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Nuove sfide per gli scienziati: malattie infettive e cambiamenti climatici

malattie infettive e cambiamenti climatici

L’Ansa ha diffuso il 4 ottobre 2017 la notizia che 4 extracomunitari, 3 magrebini e un sudanese, che lavoravano come braccianti agricoli nelle campagne di Ginosa, sono ricoverati da alcuni giorni nel reparto “Infettivi” dell’ospedale “Moscati” di Taranto. La locale ASL ha affermato che “la malattia l’hanno contratta qui“, dal momento che un paio di essi sono residenti in Italia da 9 anni, un altro da un paio di mesi e per un altro ancora sono in corso delle verifiche. Poiché il tempo di incubazione della malaria va generalmente dai 12 ai 18 giorni, si pensa che la trasmissione del Plasmodium falciparumsia avvenuta ad opera di zanzare del genere Anofele che ormai vivono stabilmente nel nostro Paese, anche se il Ministero della Salute ha fatto saper che sono in corso degli accertamenti sul caso.

Qualche giorno prima i media francesi avevano annunciato che 2 casi si erano registrati nel Paese, distanti tra loro, ma che avevano in comune la presenza ad una festa di matrimonio nel mese di agosto a Moulins (Allier).

In merito, era stata fatta un Rapid Risk Assessment in data 20 settembre 2017 dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, che ha anche riferito del caso della bambina di 4 anni morta all’ospedale di Brescia per malaria, dopo un precedente ricovero all’ospedale di Trento, che aveva suscitato attenzione e polemiche nel nostro Paese.

Comunque sia, non c’è dubbio che i cambiamenti climatici in atto hanno un ruolo non secondario nella diffusione di zanzare invasive, vettori di malattie infettive. “Prevedere come i cambiamenti climatici influenzeranno l’incidenza delle malattie infettive avrebbe grandi benefici per la salute pubblica – ha affermato Jessica Metcalf del Dipartimento di ecologia e biologia evolutiva e principale autrice dello Studio “Identifying climate drivers of infectious disease dynamics: recent advances and challenges ahead“, riproposto il 4 ottobre dalla Woodrow Wilson School oof Public and International Affairs della Priceton University (New Jersey) dove insegna, originariamente pubblicato su Proceedings of the Royal Society B: Biological Science da un team di ricercatori statunitensi e britannici.

Individuare semplicemente le correlazioni e le associazioni statistiche tra fattori climatici e malattie non sarà sufficiente – ha continuato la Metcalf – Invece, i ricercatori hanno bisogno di nuovi modelli statistici che incorporino sia fattori climatici che il rapporto clima-malattia, tenendo conto delle incertezze presenti in entrambi“.

Alcune malattie infettive passano da persona a persona, sia attraverso l’aria (l’influenza), che attraverso acqua e cibo contaminati (il colera), o attraverso artropodi come le zanzare (la malaria). Altre risiedono negli animali, ma in determinate condizioni possono essere trasmesse agli esseri umani. Ad esempio, le persone possono acquisire l’hantavirus (che provoca gravi malattie respiratorie) quando vengono respirate alcune particelle di cui sono portatori roditori contaminati e le zecche trasmettono la malattia di Lyme da ovini e caprini alle persone. “I fattori climatici potrebbero influenzare il livello di diffusione di una malattia infettiva a qualsiasi fase“, ha messo in guardia la Metcalf.

Se si prende in considerazione una malattia come la malaria, i cambiamenti climatici potrebbero far aumentare o decrescere l’areale geografico delle zanzare Anofele che trasmettono la malattia; ma anche influenzare lo stile di vita delle zanzare e i loro modelli di accoppiamento/riproduzione. Inoltre, i cicli di vita delle zanzare possono interagire in maniera complessa con le attività umane, come le migrazioni. Le fluttuazioni pluriennali del clima come la El Niño Southern Oscillation, che influenzano la temperatura e la pioggia su gran parte della superficie del Pianeta, potrebbero mascherare o amplificare gli effetti dei cambiamenti climatici. “Un modello per prevedere come i cambiamenti climatici influenzeranno l’incidenza della malaria potrebbe aver bisogno di tenere conto di tutti questi fattori – ha proseguito la Metcalf – e come interagiscono con il meccanismo causale – una zanzara che punge una persona infetta e poi trasporta il parassita della malaria a qualcun altro“.

A titolo illustrativo, prendiamo l’ esempio di una malattia causata dall’acqua come la febbre tifoide:i cambiamenti climatici possono portare più piogge e inondazioni in alcune aree. Si pensa che le inondazioni faranno aumentare il rischio di esposizione alla febbre tifoide attraverso la contaminazione dell’approvvigionamento idrico, quando le feci di una persona infetta si mescolano con l’acqua che viene bevuta. In tal modo, i cambiamenti climatici potrebbero far aumentare l’incidenza della febbre tifoide. “Sarebbe tuttavia fuorviante usare semplici correlazioni tra le alluvioni e la febbre tifoide per prevedere come i cambiamenti climatici influenzeranno l’incidenza della malattia – ha osservato la ricercatrice – dal momento che alcune aree hanno delle infrastrutture sanitarie migliori o un approvvigionamento di acqua potabile protetto meglio di altre zone. Idealmente, un modello per predire l’incidenza della febbre tifoide in un determinato cambiamento del clima potrebbe collegare rilevanti variabili climatiche alla attuale prevalenza di contaminazione batterica negli approvvigionamenti idrici – ovvero al meccanismo attraverso il quale viene trasmessa la febbre tifoide da una persona ad un’altra – e solo allora all’incidenza della malattia “.

Il gruppo di ricercatori coordinati dalla Metcalf ha esaminato una serie di sofisticate tecniche statistiche che possono essere utilizzate per modellare il rapporto tra clima e malattia e hanno suggerito dei modi per coniugare, testare e perfezionare tali metodi. Un approccio particolarmente utile è il test retrospettivo, ossia di verificare le previsioni dei modelli inserendo i dati trascorsi relativi al clima e alle malattie per vedere quanto siano conformi a ciò che sappiamo che è effettivamente accaduto.

Districare l’impatto del clima sulla malattia infettiva richiede un attento lavoro da detective – ha concluso la Metcalf – Sfruttando l’ampio spettro di dati sulla variazione sia dell’incidenza delle malattie che delle variabili climatiche nello spazio e nel tempo, gli epidemiologi possono ottenere indicazioni dalla comunità scientifica che fa modelli climatici. Comprendere meglio e incorporare le proprietà sottostanti che influenzano il comportamento osservato del sistema clima-malattie climatiche, testando in modo regolare un insieme di modelli, confrontandoli retrospettivamente e convalidando i modelli rispetto ai dati“.

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