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The Lancet: situazione sanitaria globale dopo 25 anni di inazione climatica

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La risposta ritardata ai cambiamenti climatici nei ultimi 25 anni ha già compromesso la salute di milioni di persone nel mondo.

È questa la sintetica, eppur drammatica, conclusione del Rapporto “The Lancet Countdown: Tracking Progress on Health and Climate Change” a cui hanno contribuito 55 scienziati e accademici di 24 istituzioni e università di tutto il mondo, tra cui la Banca Mondiale (WB) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), con l’obiettivo di fornire una panoramica globale sulle interazioni tra salute pubblica e cambiamenti climatici.

Il Rapporto, pubblicato il 30 ottobre 2017 ad una settimana dall’inizio della Conferenza ONU sul Clima (COP23 – Bonn, 6-17 novembre 2017), è destinato a suscitare polemiche e dibattiti in seno alla Conferenza stessa, specie dopo che il Bollettino sulle concentrazioni di CO2 in atmosfera nel 2016 del WMO, pubblicato lo stesso giorno, ha attestato che il livello record raggiunto è stato sperimentato dalla Terra solo 800.000 anni fa, e che il Rapporto rilasciato il giorno successivo dall’UNEP ha indicato con dati alla mano il forte divario esistente tra gli attuali impegni dei Paesi per ridurre le emissioni e l’obiettivo prefissato nell’Accordo di Parigi di contenere l’aumento della temperatura globale alla fine del secolo a 2 °C.

Il Rapporto di The Lancet, la “Bibbia” delle riviste mediche internazionali, ha preso in esame 40 indicatori di 5 Aree:

– Impatti, esposizioni e vulnerabilità ai cambiamenti climatici;

– Pianificazione dell’adattamento e della resilienza per la salute;

– Azioni di mitigazione e vantaggi collaterali per la salute;

– Finanza ed economia;

– Impegno pubblico e politico.

Queste sono le conclusioni chiave cui sono pervenuti gli scienziati:

– i riflessi sulla salute umana dei cambiamenti climatici sono inequivocabili e potenzialmente irreversibili;

– la risposta tardiva ai cambiamenti climatici negli ultimi 25 anni ha già compromesso la situazione sanitaria di milioni di persone nel mondo;

– il ruolo degli specialisti della salute è essenziale per progredire nella comprensione degli effetti dei cambiamenti climatici e nelle risposte che bisogna dare;

– anche se la risposta è stata straordinariamente lenta, gli ultimi 5 anni hanno lasciato intravedere un’accelerazione nella consapevolezza degli impatti in diversi settori.

I cambiamenti climatici sono già in atto e costituiscono una questione di salute per milioni di persone nel mondo – ha affermato Anthony Costello Direttore della divisione dell’Organizzazione Mondiale della sanità che si occupa di maternità, infanzia e adolescenza e Co-presidente del Panel di scienziati ed organizzazioni che ha redatto il Rapporto – Nonostante le prospettive non siano incoraggianti c’è però un margine di speranza, ma solo con un cambio di passo dei Governi e con un’azione urgente nel tagliare le emissioni di gas ad effetto serra“.

Secondo il Rapporto, se la temperatura dovesse superare alla fine del secolo i +2 °C sarebbe una catastrofe, non solo per i conseguenti impatti sui fenomeni meteorologici estremi, per l’innalzamento del livello dei mari, per l’aumento del numero di uragani devastanti, ma anche in termine di salute.

Anche se spesso pensiamo ai cambiamenti climatici come un problema ancora lontano, di fatto sta già provocando effetti sulla salute umana, soprattutto di quella delle popolazioni più vulnerabili dei Paesi in via di sviluppo. Ecco alcuni casi che indicano come i cambiamenti climatici incidano sulla salute umana già oggi.

Ondate di calore. Tra il 2000 e il 2016, il numero di persone esposte alle ondate di calore (dai 65 anni in su) è aumentato di circa 125 milioni, con un record di 175 milioni di persone raggiunto nel 2015. Lo stress da calore può causare vertigine, debolezza e incoscienza. Può determinare anche problemi renali a causa della disidratazione, e senza l’intervento del medico, può provocare la morte, soprattutto di anziani, bambini e persone con criticità di salute, specialmente tra i residenti dei grandi centri urbani.

Malattie infettive. Per effetto dei cambiamenti climatici anche il tasso di trasmissione di alcune malattie infettive è aumentato. Per esempio, dal 1950 la febbre Dengue è notevolmente aumentata per effetto della maggiore velocità di diffusione delle due zanzare vettori (Aedes aegypti Aedes albopictus) rispettivamente del 9,5% e dell’11,1%. Gli incrementi registrati sono stati rispettivamente del 3% e del 5,9% dal 1990, per effetto delle temperature più elevate che fanno aumentare il numero e l’area di propagazione delle zanzare che oltre alla Dengue che può essere anche mortale, possono trasmettere la malaria e la Zika.

Denutrizione. Il Rapporto definisce la denutrizione “l’impatto maggiore dei cambiamenti climatici nel XXI secolo”. Ogni aumento di 1 °C della temperatura viene associato ad un calo del 6% nelle rese globali delle colture di grano e del 10% di quelle dei riso. Il numero di persone denutrite di 30 Paesi vulnerabili ai cambiamenti climatici e fortemente dipendenti dalla produzione locale di cibo è aumentato da 398 milioni nel 1990 a 422 milioni nel 2016.

Disastri naturali. Gli eventi meteorologici estremi stanno mettendo a repentaglio la vita delle persone provocando fenomeni catastrofici che dal 200 al 2013 hanno registrato un’impennata a livello globale del 46%.

Rifugiati climatici. Attualmente sono segnalati come tali gli abitanti delle Isole Carteret nel Pacifico (1.200 individui) per effetto dell’innalzamento del livello del mare e vano nelle isole Carteret (Papua Nuova Guinea) e 3.500 abitanti dell’Alaska che hanno abbandonato i villaggi a seguito del collasso delle infrastrutture per lo scioglimento del permafrost, ma entro la fine del secolo potrebbero diventare un miliardo.

Riduzione capacità lavorative. L’aumento delle temperature per effetto dei cambiamenti climatici incide anche sulla produttività di coloro che svolgono lavori all’aperto e manuali delle regioni più calde, come per esempio i contadini. Tra il 2000 e il 2016, si stima che ci sia stato un calo del 5,3%, con importanti ripercussioni sul benessere degli individui, delle famiglie e delle comunità, specialmente su quelle che fanno affidamento sull’agricoltura di sussistenza.

Inquinamento atmosferico. Oltre il 71% delle 2.971 città inserite nel database dell’OMS non rispettano le linee guida dell’Organizzazione per i livelli di esposizione al particolato fine (PM2,5) prodotto dai trasporti e dalla combustione di altre fonti fossili per generare energia, con conseguenti gravi ripercussioni sulla salute dei cittadini: solo nei 21 Paesi asiatici monitorati le morti premature nel 2015 sono state oltre 800.000.

Il Rapporto, infine, indica quali azioni intraprendere per contrastare gli impatti dei cambiamenti climatici sulla salute:

– investire nella ricerca su salute e cambiamenti climatici;

– aumentare i finanziamenti per sistemi sanitari resilienti al clima;

– eliminare i combustibili fossili e aumentare l’accesso alle fonti rinnovabili di 2,7 miliardi di individui che sia affidano ai combustibili solidi per cucinare e riscaldarsi;

– decarbonizzare i trasporti, favorendo l’utilizzo di veicoli elettrici.

Non possiamo semplicemente adattarci ad uscire da questa situazione, ma abbiamo bisogno di trattare sia la causa che i sintomi dei cambiamenti climatici – ha sottolineato a sua volta, l’altro Co-presidente del Gruppo di ricerca Hugh Montgomery, Professore di medicina di terapia intensiva presso la University College London (UCL) – Ci sono molti modi per fare entrambe le cose, sia ottimizzando i bilanci limitati per l’assistenza sanitaria che migliorando nel frattempo le condizioni di vita“.

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