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Rapporto dell’UNFPA: i giovani devono poter contare di più

Rapporto UNFPA i giovani devono poter contare di più

Il Rapporto del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) sottolinea la necessità che la potenziale grande risorsa della gioventù globale deve essere valorizzata adeguatamente e devono essere garantiti quei diritti che in molte parti del mondo non vengono ancora riconosciuti, se non si vuole mettere a repentaglio il loro futuro, ma anche quello delle economie e delle società in generale.

Mentre i problemi legati all’invecchiamento della popolazione è un tema ricorrente nei media e tra i dibattiti di economisti e politici, soprattutto per i costi sanitari ed economici che comporta, quelli viceversa connessi alla gioventù demografica mondiale trovano scarsa considerazione, nonostante una gran parte della popolazione mondiale sia giovane e destinata, secondo le previsioni, a crescere ancora.

La considerazione per questa fascia di età del potere economico è ancora bassa, anche perché i giovani politicamente contano ancora poco rispetto a gruppi più anziani che sono maggiormente integrati nei processi politici ed elettorali, là dove la partecipazione giovanile è piuttosto scarsa, come testimonia anche la loro minor affluenza al voto.

I giovani contano. Contano perché i giovani oggi nel mondo sono 1,8 miliardi, una cifra senza precedenti, e perché saranno loro a dare forma e a guidare il futuro del nostro pianeta. Contano perché sono portatori di diritti umani che devono essere concretizzati – si legge nel Rapporto sullo stato della popolazione nel mondo 2014 “The Power of 1,8 billion. Adolescents, Youth and the Trasformation of the Future” (Il potere di 1,8 miliardi. Adolescenti e giovani in grado di trasformare il futuro) – Tuttavia, in un mondo di preoccupazioni adulte, i giovani sono spesso trascurati. Questa tendenza deve essere assolutamente corretta al più presto, perché mette a repentaglio non solo i giovani ma anche le economie e le società in generale”.

Adolescenti e giovani di età compresa tra i 10 e i 24 anni sono 1,8 miliardi su un totale di 7,3 miliardi di persone, ovvero quasi un quarto della popolazione mondiale, e potrebbero essere considerati, in maniera inadeguata, una sfida insormontabile o un salasso per le scarse risorse, oppure, più propriamente, come potenziali architetti di una storica trasformazione del benessere dell’umanità.
La popolazione giovane più numerosa della storia umana inciderà profondamente su ogni aspetto del nostro futuro comune e potrà creare un mondo migliore per tutti”.

Gli effetti saranno straordinariamente positivi se i giovani potranno sviluppare le loro capacità, accedere ad istruzione e salute, compresa la salute sessuale e riproduttiva, ed avere l’opportunità di concretizzare i loro sogni grazie, per esempio, ad un lavoro dignitoso che, purtroppo, per molti di loro rimarrà un sogno, secondo il recente Rapporto rilasciato dall’ILO.
In tutti gli scenari previsti, il numero dei giovani continuerà a salire nei prossimi anni, prima che raggiunga il picco.

Riportiamo di seguito gli aspetti salienti che emergono dal Rapporto.

Nei prossimi anni, i Paesi in grado di rispondere alle esigenze dei giovani saranno probabilmente in una posizione di gran lunga migliore nella seconda metà del secolo, con popolazioni più istruite e in salute, forze lavoro più produttive, economie in crescita e calo dei tassi di natalità.
Quelli che non sono attenti alle problematiche giovanili potrebbero considerare gli elevati tassi di natalità in un secondo momento e tollerare una quota elevata di popolazione giovane e senza occupazione. La domanda, già elevata, per un’istruzione scolastica e per i servizi sanitari continuerà ad aumentare.
Una forza poco qualificata manterrà le economie chiuse in attività a basso valore e con bassi tassi di crescita. La discriminazione di genere enfatizzerà tutti questi problemi, fino a renderli insopportabili a giovani donne e ragazze.

Nonostante le testimonianze che sempre più Governi stanno prestando una maggiore attenzione ai giovani attraverso iniziative di politica pubblica, i giovani in generale affrontano ancora molti ostacoli che impediscono loro di muoversi con sicurezza nell’età adulta e di far parte della forza lavoro.
Sono decine di milioni gli adolescenti e i giovani che non vanno a scuola, o se lo fanno, non hanno prospettive di conseguire una preparazione e quelle del mercato del lavoro sono spesso cupe, con posti scarsi o di qualità scadente, determinando una minacciosa disoccupazione giovanile mondiale.

Fino al 60% dei giovani nelle regioni in via di sviluppo non vanno a scuola o soltanto lavori irregolari.
Più di 500 milioni di giovani sopravvivono con meno di 2 dollari al giorno, un livello di povertà da cui molti potrebbero noni uscire.
Si sta scavando un solco tra chi ha accesso alle tecnologie dell’informazione, essenziali per operare nelle attuali economie, e chi ne è escluso, soprattutto i giovani dei Paesi più poveri.
L’emarginazione mantiene i giovani fuori dal processo decisionale su come soddisfare al meglio le proprie esigenze.
Nonostante il loro elevato rischio di povertà, per esempio, in due Paesi su tre essi sono lasciati fuori dalla programmazione delle strategie per la riduzione della povertà nazionale e dei piani di sviluppo.

Il pieno godimento dei diritti umani rimane un sogno per milioni di giovani, per i quali la violazione costituisce per molti la norma.
Nei Paesi in via di sviluppo una ragazza su tre si sposa sotto i 18 anni.
Quasi la metà del totale di tutti gli abusi sessuali perpetrati sono commessi su adolescenti che hanno meno di 16 anni e minorenni sono quelle che subiscono le mutilazioni dei genitali e che corrono il rischio più alto di contrarre l’AIDS.

La salute sessuale e il controllo dei propri diritti sessuali e riproduttivi, fondamentali per la realizzazione dei giovani e della loro piena potenzialità, sono impeditivi a causa di gravi lacune di informazioni e servizi.
Le normative discriminanti di genere penalizzano soprattutto le giovani donne, privandole delle pari opportunità di istruzione, occupazione e salute, lasciandole più vulnerabili alle violazioni dei diritti umani.

È uscito in questi giorni in Italia il film “Difret”, opera prima del regista etiope Zeresenay Berhane Mehari, prodotto dall’attrice Angelina Jolie, l’attrice nominata Ambasciatrice dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.

Il film ricostruisce una storia vera che risale al 1996: quella di Hirut Assefa, una studentessa di 14 anni che, rapita in un villaggio vicino ad Addis Abeba, viene violentata da colui che la pretende come sposa, nonostante l’opposizione dei genitori di lei. La ragazzina riesce a fuggire, impossessandosi di un fucile con cui uccide il suo sequestratore come auto difesa. Tutto però è contro di lei, sia la legge dello stato sia le regole ancestrali delle comunità rurali. Solo Meaza Ashenafi, avvocato e leader dell’associazione Andenet (uno studio legale al femminile che assiste gratuitamente donne che altrimenti non avrebbero alcuna possibilità di difendersi dai soprusi di una società dominata dai maschi) decide di assisterla. La battaglia contro i pregiudizi non sarà facile né indolore.

In particolare mi ha ispirato il pensiero che la telefa [ndr: è il termine in aramaico con cui si indica la pratica del rapimento a scopo di matrimonio] non fosse considerata né come una violazione né tantomeno come una violenza – ha dichiarato Mehari in occasione della presentazione della pellicola in Vaticano, lo scorso dicembre – il tema delle spose bambine e le discriminazioni sessuali contro le donne in Etiopia e in altre zone dell’Africa sono problemi che travalicano i confini del continente e dovrebbero interessare tutti”.

Per i ragazzi, le abitudini diffuse di mostrarsi “veri uomini” possono portare a comportamenti negativi. Le pressioni sociali in generale, possono essere un forte ostacolo, come ad esempio, l’incoraggiamento alle giovani coppie sposate di avere dei figli quanto prima.

Nella maggior parte dei Paesi, le leggi e le politiche devono ancora allinearsi con gli impegni degli accordi internazionali sui diritti dei giovani, o recuperare il ritardo con le condizioni reali delle loro vite. Ad esempio, molti Paesi precludono ai minorenni non sposati di ottenere contraccettivi.

Seppur complessi, questi ostacoli possono essere superati. Indipendentemente dalla loro fase di sviluppo, tutti i Paesi hanno la responsabilità di sostenere i diritti dei giovani e di aiutarli a fissare le basi per la loro vita.
Ciò include l’offerta di un’educazione di alto livello e competenza, inclusa l’assistenza sanitaria comprensiva degli aspetti relativi alla salute sessuale e riproduttiva.

I giovani hanno bisogno di opportunità per guadagnarsi da vivere e di partecipazione alle decisioni che li riguardano.
Tenuto conto delle differenze che persistono in tutte le società, sforzi particolari dovrebbero essere compiuti per raggiungere i gruppi emarginati su più fronti, in base all’età, al sesso e all’etnia.
Investire sulla gioventù è la cosa giusta da fare ed è anche intelligente per molteplici ragioni. Ad esempio, si può consentire ai Paesi in via di sviluppo di conseguire un “dividendo demografico” che può contribuire a ridurre la povertà e migliorare gli standard di vita.

Un dividendo demografico è possibile quando la percentuale di popolazione in età lavorativa cresce di più rispetto a quella che non lo è più. La cartina mostra i rapporti tra le due fasce di popolazione per i vari Paesi e la possibilità di verificare i trend,facendo scorrere il cursore degli anni, dopo essersi collegati al sito: www.unfpa.org/swop

Molti dei Paesi con le maggiori percentuali di giovani sono oggi tra i più poveri al mondo, ma sono anche quelli in procinto di una transizione demografica che può produrre il dividendo che inizia allorché i tassi di fertilità e di mortalità scendono e, al contempo, bassa è la percentuale di popolazione non più in età lavorativa. Il dividendo si presenta, pertanto, come delle risorse che si liberano per lo sviluppo economico e per una maggiore spesa pro-capite per i servizi sanitari e per un’istruzione superiore di qualità, mentre la crescita economica decolla e si instaura un circolo virtuoso in cui capacità e opportunità aumentano continuamente.
Valorizzare al massimo il dividendo demografico dipende fortemente da adeguate scelte di politica pubblica e dagli investimenti effettuati prima o durante la transizione demografica, quando un Paese passa da elevati a bassi tassi di mortalità e natalità, anche se non esistono ricette per tutti i Paesi, poiché sussistono tra loro situazioni molto diverse, anche in termini di transizione demografica.

L’agenda globale per lo Sviluppo sostenibile sta definendo gli obiettivi post-2015, da realizzare nei prossimi 15 anni, dove i bisogni, le aspirazioni e le potenzialità dei giovani devono essere posti al centro di questi obiettivi che, peraltro, non potranno essere realizzati senza di loro. In particolare, le loro preoccupazioni devono essere parte integrante di tutti gli obiettivi di sradicare la povertà; di conseguire una buona salute sotto tutti gli aspetti, di fornire un’istruzione di qualità e di accrescere i posti di lavoro dignitosi e i mezzi di sussistenza.

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