe perdere l’88% dei ghiacciai che aveva nel 2011.
La regione araba
Circa un terzo della popolazione che vive nella regione araba risiede ad un’altitudine di circa 600 metri sul livello del mare.
Si stima che la neve contribuisca ad una percentuale compresa tra il 50% e il 60% del volume di acqua delle sorgenti e dei fiumi del Libano, i quali alimentano gli acquiferi