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Assistenza all’infanzia: l’impatto del Covid-19 su lavoro e famiglia

Un Brief dell’UNICEF-Office of Research-Innocenti allerta come nel contesto della pandemia di Covid-19 l’assistenza all’infanzia possa essere uno dei servizi più colpiti e propone ai Governi una serie di misure da prendere in considerazione al fine di limitare le ripercussioni sociali ed economiche.

di Francesca Galiazzo

Da qualche mese le nostre vite sono state stravolte da nuove dinamiche correlate alla pandemia del nuovo Coronavirus. Tra i primi a subire le conseguenze di questa nuova drammatica realtà ci sono i bambini che, ora più di prima, risentono di questa situazione in termini di istruzione, salute e benessere.

Di recente, l’UNICEF ha pubblicato il Documento di ricerca Childcare in a global crisis: the impact of COVID-19 on work and family life”, redatto dall’Office of Research – Innocenti di Firenze, nel quale si analizza lo stato dell’assistenza all’infanzia e dell’educazione dei minori a livello globale e prende in considerazione l’impatto della chiusura dei servizi familiari fondamentali verificatasi in concomitanza con la pandemia di Covid-19.

L’Agenzia delle Nazioni Unite sottolinea che in media 35 milioni di bambini di età inferiore ai 5 anni sono talvolta lasciati senza alcun controllo degli adulti e che, con l’arrivo della pandemia, il 99% dei 2,36 miliardi di bambini nel mondo si è trovato in un Paese in cui sono state introdotte limitazioni di movimento. Addirittura si stima che il 60% sia stato sottoposto a forme di isolamento come nei casi di lockdown del proprio Paese.

Il Covid-19, inoltre, avendo determinato la chiusura delle strutture per l’infanzia e l’educazione della prima infanzia, ha privato almeno 40 milioni di bambini in tutto il mondo dai benefici relativi all’istruzione pre-scolare.

Le interruzioni causate dalla pandemia di Covid-19 stanno impedendo ai bambini di avere la migliore possibile – ha sottolineato Henrietta Fore, Direttore esecutivo dell’UNICEF, lanciando l’allarme – L’assistenza all’infanzia e l’educazione della prima infanzia costituiscono un fondamento su cui si basa ogni aspetto dello sviluppo dei bambini. La pandemia sta minacciando fortemente tali principi“.

In particolare, le restrizioni hanno causato una crisi più profonda nelle famiglie con bambini piccoli, soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito, in cui molti minori non erano nelle condizioni di accedere ai servizi di protezione sociale neanche prima della pandemia, quando le scarse o inaccessibili strutture per l’infanzia costringevano molti genitori a lasciare i minori in ambienti non sicuri e non stimolanti in un momento così critico per il loro sviluppo. Rimanendo a casa molti bambini non ricevono il supporto del gioco e dell’apprendimento precoce di cui hanno bisogno per uno sviluppo sano.

Il research brief spiega che l’assistenza all’infanzia è essenziale per fornire ai bambini affetto, protezione e nuovi stimoli, oltre che per sollecitarli ad uno sviluppo sociale, emotivo e cognitivo, tuttavia secondo i dati più recenti, in 54 Paesi a basso e medio reddito, circa il 40% dei bambini di età compresa tra i 3 ei 5 anni non riceve stimoli socio-emotivi e cognitivi da alcun adulto in famiglia.

In tutto il mondo, l’assistenza dei minori è un compito prevalentemente femminile che coinvolge madri, nonne, sorelle e puericultrici. I dati evidenziano che nel 2018, 606 milioni di donne in età da lavoro (contro 41 milioni di uomini) non si sono dichiarate disponibili a svolgere o ricercare un impiego a causa del loro totale coinvolgimento nell’ assistenza ai figli. Questo squilibrio non influisce solo sull’attività lavorativa delle donne ma anche sullo sviluppo e sul benessere dei bambini oltre che all’aumento di trasmissione dello stereotipo che l’affidamento del bambino sia compito della donna.

Un’altra pratica diffusa globalmente è quella di affidare la cura dei figli minori ai fratelli maggiori. In 31 Paesi a basso reddito, il 15% dei bambini sono presi in carico dai fratelli, il 12% dalla sorella maggiore ed il 3% dal fratello maggiore. In alcuni Paesi la metà dei bambini al di sotto dei 5 anni è sistematicamente affidata a un altro minore di età inferiore ai 10 anni, mentre in altri casi il bambino rimane completamente senza controllo.

Percentuale di bambini di età inferiore a 5 anni lasciati soli o sotto la supervisione di un altro minore (sotto i 10 anni) per più di un’ora e almeno una volta alla settimana.

Nota: sono inclusi solo i Paesi con dati tra il 2014 e il 2018.
Fonte: presentazione degli autori basata su dati UNICEF, MICS

In questi stessi Paesi, solo le famiglie più agiate ricorrono a lavoratori domestici, piuttosto che alla “tata” o alle scuole. Così, quale conseguenza di impatti economici e sociali, moltissimi bambini nel mondo rimangono senza qualcuno che li accudisca per lunghi periodi di tempo, persino in tenera età.

La custodia dei bambini è una grande sfida per i genitori i quali, in assenza di soluzioni di assistenza all’infanzia, spesso si trovano a portare i figli al lavoro, gravando il peso ancora una volta sulle madri, soprattutto su quelle che lavorano nell’economia informale. In Africa, più di 9 donne su 10 hanno lavori precari, senza alcuna forma di protezione sociale, come peraltro avviene anche in Asia e Pacifico dove quasi 7 donne su 10 devono affrontare lo stesso problema, non avendo altra alternativa che accettare lavori precari e mal retribuiti, contribuendo, così, a “cicli intergenerazionali di povertà”, come afferma il report.

In questi contesti di precarietà, si è inserita la crisi globale correlata alla diffusione di Covid-19 che ha presentato ulteriori sfide nel breve e lungo periodo per i genitori, per l’assistenza dei minori in generale, aggiungendo ulteriori ostacoli a quelli economici e sociali già preesistenti, in particolar modo in contesti di fragilità e di basso reddito.

Nel breve termine le difficoltà maggiori derivano principalmente dalle misure attuate dai Paesi per controllare la diffusione del virus. La combinazione di chiusura dei servizi e di restrizioni minaccia il fragile equilibrio tra lavoro e cura del minore, tra cui devono destreggiarsi i genitori. Inoltre, la pandemia incide fortemente sul divario di genere in quanto le donne sono le prime a dover rinunciare al loro impiego per occuparsi dei figli.

Sebbene sia complesso presentare dei dati precisi su questa nuova condizione, l’UNICEF stima che “tra i genitori costretti a quarantena, 1 su 4 mostra sintomi di malattie mentali rispetto a 1 su 20, nel caso dei genitori non sottoposti a quarantena” e sostiene che “l’accesso a un’assistenza all’infanzia di qualità e a prezzi accessibili e all’educazione della prima infanzia sono fondamentali per lo sviluppo di famiglie e società socialmente coese.” 

Le ripercussioni di questa crisi sull’accudimento dei bambini nel lungo termine, invece, è di difficile definizione. Le conseguenze sulla salute mentale di genitori e bambini non sono ancora note, ma potrebbero essere consistenti. È chiaro, comunque, che alla crisi sanitaria potrebbe seguire una prolungata crisi economica la quale peserà, ancora una volta, sulle famiglie con minori tant’è che nei Paesi a basso e medio reddito, 86 milioni di bambini rischiano la povertà entro la fine del 2020.

Nel medio termine, si sta assistendo a riaperture dopo pregressi periodi di lockdown, ma questo non significa che tutto tornerà come prima. Infatti, sarà necessario mettere in atto nuove misure al fine di prevenire nuove ondate di contagi e questo avrà effetti su molti servizi, tra cui anche quelli relativi alla cura del bambino al di fuori delle mura domestiche. Bisogna considerare che le misure relative alla distanza e all’igiene possono richiedere maggiori risorse e questo potrebbe rendere l’assistenza all’infanzia meno accessibile per molte famiglie.

Inoltre, non possono essere escluse in futuro altre pandemie o crisi simili. È dunque indispensabile che i Governi e i lavoratori imparino da ciò che sta accadendo e da quel che non ha funzionato durante l’emergenza di Covid-19, in termini di supporto alle famiglie con bambini.

Nello specifico, il documento dell’UNICEF, invita i Governi a riconoscere l’impegno universale per i diritti del fanciullo definiti nell’articolo 2 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e invitandoli a investire sul supporto alla custodia dei bambini al di fuori dell’ambiente familiare attraverso, per esempio, l’erogazione di sussidi e di incentivi.

Infine, l’Agenzia propone una serie di misure da prendere in considerazione al fine di limitare le ripercussioni sociali ed economiche della pandemia che potrebbero protrarsi a lungo, tra cui l’esigenza di incrementare la flessibilità sull’orario di lavoro per i genitori, il potenziamento dei sistemi di protezione sociale e un maggiore supporto ai lavoratori informali.

La pandemia di Covid-19 sta ulteriormente peggiorando la crisi globale dell’assistenza all’infanzia – ha aggiunto la Fore – Le famiglie hanno bisogno del sostegno dei loro Governi e dei loro datori di lavoro per superare questa tempesta e salvaguardare l’apprendimento e lo sviluppo dei figli“.

In copertina: UNICEF / UN0292170 / Sokol

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