Dopo gli interventi di Nicolas Stern e Christine Lagarde, è il turno del Primo Ministro norvegese ad affermare che è arrivato il momento di eliminare gradualmente le sovvenzioni ai combustibili fossili e mettere un prezzo sulle emissioni di carbonio, misure che non danneggiano l’economia come sta a dimostrare l’esperienza del suo Paese.
La scorsa settimana, presso la Camera di Commercio Norvegese a Londra, si è tenuta la Conferenza “How can green solutions be good for business?” per analizzare, a poco più di un mese dalla COP21 di Parigi, se un’accelerazione verso la decarbonizzazione dell’economia possa favorire anche il settore delle imprese.
Oltre agli interventi di illustri rappresentanti del mondo finanziario, delle imprese energetiche e delle aziende leader a livello mondiale, ha fatto da introduzione ai lavori la key-note del Primo Ministro norvegese Erna Solberg.
“I principali strumenti della politica climatica norvegese sono le tasse verdi e la nostra partecipazione al sistema di scambio delle emissioni – ha affermato il Primo Ministro – La Norvegia ha introdotto una tassa sul carbonio nel 1991, e attualmente oltre l’80% delle nostre emissioni sono soggette a ETS o alla carbon tax. Questa politica che mette un prezzo al carbonio, a sua volta influenza la domanda e l’offerta di beni e servizi, e incoraggia lo sviluppo delle innovazioni tecnologiche per contrastare i cambiamenti climatici […] A livello globale, se c’è mai stato un momento in cui dovremmo mettere un prezzo sulle emissioni di carbonio ed eliminare gradualmente le sovvenzioni ai combustibili fossili, è adesso”.
Le parole della Solberg rievocano quelle pronunciate da Lord Nicolas Stern, in occasione della presentazione il 7 ottobre 2015 dell’ultimo Rapporto realizzato dalla New Climate Economy “Implementing Effective Carbon Pricing”.
“È il momento giusto per introdurre prezzi al carbonio in tutto il mondo, ma anche per perseguire misure complementari, quali la riforma dei sussidi ai combustibili fossili, che agiscono come prezzi al carbonio in negativo – aveva dichiarato il Co-Presidente della Global Commission on the Economy and Climate, di cui New Climate Economy rappresenta l’iniziativa faro – L’economia mondiale sta attraversando un periodo eccezionale di transizione e dobbiamo agire ora per evitare di rinchiuderci da soli in modelli di sviluppo insostenibili”.
Il paper mette in evidenza che vi è un crescente sostegno per l’introduzione di prezzi al carbonio in tutto il mondo, dove già oggi 40 Paesi e più di 20 città hanno adottato o stanno adottando misure per fissare un prezzo alle emissioni di CO2, per un totale del 12% delle emissioni globali, e oltre 1.000 grandi aziende e investitori si sono dichiarati d’accordo e 437 utilizzano tale misura al loro interno per orientare gli investitori.
Nel documento si citano diverse situazioni emblematiche che testimoniano come l’introduzione di tasse sul carbonio, non solo non ha nociuto all’economia, ma hanno fatto aumentare le entrate degli Stati e ridotto sensibilmente le loro emissioni.
Tra gli esempi citati c’è l’esperienza dei 9 Stati del nord-est degli USA, aderenti alla Regional Greenhouse Gas Initiative (RGGI), il primo programma di regolamentazione del mercato del carbonio negli Stati Uniti, che hanno visto crescere tra il 2009 e il 2013 la loro economia dello 0,4% in più rispetto agli altri Stati federali.
In Irlanda la carbon tax introdotta nel 2010 ha permesso al Paese di avere risorse per far fronte alla crisi finanziaria globale, mentre lo Stato del British Columbia, introducendo una carbon tax che gli ha permesso di ridurre del 10% le emissioni in 5 anni, ha avuto una crescita economica superiore al resto del Canada.
Se anche il Governo cinese si appresta ad introdurre un sistema di cap-and-trade nazionale, vuol dire che il prezzo del carbonio sta cominciando ad essere visto dai Governi come un modo per ridurre le emissioni senza soffocare la crescita.
Il documento, inoltre, raccomanda al G20 di impegnarsi a fissare chiari, credibili e aumentati prezzi del carbonio alle loro economie, già in occasione del vertice in Turchia di novembre prossimo, privilegiando l’uso delle maggiori entrate derivanti per compensare il loro impatto sulle famiglie a basso reddito, per poi sviluppare un approccio più preciso sotto la Presidenza cinese del G20 nel 2016. Gli altri Paesi potrebbero intanto dar avvio al monitoraggio, rendicontazione e verifica (MRV) delle emissioni per le imprese e l’industria.
All’unìsono con Stern, il Direttore del Fondo Monetario Internazionale (IMF) Christine Lagarde, intervenendo ad uno dei due Seminari di “Responding to the Challenges of Climate Change” di prologo dell’annuale meeting IMF-WB (Banca Mondiale) di Lima (9 -11 ottobre 2015), ha affermato che “Con l’energia da combustibili fossili a buon mercato, è il momento giusto per introdurre una carbon tax e per eliminare i sussidi. So che un sacco di persone preferiscono i sistemi di scambio delle quote ad emettere, ma credo che la tassazione delle emissioni sarebbe molto meglio”.
Secondo la Lagarde, i ricavi dalle tasse sul carbonio potrebbero contribuire all’obiettivo del finanziamento di 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 (Green Climate Fund) da parte dei Paesi ricchi per aiutare quelli poveri a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici.
Ha osservato, poi, che istituzioni come l’IMF e la WB non possono sostituirsi ai Paesi a cui spettano le decisioni in merito, limitandosi a fornire gli strumenti e le indicazioni per fissare un eventuale prezzo.
Il riferimento era al Rapporto di cui ci siamo occupati qualche settimana fa (“The FASTER Principles for Successful Carbon Pricing: An approach based on initial experience“), con il quale l’OCSE e la Banca Mondiale, con il contributo del Fondo Monetario Internazionale, hanno elaborato dei princìpi-chiave per aiutare Governi e Imprese a sviluppare efficaci e convenienti strumenti di tassazione del carbonio, come parte fondamentale della transizione verso un’economia decarbonizzata, ma anche quale occasione per sbloccare investimenti e costruire un’innovativa e dinamica economia a basse emissioni di carbonio.
In merito alla COP21 di Parigi, il Direttore del Fondo ha dichiarato che mancata adozione di misure urgenti sul riscaldamento globale condannerà l’umanità a fare la stessa sorte del pollame peruviano che tanti hanno potuto gustare nel corso del meeting in un Paese famoso per la sua cucina.
“Se non usciamo da questo pollaio, faremo la stessa fine dei polli: fritti, alla griglia, lessati e arrostiti”.
Tornando alla key-note del Primo Ministro norvegese, la Solberg ha auspicato un impegno delle Nazioni Unite affinché a Parigi si discuta pure dell’introduzione di una carbon tax globale, concordando sul fatto che costituirebbe un meccanismo chiave per creare un ambiente favorevole per gli investimenti nelle tecnologie pulite.
Auspicio che difficilmente si potrà avverare, dal momento che a Bonn, dove è in corso di svolgimento l’ultima sessione dei Climate Talks (19-23 ottobre 2015), nel testo di Accordo, “snellito” dai co-Presidenti del Gruppo di Lavoro apposito dell’UNFCCC e che costituisce la base per le negoziazioni, di carbon price globale non c’è traccia!