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Uso del suolo: le azioni per renderlo carbon neutral al 2040

uso del suolo

Uno Studio di ricercatori dello IIASA ha definito le principali azioni da intraprendere e i Paesi in cui implementarle affinché l’uso del suolo che attualmente emette il 25% delle emissioni globali diventi neutrale al 2040.

La terra è fondamentale per il sostentamento e il benessere dell’uomo, tuttavia anche le attività di uso del suolo svolgono un ruolo importante nel sistema climatico, emettendo circa 11Gt di CO2 (circa il 25% delle emissioni globali).

Nello Studio Contribution of the land sector to a 1.5 °C world”, pubblicato online il 21 ottobre 2019 su Nature Climate Change, ricercatori dell’International Institute for Applied Systems Analysis (IIASA) di Schloss Laxenburg (Austria) hanno definito un tabella di marcia che il mondo deve intraprendere su foreste, agricoltura e sistemi alimentari per contrastare il riscaldamento globale.

Lo studio è il primo del suo genere a offrire un’identificazione di azioni specifiche sull’uso del suolo, le relative aree geografiche e i percorsi di attuazione per ridurre le emissioni dell’uso del suolo del 50% per decennio tra il 2020 e il 2050.

Secondo gli autori, le azioni indicate non solo contribuirebbero a raggiungere l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media globale a 1,5 °C, come prevede l’Accordo di Parigi, ma anche a conseguire gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS) dell’Agenda ONU al 2030.

La tabella di marcia prevede un approccio graduale in cui le prime azioni per evitare le emissioni sono prioritarie – ha spiegato Michael Obersteiner, ricercatore del Programma IIASA Ecosystems Services and Management (ESM) e co-autore dello Studio – Questo presuppone di evitare la deforestazione in aree geografiche come il Brasile e l’Indonesia. Testare ulteriori opzioni ad alta tecnologia sulla rimozione di carbonio dall’atmosfera, che tuttavia non si prevede possano diffondersi su larga scala entro il prossimo decennio, date le attuali condizioni di politica climatica internazionale”.

Gli aspetti tecnici dello studio hanno incluso modelli di valutazione integrati e misurato 24 pratiche di gestione del territorio che offrono il maggiore potenziale di mitigazione insieme ad altri benefici sociali e ambientali, e i Paesi in cui intraprendere le azioni prioritarie per fermare le emissioni dal settore terrestre entro il 2040.

Sono 6 le azione prioritarie da intraprendere quanto prima:
ridurre la deforestazione, i drenaggi e gli incendi delle torbiere e la conversione delle mangrovie del 70% entro il 2030;
ripristinare gli ecosistemi forestali, il drenaggio delle torbiere e le mangrovie costiere;
– migliorare la gestione forestale e i rimboschimenti;
potenziare il sequestro del carbonio sui suoli agricoli in tutti i principali Paesi agricoli;
ridurre lo spreco alimentare nei Paesi sviluppati ed emergenti;
cambiare del 20% entro il 2030 le diete alimentari in favore di prodotti vegetali.

Gli autori osservano, tuttavia, che le finestre di opportunità si stanno riducendo e più a lungo viene ritardata l’azione, minori saranno le possibilità di raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e maggiore sarà l’onere che graverà sui nostri sistemi naturali e alimentari.

Il ripristino di foreste, torbiere, zone umide e terreni agricoli è immediatamente praticabile e testato su vasta scala, e offre molti altri vantaggi rispetto ad altre soluzioni climatiche – ha osservato Stephanie Roe, ex-allieva dello Young Scientists Summer Program (YSSP) e ora al Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università della Virginia – Tuttavia, dovremo anche sviluppare e sperimentare ulteriori tecnologie sulle emissioni negative, come la cattura del carbonio dall’atmosfera e la bioenergia a basso impatto con la cattura e lo stoccaggio del carbonio (BECCS), per evitare di fare affidamento solo sui nostri sistemi naturali. La terra può e già fa molto, ma non può fare tutto. La ricerca e gli investimenti nelle tecnologie delle emissioni negative oggi saranno fondamentali per aiutarle ad implementarle in modo sostenibile in futuro“.

Sebbene gli autori sottolineino che i Paesi di tutto il mondo possono contribuire a una migliore gestione del territorio, le azioni negli Stati Uniti, nell’UE, in Canada, Cina, Russia, Australia, Argentina, India, Brasile e negli altri Paesi tropicali sono particolarmente importanti per effetto delle loro grandi potenzialità di mitigazione.

Questo studio – ha concluso Stefan Frank, anche lui ricercatore nel Programma ESM-IIASA e co-autore dello Studio – fa un ottimo lavoro nel conciliare i percorsi globali di stabilizzazione del clima con le valutazioni del potenziale di mitigazione dal basso verso l’alto per sviluppare una tabella di marcia attuabile affinché il settore dell’uso del suolo diventi carbon neutral entro il 2040”.

Lo Studio di fatto aggiorna il recente Rapporto speciale (SRCCL) su clima che cambia e uso del suolo, a cui peraltro hanno contribuito gli autori di questo Studio, in cui si afferma che, oltre all’utilizzo dei combustibili fossili, devono essere evitate la distruzione delle foreste, le cattive pratiche agricole e diete insostenibili, se si vuole evitare la crisi climatica.

 

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