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Utility elettriche: investono più sui combustibili fossili che sulle rinnovabili

Uno Studio condotto da una ricercatrice dell’Università di Oxford rivela che a livello globale 9 utility elettriche su 10 hanno continuato ad investire sui combustibili fossili, magari ampliando la sua capacità con il gas, anziché sulle fonti rinnovabili, rendendo così difficile raggiungere gli obiettivi di mitigazione dei cambiamenti climatici.

Una nuova Ricerca pubblicata il 31 agosto 2020 su Nature Energy, ha scoperto che le utility elettriche sono piuttosto lente quando si tratta di abbracciare le fonti di energia verde come l’eolico e il solare.

Quando parliamo della transizione delle utility alle energie rinnovabili, ci aspetteremmo che, mentre sviluppano la loro attività basata sulle energie rinnovabili, come minimo smettano di investire in centrali elettriche a combustibili fossili e che idealmente ritirino i loro investimenti quanto prima. Naturalmente, le aziende di servizi pubblici potrebbero anche scegliere di perseguire modelli di business alternativi al di fuori della produzione di energia, ad esempio, nella distribuzione e nella vendita al dettaglio, ma non vorremmo che continuassero ad aumentare lo stock globale di capacità dei combustibili fossili. Purtroppo, questo non è quello che ho visto studiando come si sono sviluppati i portafogli di asset di generazione di energia (cioè centrali elettriche) di oltre 3.000 servizi di pubblica utilità a livello globale negli ultimi due decenni”.

Così ha commentato su la Community Behavioural & Social Science di Nature i risultati del suo Studio A global analysis of the progress andfailure of electric utilities to adapt their portfolios of power-generation assets to energy transition” l’economista Galina Alova, ricercatrice presso la Smith Scool of Enterprise and the Environment dell’Università di Oxford.

Mentre il Pianeta continua a riscaldarsi a causa dell’aumento dei livelli di anidride carbonica (e altri gas) nell’atmosfera e si susseguono gli studi per monitorare la situazione, la Alova ha analizzato il ruolo che i principali produttori di elettricità stanno giocando nell’attuale scenario attuale, cercando di capire se si impegnano per ridurre la loro dipendenza dai combustibili fossili, in particolare dal carbone, e se spostano i loro investimenti verso le energie rinnovabili.

Analizzando i dati dal 2001 al 2018 sulle fonti di carburante utilizzate da 3.311 aziende elettriche sparse in tutto il mondo e gli investimenti che hanno fatto per le future fonti, la Alova ha scoperto che solo il 10% delle aziende che ha esaminato stavano dando la priorità ai combustibili fossili rispetto ai combustibili fossili convenzionali. Si tenga presente che gli investimenti effettuati dalle utility nel periodo considerato sono destinati a produrre gli effetti nei decenni futuri e che molte di quelle che hanno investito sulle fonti rinnovabili lo hanno fatto a percentuali piuttosto basse.

Ciò che è anche degno di nota – ha proseguito la ricercatrice – è che la stragrande maggioranza delle utility studiate (che rappresentano il 75% di tutte le utility e il 50% della capacità di generazione di energia che tutte le utility possiedono a livello globale) non hanno ampliato nelle due precedenti decadi il proprio portafoglio né in energie rinnovabili né in combustibili fossili. Ciò implica che la decarbonizzazione del settore dei servizi di pubblica utilità si basa sulle decisioni di una minoranza di aziende di aumentare la propria capacità basata sulle fonti rinnovabili o sui combustibili fossili”.

Secondo la Alova i principali produttori di elettricità in tutto il mondo, anche quelli che stanno investendo nelle energie verdi sono ancora molto impegnati a utilizzare i combustibili fossili anche in futuro, un atteggiamento questo che potrebbe rendere estremamente difficile raggiungere gli obiettivi di mitigazione dei cambiamenti climatici. Se tali impianti continuano a bruciare combustibili fossilii, in particolare carbone, l’unico modo per impedire loro di ostacolare gli sforzi di inverdimento è di cattura la CO2 che emettono dai loro impianti.

Attualmente, Cina, India e Stati Uniti sono i Paesi che consumano più carbone e la maggior parte di ciò è destinata alla generazione di elettricità. Negli Stati Uniti, il carbone rappresenta ancora il 65% del consumo energetico, e la Cina consuma più carbone di tutto il resto del mondo messo insieme. Solo in Europa, l’energia rinnovabile ha conquistato una quota significativa del mercato. Ma molti dei nuovi impianti eolici e solari sono stati costruiti da produttori indipendenti.

Secondo la ricercatrice, se è vero che solo poche aziende hanno continuato a dare priorità al carbone un numero notevole ha ampliato la propria capacità con il gas, prima delle rinnovabili, segnalando la sua potenzialità di combustibile di transizione.

Non si tratta di greenwashing – ha dichiarato la Alova a BBC NewsÈ solo che tali investimenti sul gas rendono più lento il passaggio alle energie rinnovabili. Questo è il problema essenziale”.

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