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La Finanza alle prese con i rischi ambientali

La Finanza alle prese con la gestione dei rischi ambientali

I maggiori istituti finanziari globali approntano una road map per inserire il Capitale Naturale nella valutazione degli strumenti di gestione dei rischi.

Nel giugno 2012, in occasione del Vertice della Terra “Rio +20”, venne lanciata da un gruppo di importanti istituzioni finanziarie la Dichiarazione di Capitale Naturale (NCD), a voler dimostrare l’impegno del settore per integrare considerazioni legate al Capitale Naturale (inteso come stock ecosistemici che generano un flusso rinnovabile di beni e servizi) nei prodotti e nei servizi finanziari del ventunesimo.
Molti istituti – si legge nella Dichiarazione – non comprendono né rendicontano o valutano a sufficienza i rischi e le opportunità legate al Capitale Naturale nei prodotti e servizi finanziari (prestiti, investimenti e prodotti assicurativi) e nella loro filiera di approvvigionamento. Lo sviluppo di una maggiore consapevolezza e la valutazione di adeguati strumenti di gestione del rischio per integrare il Capitale Naturale nei processi decisionali finanziari sono delle tappe iniziali importanti per il settore finanziario”.

In previsione di questo quadro futuro, e consapevoli del fatto che non sussiste ancora una metodologia per rendere conto e contabilizzare adeguatamente il Capitale Naturale nel sistema finanziario mondiale – continua la Dichiarazione – noi, quali istituzioni finanziarie firmatarie, vogliamo dimostrare la nostra leadership attraverso il nostro impegno a collaborare su scala mondiale tramite gruppi di lavoro e un rinnovato dialogo con clienti, società controllate, fornitori, società civile ed altri attori…”.

Da allora, sono stati 41 gli Amministratori delegati di istituti finanziari che hanno approvato questa rivoluzionaria iniziativa, che è anche supportata da 23 organizzazioni della società civile che vi collaborano intensamente.
Sono stati formati 4 gruppi di lavoro per la progettazione di metodologie per l’attuazione dei 4 impegni fondamentali previsti dalla NCD:

– Capire: Costruire una comprensione delle dipendenze e degli impatti del Capitale Naturale all’interno di operazioni di un istituto finanziario, profili di rischio, portafogli clienti, filiere ed opportunità.

– Inserire: integrare le considerazioni sul Capitale Naturale nei prodotti e servizi finanziari, inclusi prestiti, investimenti e polizze assicurative.

– Collaborare: impegnarsi con le parti interessate per formare un consenso a livello mondiale per l’integrazione del Capitale Naturale nella contabilità del settore privato e del processo decisionale, sostenendo, laddove necessario, il lavoro svolto con la TEEB for Business Coalition (per un’analisi del Rapporto finale del TEEB, vedi: “Mettere al centro l’economia della natura”, in Regioni&Ambiente, n. 11 novembre 2010, pag. 51).

– Divulgare: lavorare per un consenso globale attorno allo sviluppo di un reporting integrato, che comprenda il Capitale Naturale nella definizione lato sensu delle risorse e relazioni strumentali per il successo di un’organizzazione.

In termini di governance, la NCD è guidata dal settore finanziario e 4 istituti leader si sono fatti avanti per guidare i gruppi di lavoro, al fine di attuare il NCD Business Plan per il quale c’è bisogno di reperire in 3 anni 2 milioni di dollari tra finanziamenti privati, governativi e dalle fondazioni.
L’impresa non sarà certo semplice, visto l’attuale clima economico e la necessità attuale delle banche di puntellare i propri bilanci piuttosto che intravedere a medio-lungo termine futuri scenari in cui i limiti ambientali metteranno a serio rischio i loro utili.

“Come primo obiettivo per i prossimi 3 anni intendiamo rendere operativa l’iniziativa, sviluppando strumenti pratici, linee guida e parametri di valutazione che le istituzioni finanziarie possono utilizzare nelle proprie organizzazioni per integrare con il Capitale Naturale, gli altri fattori di sostenibilità ambientale, sociale e di governance – ha affermato Ivo Mulder, responsabile del progetto l’UNEP-Finance Initiative di Ginevra che gestisce assieme al Global Canopy Programme – Il secondo obiettivo è quello di aumentare il numero dei sostenitori da parte delle istituzioni finanziarie per imprimere un impegno sempre più grande nel settore, agendo sulla base dell’importanza materiale di tali argomenti”.

Come buon esempio, Mulder ha citato il Rapporto “E-Risc: A New Angle on Sovereign Credit” in cui è stata applicata una metodologia che ha visto l’inserimento del Capitale Naturale in un determinato profilo di rischio, quale quello dei debiti sovrani.

Il Rapporto, infatti, pubblicato alla fine dello scorso anno da UNEP-FI, con la collaborazione di Global Footprint Network e a cui hanno prestato la collaborazione 15 banche, ha dimostrato, forse per la prima volta, che le risorse naturali e i rischi ambientali possono influenzare la capacità degli Stati di finanziare il debito sovrano, fornendo così agli investitori elementi per una maggior trasparenza per le operazioni e ai Governi che emettono i bond di gestire meglio le proprie risorse naturali se vogliono attrarre gli investimenti.

“Anche se lo scenario descritto nel rapporto rappresenta solo un primo passo, costituisce tuttavia un aspetto importante per un primo sviluppo di metodi standardizzati per evidenziare i legami tra i cambiamenti nelle risorse naturali ed i rischi finanziari ed economici a livello nazionale – hanno scritto gli autori del report –
Lo sviluppo di questi indicatori deve andare di pari passo con azioni concrete da parte dei governi, per incentivare metodi più sostenibili di produzione e consumo, al fine di ridurre la pressione sulle risorse naturali e i rischi finanziari correlati”.

Approfondimenti sui rischi finanziari connessi al degrado ambientale nell’articolo dedicato al Rapporto Global Risks 2013: “Mercati finanziari ed eventi estremi il mix più pericoloso”, in Regioni&Ambiente, n. 1-2 gennaio-febbraio 2013, pag. 63.

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