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Sistemi alimentari: includere la trasformazione negli impegni climatici

Un Rapporto congiunto di UNEP, WWF, EAT e Climate Focus sollecita i responsabili politici ad inserire i sistemi alimentari nella revisione dei contributi nazionali (NDCs), prevista al 2020 dall’Accordo di Parigi, perché le misure di mitigazione derivanti dalla loro trasformazione potrebbero migliorare del 25% la riduzione delle emissioni di gas serra.

Nonostante i potenziali benefici, gli impegni nazionali (NDCs) sottoscritti dai Paesi, secondo quanto previsto dall’Accordo sul clima di Parigi (2015) per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 °C, non tiene conto adeguatamente del ruolo che possono svolgere i sistemi alimentari.

È quanto emerge dal Rapporto “Enhancing Nationally Determined Contributions (NDCs) for Food Systems”, pubblicato il 1° settembre 2020 da UNEP (Programma Ambiente delle Nazioni Unite), WWF, EAT (Ong che si prefigge la trasformazione del sistema alimentare globale basata sulla scienza) e Climate Focus (think tank internazionale che fornisce consulenza a Governi, Organizzazioni e Imprese sulle politiche climatiche).

L’Accordo di Parigi prevede anche che gli impegni assunti debbano essere rivisti ed eventualmente incrementati ogni 5 anni, per cui, sottolinea l’UNEP, il 2020 offre ai responsabili politici l’opportunità di migliorarli del 25%, introducendo i contributi di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici che possono essere offerti dalla riduzione delle emissioni di gas serra dei sistemi alimentari, migliorando al contempo la biodiversità, la sicurezza alimentare e la salute pubblica

I sistemi alimentari, comprensivi di tutti gli elementi e le attività che riguardano la produzione, lavorazione, distribuzione, preparazione e il consumo di cibo, secondo il Rapporto speciale su Cambiamenti Climatici e Territorio (2019) dell’IPCC (SRCCL) – rappresentano fino al 37% di tutte le emissioni di gas serra; continuando su una traiettoria “business as usual” esaurirà i bilanci per le emissioni compatibili con l’0biettivo di 1,5 °C per tutti i settori.

Sebbene l’89% dei NDC menzioni la produzione agricola, gli obiettivi di riduzione delle emissioni agricole sono principalmente inclusi nei più ampi obiettivi di utilizzo del suolo. In particolare, sono ampiamente ignorate altre azioni del sistema alimentare, come la riduzione della perdita e dello spreco di cibo o il passaggio a diete più sostenibili, nonostante presentino l’opportunità combinata di ridurre le emissioni fino a 12,5 Gt di CO2 – l’equivalente di 2,7 miliardi di automobili.

Sono necessari impegni ambiziosi, limitati nel tempo e misurabili per la trasformazione dei sistemi alimentari se vogliamo raggiungere un futuro a + 1,5 °C – ha affermato Marco Lambertini, Direttore Generale di WWF International – Non farlo significa ignorare uno dei principali motori dell’attuale crisi climatica. Senza un’azione sul modo in cui produciamo e consumiamo cibo, non possiamo raggiungere i nostri obiettivi in ​​materia di clima o biodiversità, che sono la base per raggiungere la sicurezza alimentare, prevenire l’insorgenza di malattie e, in ultima analisi, raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Ecco perché esortiamo i Governi a includere approcci ai sistemi alimentari positivi per il clima e per la natura nei NDC più ambiziosi da rivedere quest’anno”.

Secondo quanto riportato nel Rapporto, fino ad agosto 2020 sono stati presentati solo 15 aggiornamenti e revisioni di NDCs e sebbene alcuni riguardino l’agricoltura, le azioni adeguate sono ancora assenti, testimoniando così che il consumo alimentare sostenibile e la perdita e lo spreco di cibo continueranno a essere ignorati nel processo di revisione. Nessuno degli aggiornamenti e delle revisioni presentati li menziona nei loro contributi o politiche e misure di mitigazione.

La pandemia ha messo a nudo la fragilità dei nostri sistemi di approvvigionamento alimentare, dalle complesse catene del valore agli impatti sui nostri ecosistemi – ha sottolineato Inger Andersen, Direttrice esecutiva dell’UNEP – Ma ha anche dimostrato che le aziende e le persone sono pronte a una ricostruzione migliore. Questa crisi ci offre la possibilità di ripensare radicalmente al modo in cui produciamo e consumiamo il cibo. Ad esempio, anche riorientare il consumo dimezzando lo spreco alimentare e catalizzando il passaggio a diete più vegetariane, è un potente strumento di mitigazione del clima da sfruttare. Sta a noi cogliere questa opportunità e mettere i sistemi alimentari sostenibili al centro della ripresa verde“.

Sono 16 le azioni identificate nel rapporto attraverso le quali i responsabili politici possono intraprendere azioni efficaci “dal campo alla tavola” (Farm to Fork): si va dalla riduzione dei cambiament di destinazione d’uso del suolo e della conversione degli habitat naturali, che potrebbero ridurre le emissioni di 4,6 Gt CO2 all’anno, alla riduzione della perdita e dello spreco alimentari che  rappresentano l’8% di tutte le emissioni di gas ad effetto serra e che potrebbero essere tagliate di 4,5 Gt CO2 all’anno. Tuttavia, solo 11 paesi attualmente menzionano la perdita di cibo nei loro piani e nessuno considera lo spreco di cibo.

C’è anche il miglioramento dei metodi di produzione e la riduzione delle emissioni di metano dal bestiame che potrebbero ridurre le emissioni fino a 1,44 Gt di CO2 all’anno, ma riduzioni molto maggiori potrebbero essere ottenute passando a diete più sane e sostenibili con una percentuale maggiore di prodotti vegetali rispetto a quelli animali, evitando emissioni fino a 8 Gt di CO2 all’anno. Tuttavia, nessun piano climatico nazionale attuale cita esplicitamente diete più sostenibili.

Il Rapporto rileva che i Paesi sviluppati sono meno propensi dei Paesi in via di sviluppo a fornire azioni di mitigazione specifiche del settore per l’agricoltura nei loro attuali piani climatici, sebbene in termini assoluti, anche il numero di azioni specifiche per ridurre le emissioni nel sistema alimentare nei Paesi in via di sviluppo sia basso.

I sistemi alimentari sono un’opportunità di mitigazione trascurata e raramente c’è un’opportunità di mitigazione con così tanti vantaggi per lo sviluppo sostenibile – ha osservato Charlotte Streck, co-Fondatrice e Direttrice di Climate Focus – Eliminare il consumo eccessivo di carne, migliorare le strutture di stoccaggio e ridurre gli sprechi alimentari fa bene alla nostra salute e migliora la sicurezza alimentare. Con un elenco di controllo ed esempi concreti di attività e obiettivi, questoRrapporto fornisce una guida ai responsabili politici per integrare i sistemi alimentari nelle loro strategie nazionali sul clima“.

Oltre ad aumentare l’ambizione nei loro NDCs, i Paesi hanno una serie di ulteriori opportunità per ridurre le emissioni e preservare la natura attraverso i sistemi alimentari. Nel contesto della Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica (CBD-COP 15) che è stata differita al 2021 per effetto della pandemia di Covid-19, i leader mondiali possono concordare un New Deal per la natura e le persone, per arrestare e invertire la perdita di biodiversità. Inoltre, nel 2021 si terrà il primo Vertice sui sistemi alimentari delle Nazioni Unite, come ha osservato il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres al lancio del Summit: “trasformare i sistemi alimentari è fondamentale per raggiungere tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile“. 

Concentrarsi sul cibo non è solo un prerequisito per conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda ONU al 2030, ma è importante per realizzare l’Accordo di Parigi tanto quanto la trasformazione energetica – ha dichiarato Gunhild Stordalen, Fondatrice e Presidente esecutivo di EAT – Il passaggio a una produzione rigenerativa che assorba il carbonio e l’adozione di diete sane, prevalentemente a base vegetale, più economiche e accessibili, nonché il dimezzamento degli sprechi e delle perdite alimentari, sono azioni cruciali che devono essere incluse negli NDC dei Paesi e integrate nelle loro azioni per il clima piani con chiare ambizioni. Mentre entriamo nel “Decennio dell’Azione”, facciamo in modo che sia il decennio per conseguire un futuro alimentare sano, sostenibile ed equo per tutti“.

Ricordiamo che la Fondazione EAT ha sostenuto economicamente la Commissione di 37 principali esperti mondiali di nutrizione e sostenibilità che ha redatto dopo 2 anni di lavoro il Rapporto“Food in The Anthropocene”, pubblicato l’anno scorso su The Lancet Medical Journal, dove viene indicata la necessità di una “Planetary Health Diet”ovvero di una dieta alimentare che fa bene alla salute umana e del Pianeta.

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