Le virtù disinquinanti e mitiganti del clima delle varie essenze arboree presenti nei contesti urbani.
Il verde urbano abbellisce le strade rendendo più vivibile l’ambiente e tra le molte ragioni per avere alberi in città, c’è anche quella che sono efficacissimi alleati contro lo smog. Alcuni più di altri. Recenti ricerche italiane hanno stilato una classifica che individua alcune specie come i migliori alberi antismog che potrebbero aumentare la qualità dell’aria delle nostre inquinate città. Le piante sono dei filtri naturali per l’aria, grazie al processo della fotosintesi clorofilliana che assorbe anidride carbonica e produce ossigeno, combattono il calore grazie alle loro chiome e danno refrigerio e ombra d’estate (ogni albero rinfresca quanto 5 climatizzatori). Secondo le ultime ricerche, alcune specie sono ancora più forti di altre nell’aiutarci a combattere la piaga dello smog. Tramite le foglie e le superfici della pianta, una grande quantità di particolato presente nell’aria è trattenuto e poi reso inerte dal metabolismo delle piante che con gli stomi fogliari – presenti sulla pagina inferiore della foglia e la cui funzione è consentire lo scambio gassoso fra l’interno e l’esterno – assorbe e rimuove e poi rende inerti gli inquinanti gassosi. Il processo di neutralizzazione degli inquinanti si conclude poi grazie agli organismi che vivono nella terra, a contatto con le radici della pianta. L’Ibimet, l’Istituto di biometeorologia del CNR di Bologna, ha compiuto approfonditi studi sulla mitigazione del clima urbano attraverso l’utilizzo delle alberature in città. Secondo questa classifica è il bagolaro (Celtis australis) ad avere le migliori prestazioni contro le polveri sottili. I migliori nell’assorbire CO2 sono il tiglio selvatico (Tilia cordata), il biancospino (Crataegus monogyna) e il frassino (Fraxinus ornus). Hanno dalla loro anche altre preziose virtù: una grande chioma ombrosa per il tiglio, le belle bacche rosse per il biancospino, la resistenza a condizioni avverse per il frassino o orniello. In generale, le specie migliori che possono resistere al forte inquinamento urbano sono quelle autoctone e della flora locale come frassino maggiore, orniello, biancospino, acero campestre, acero platanoide, acero di monte (Acer pseudoplatanus), bagolaro, albero di giuda (Cercis siliquastrum), gelso, ontano nero, carpino bianco, tiglio e olmo. Tiglio selvatico, frassino e biancospino sono alcune delle essenze che offrono la massima assimilazione di anidride carbonica per metro quadrato di foglie. Mentre per le polveri sottili sono particolarmente indicati gli olmi, gli ippocastani e gli aceri. Basti pensare che cinquemila piante in un anno assorbono 228 chili di PM10: pari alle emissioni di oltre mille macchine che percorrono 20 mila chilometri in 12 mesi. Alberi e siepi messe a dimora nelle nostre città sono in grado di migliorare il microclima e ridurre le emissioni di combustibili fossili di circa 18 kg all’anno per ciascun albero. Anche il piombo, metallo pesante e uno degli elementi più pericolosi per la salute umana, viene intercettato in maniera diversa dalle diverse specie di piante: tra queste, i maggiori valori di deposito fogliare sono stati riscontrati nell’eleagno, nel ligustro e nel viburno lucido. Dall’analisi microscopica sulle foglie è emerso che l’eleagno è il miglior accumulatore, con lo 0.60 % dell’area fogliare coperta.
di Alessandro Miani
*Presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA – ONLUS)