Economia e finanza Società

Recovery Fund: Piani nazionali per conseguire gli obiettivi UE comuni

Un parere della Corte dei conti europea (ECA) sottolinea l’importanza dei Piani nazionali di ripresa e resilienza (RRP) per garantire che il sostegno finanziario dell’UE (Recovery Fund) sia mirato al raggiungimento degli obiettivi generali comuni dell’UE per coesione,  sostenibilità e digitalizzazione e che siano ben coordinati con le altre forme di sostegno dell’UE e nazionale.

La Corte dei conti europea (ECA), in un parere pubblicato il 9 settembre2020, richiesto dal Parlamento europeo, sulla proposta della Commissione UE relativa all’istituzione del Recovery and Resilience Facility (RRF), il dispositivo per la ripresa e la resilienza (il cosiddetto Recovery Fund), sottolinea l’importanza dei Piani nazionali per assicurare che il sostegno finanziario dell’UE sia concentrato sul conseguimento degli obiettivi generali comuni dell’UE in materia di coesione, sostenibilità e digitalizzazione e sia ben coordinato con altre forme di sostegno fornite a livello nazionale e dell’UE.

Il parere, seppur limitato alla proposta avanzata dalla Commissione UE lo scorso maggio di adottare il “Next Generation EU”, del quale il Recovery Fund è il principale strumento, come parte di un ampio pacchetto volto a ridurre l’impatto socio-economico della pandemia, tiene conto dell’accordo politico raggiunto dal Consiglio europeo (17-21 luglio 2020) che ha portato l’entità del Fondo da 600 a 750 miliardi di euro sotto forma di sovvenzioni e di prestiti per investimenti pubblici e riforme mirate.

Gli Stati membri destinatari dovranno elaborare “Piani per la ripresa e la resilienza” che siano in linea con le raccomandazioni specifiche per Paese adottate dalla Commissione UE nell’ambito del semestre europeo.

Il dispositivo per la ripresa e la resilienza è fondamentale per rendere rapidamente disponibili i finanziamenti necessari a sostenere la ripresa e a migliorare la resilienza delle nostre economie nazionali. Ciascuno Stato membro dovrà fare la propria parte, stabilendo un’agenda per le transizioni verde e digitale, gli investimenti e le riforme – ha dichiarato Ivana Maletić, il Membro della Corte responsabile per il parere – Si tratta di un’occasione per dimostrare che l’UE è veramente in grado di ottimizzare l’impiego delle risorse. Per farlo, dobbiamo però prestare la massima attenzione affinché queste siano effettivamente assegnate là dove possono contribuire al raggiungimento degli obiettivi ambiziosi che l’UE si è posta. Sapremo così sfruttare al massimo le potenzialità del dispositivo per la ripresa e la resilienza”.

La logica di spesa del dispositivo mira a fornire sostegno ad ampi programmi di riforma e di investimento sulla base dei progressi conseguiti rispetto ai target intermedi, invece di rimborsare le spese sostenute per specifici programmi e progetti, come avviene nel caso dei fondi strutturali dell’UE.

Secondo la Corte, il collegamento tra il dispositivo e gli obiettivi dell’UE – come la convergenza economica, il Green Deal e la trasformazione digitale – potrebbe essere rafforzato introducendo, ad esempio, indicatori comuni obbligatori, stabilendo così un nesso diretto tra i target intermedi e finali dei singoli piani per la ripresa e la resilienza e i relativi obiettivi.

La Corte apprezza il fatto che il dispositivo sia basato su procedure esistenti, come il Regolamento recante disposizioni comuni (RDC) e il semestre europeo, il che agevola le sinergie e riduce gli oneri amministrativi sia a livello nazionale che dell’UE. Inoltre, il previsto dialogo con gli Stati membri consente la flessibilità necessaria ad affrontare situazioni specifiche.

La Corte rileva tuttavia che l’elaborazione in contemporanea dei piani per la ripresa e la resilienza, dei programmi operativi e dei programmi nazionali di riforma potrebbe essere problematica per gli Stati membri, e chiede una semplificazione delle procedure.

Sottolinea inoltre la necessità di orientamenti adeguati e di un appropriato coordinamento per evitare sovrapposizioni con altre fonti di finanziamento UE. Secondo la Corte, è difficile valutare l’adeguatezza degli importi finanziari proposti per far fronte alle conseguenze di una crisi ancora in corso.

Anche se il dispositivo è stato introdotto in risposta alla conseguenze a medio e lungo termine della pandemia, la proposta ripartizione dei contributi finanziari agli Stati membri è basata in larga misura sulla situazione pre-Covid. Di conseguenza, quattro dei dieci Stati membri che ricevono la quota più consistente delle sovvenzioni del dispositivo dovrebbero, in base alle previsioni, registrare nel 2020 un calo del PIL meno consistente rispetto alla media UE pari a circa il 7%.

Inoltre, il meccanismo di ripartizione riflette solo in parte l’obiettivo del dispositivo di promuovere la coesione economica, sociale e territoriale dell’Unione migliorando la resilienza e sostenendo la ripresa. Oltre due terzi delle sovvenzioni del dispositivo sono in effetti destinati ai 14 Stati membri con un PIL pro capite 2019 pari ad almeno il 90 % della media UE, e solo un quarto circa agli otto Stati membri con un PIL pro capite nel 2019 inferiore al 75 % della media UE.

Infine, la Corte sottolinea la necessità che la Commissione e gli Stati membri adottino misure incisive ed efficaci contro frodi e irregolarità, per far sì che il sostegno dell’UE venga utilizzato per le finalità perseguite. La Corte ha rilevato alcune debolezze nelle procedure di monitoraggio e rendicontazione prospettate.

Per quanto riguarda le disposizioni in materia di governance e audit, la Corte ritiene necessario definire esplicitamente il ruolo del Parlamento europeo nella procedura di bilancio, nonché i diritti di audit della Corte, per far sì che al Recovery Fund si applichino gli stessi princìpi di rendicontabilità e trasparenza previsti per il bilancio generale dell’UE.

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