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Sistema sanitario: 13,5 milioni di italiani hanno rinunciato a cure nel 2017

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Tra i dati più eclatanti che emergono dall’Indice di Performance Sanitaria, presentato il 28 marzo 2018 e realizzato per il terzo anno consecutivo da Demoskopika, Istituto di ricerca economica e sociale, di indagini di mercato e sondaggi di opinione per conto di enti pubblici, imprese, organizzazioni private, associazioni di categoria, c’è il dato che 13,5 milioni di italiani, pari al 22,3%, nel 2017 hanno rinunciato a curarsi per motivi economici, per le lunghe liste di attesa e perché, non fidandosi del sistema sanitario della regione di residenza, non hanno potuto  affrontare i costi della migrazione sanitaria ritenuti troppo esosi.

L’Indice di Performance Sanitaria viene costruito sulla base di 8 indicatori:
– soddisfazione sui servizi sanitari;
– mobilità attiva;
– mobilità passiva;
– risultato d’esercizio;
– disagio economico delle famiglie per spese sanitarie out of pocket;
– spese legali per liti da contenzioso e da sentenze sfavorevoli;
– costi della politica;
– speranza di vita.

È l’Emilia Romagna, la regione in testa per efficienza del sistema sanitario italiano, strappando la prima posizione al Piemonte, mentre Sicilia e Molise si collocano in coda tra le realtà “più malate” del Paese. Crolla il Piemonte che precipita di ben 10 posizioni rispetto all’anno precedente, collocandosi nell’area delle regioni “influenzate”. Entrano, inoltre, nell’area delle realtà sanitarie d’eccellenza, MarcheVenetoToscana e Umbria. Al Sud la migliore perfomance spetta alla Puglia, all’Abruzzo e alla Basilicata che migliorano la loro “condizione”, rispetto all’anno precedente, lasciando l’area dei sistemi sanitari locali più sofferenti. La Calabria abbandona, per la prima volta, l’ultima posizione tra le realtà “malate” collocandosi immediatamente al di sopra di Sicilia Molise.

Lo studio conferma alcune dicotomie persistenti nell’analisi dei sistemi sanitari locali – ha commentato il Presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – Da un lato il permanere di una divario tra Nord e Sud, nonostante qualche miglioramento rilevato in alcune realtà meridionali e, dall’altro, la difficoltà evidente di erogare un’offerta sanitaria appropriata nel rispetto dei vincoli dell’efficienza condizionata dalle risorse scarse disponibili. Non va sottovalutato, inoltre, il recente orientamento della Conferenza delle Regioni di contenere la mobilità sanitaria che potrebbe alimentare il divario esistente tra le diverse offerte sanitarie locali. Ulteriori tagli alla mobilità sanitaria, infatti, immolati alla causa della razionalizzazione delle risorse e a interventi di riequilibrio, principalmente in alcune specifiche situazioni territoriali, potrebbero ripercuotersi sul diritto di scelta del luogo di cura, penalizzando fortemente le realtà del Mezzogiorno e minando al cuore il diritto alla salute dei cittadini residenti in quelle aree“.

Soddisfazione sui servizi sanitari

Circa 4 italiani su 10 (36,7%) dichiarano di essere soddisfatti dei servizi sanitari legati ai vari aspetti del ricoveroassistenza medicaassistenza infermieristica e servizi igienici. Un andamento in crescita del 2,5% rispetto all’anno precedente. L’indicatore conferma un divario più che significativo tra le diverse realtà regionali. I più “appagati” vivono in Valle d’Aosta che ha ottenuto il massimo del risultato (100 punti) immediatamente seguito dal Trentino Alto Adige (90,8 punti). A seguire con una distanza significativa, Veneto (70,9 punti), Emilia Romagna (66,5 punti), Umbria (64,6 punti), Piemonte (58,5 punti), Liguria (54,4 punti), Friuli Venezia Giulia (45,4 punti), Marche (43 punti), Lazio (34, 7 punti), Toscana (33 punti) e Sardegna (32,5 punti).

Mobilità sanitaria attiva
Il Molise, con 100 punti mantiene 1a posizione della graduatoria parziale relativa alla mobilità attiva, l’indice di “attrazione” che indica la percentuale, in una determinata regione, dei ricoveri di pazienti residenti in altre regioni sul totale dei ricoveri registrati nella regione stessa, e che in Molise, per l’appunto, è pari al 28%. Sul versante opposto, si colloca la Sardegna con un rapporto tra i ricoveri in regione dei non residenti sul totale dei ricoveri erogati pari all’1,5%. In valori assoluti, sono principalmente cinque le regioni che attraggono il maggior numero di pazienti non residenti: Lombardia (163 mila ricoveri extraregionali), Emilia Romagna (109 mila ricoveri extraregionali), Lazio (78 mila ricoveri extraregionali), Toscana (69 mila ricoveri extraregionali) e Veneto (61 mila ricoveri extraregionali).

Mobilità sanitaria passiva
I meridionali confermano la loro diffidenza a curarsi nelle loro realtà di regionali. In particolare, con un indice medio di “fuga”, pari al 10,4%, che misura, in una determinata regione, la percentuale dei residenti ricoverati presso strutture sanitarie di altre regioni sul totale dei ricoveri sia intra che extra regionali, il Sud si colloca in fondo per attrattività sanitaria dopo le realtà regionali del Centro con un indice di fuga pari all’8,9% e del Nord (6,8%). Ciò significa che, nei 12 mesi del 2016, la migrazione sanitaria dalle realtà regionali del meridione può essere quantificabile in oltre 321 mila ricoveri. Come per la mobilità attiva, anche per la mobilità passiva, lo studio di Demoskopika ha generato una classifica parziale che vede collocate, nelle “posizioni estreme”, il Molise in cima per “diffidenza” con un indice di mobilità passiva pari 27,2%; sul versante opposto, i più “fedeli” al loro sistema sanitario si confermano i lombardi. La Lombardia, infatti, con appena il 4,7%, registra il rapporto minore di ricoveri fuori regione dei residenti sul totale dei ricoveri totalizzando il massimo del punteggio (100 punti).

Spese legali
Nel solo 2017, le spese legali per liti, da contenzioso e da sentenze sfavorevoli, sostenute dal comparto sanitario italiano ammontano a 175 milioni di euro, circa 480 mila euro al giorno. Sono le strutture sanitarie meridionali ad essere più litigiose concentrando oltre il 60% delle spese legali complessive, pari a ben 104 milioni di euro, seguire da quelle del Centro con 45,4 milioni di euro (26%) e del Nord con una spesa generata per 25,3 milioni di euro (14,5%).

Efficienza sanitaria
Sono 9 su 20, i sistemi sanitari regionali capaci di ottimizzare le risorse finanziarie disponibili per garantire l’efficienza del comparto. In particolare, accanto ad un risultato d’esercizio in rosso complessivamente per oltre 1 miliardo di euro nel 2017, le realtà più “sane” si sono contraddistinte, al contrario, per un attivo pari a poco più di 52 milioni di euro. Nel 2016 il risultato d’esercizio desumibile dal conto economico degli enti sanitari locali premia prioritariamente le Marche con un avanzo pari a 9,3 euro pro capite (14,4 milioni di euro), l’Umbria con un avanzo pari a 6,2 euro pro capite (5,5 milioni di euro) mentre relega nelle posizioni “meno virtuose” il Trentino Alto Adige con un disavanzo del sistema sanitario pari a 216,8 euro pro capite.

Efficacia sanitaria
Lo studio di Demoskopika utilizza la speranza di vita, data dal numero medio di anni che una persona può aspettarsi di vivere al momento della sua nascita, quale indicatore per misurare l’efficacia dei sistemi sanitari regionali: più alta è la speranza di vita in una regione, maggiore è il contributo al miglioramento delle condizioni di salute dei cittadini prodotto dall’erogazione dei servizi sanitari in quel determinato territorio. Nel dettaglio, a guadagnare il podio della classifica parziale della speranza di vita, quale dimensione della perfomance sanitaria individuata da Demoskopika, si collocano il Trentino Alto Adige che con una speranza di vita media più elevata rispetto al resto d’Italia pari a 83,6 anni ottiene il punteggio massimo. Seguono Marche (91,6 punti), Umbria e Veneto a pari merito con 89,2 punti. Quattro le realtà regionali, infine, ad essere caratterizzate da una vita media più bassa: la Campania con una speranza di vita pari a 81,1 anni produce la perfomance peggiore, seguono Sicilia (30,4 punti), Valle d’Aosta (32 punti) e Calabria (49,2 punti).

Costi politica
Mantenere il management delle aziende ospedaliere, delle aziende sanitarie e delle strutture sanitarie, più in generale, è costato oltre 357 milioni di euro nel 2017 con un incremento significativo, pari al 14,8% rispetto all’anno precedente (311 milioni di euro). A livello locale, a emettere più mandati di pagamento, in termini pro-capite, per indennità, rimborsi, ritenute erariali e contributi previdenziali per gli organi istituzionali sono state le strutture sanitarie della Sicilia con 11,6 euro di spesa pro-capite pari a complessivi 58,4 milioni di euro. Seguono a distanza le “democrazie sanitarie” della Lombardia con 9,5 euro di spesa pro-capite (94,7 milioni di euro) e del Trentino Alto Adige con 8,5 euro di spesa pro-capite (9 milioni di euro). Al contrario, a spiccare per maggiore “parsimonia” nell’impiego del management sanitario, le Marche con 1,4 euro di spesa pro-capite (2,1 milioni di euro), il Molise con 1,8 euro di spesa pro-capite (560 mila euro) e la Campania con 2 euro di spesa pro-capite (11,4 milioni di euro).

Disagio economico
L’indicatore “famiglie impoverite” esprime, in termini percentuali, la quota di famiglie in condizioni di disagio economico per le spese sanitarie out of pocket (farmaci, case di cura, visite specialistiche, cure odontoiatriche, etc.). Esso aggrega sia i fenomeni dell’impoverimento sia quello delle nuove rinunce alle spese sanitarie. A finire nell’area del disagio economico, a causa delle spese sanitarie out of pocket, sono soprattutto le famiglie in Molise con una quota del 10% quantificabile in circa 13 mila nuclei familiari. Seguono la Campania con una quota del 9,9% pari a ben 225 mila famiglie, la Calabria e la Sardegna entrambe con una quota del 9,2% coinvolgendo nel processo di impoverimento rispettivamente 67 mila e 74 mila nuclei familiari. Capovolgendo la classifica, sono Marche e Trentino Alto Adige a meritare il ranking migliore in questa graduatoria parziale con appena il 2,7% di nuclei familiari in condizioni di disagio economico per le spese sanitarie out of pocket .

Anche l’Osservatorio sulla salute nelle regioni italiane dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma aveva focalizzato l’attenzione sul sistema sanitario quale indicatore determinante nell’analisi dell’aspettativa di vita, osservando che 69% degli italiani con un basso titolo di studio basso sarebbe costretto a rinunciare alle prestazioni sanitarie per motivi economici.

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