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Rapporto OCSE: la “sconvolgente” situazione sociale dell’Italia

Rapporto OCSE la sconvolgente situazione sociale dell’Italia

Dall’ultimo Rapporto dell’OCSE emerge che il nostro Paese si è dimostrato del tutto impreparato ad affrontare la disoccupazione, specie se di lunga durata, e della povertà della popolazione, accentuando le disuguaglianze. “Bisogna correre”, ma senza allenamento c’è il rischio di fermarsi presto.

ll tasso di disoccupazione a febbraio è pari al 13%, sostanzialmente stabile in termini congiunturali, ma in aumento di 1,1 punti percentuali nei dodici mesi. Lo rileva l’Istat, specificando che la disoccupazione tra i giovani (15-24 anni) è pari al 42,3%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente ma in aumento di 3,6 punti nel confronto tendenziale”.
Leggendo questo laconico comunicato dell’ANSA del 1° aprile 2014, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, in visita a Londra, avrebbe affermato: “è un dato sconvolgente”.

A noi sembra essere “ancora più sconvolgente” il quadro dell’Italia quale viene dipinto dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nella VII edizione di “Society at a Glance 2014”, dove si fa il punto sulle sfide sociali che emergono dall’inizio della crisi economica finanziaria e le risposte politiche dei vari Paesi per rispondere a tali sfide.

Secondo il Report, dal titolo “La crisi e il seguito”, nonostante un miglioramento dell’economia globale, la stretta sulla spesa pubblica in molti Paesi renderà sempre più difficile far fronte alle sfide sociali sollevate dalla crisi. E tra questi, la posizione dell’Italia rischia di diventare tra le più drammatiche.

Il reddito medio in Italia ha subito una diminuzione di circa 2.400 euro rispetto al 2007, arrivando a un livello di 16.200 euro pro capite nel 2012: si legge nella scheda dedicata al nostro Paese. Si tratta di una delle riduzioni in termini reali più significative nell’Eurozona – in media, la diminuzione dei redditi nei Paesi nell’Eurozona è pari a 1.100 Euro. La notevole riduzione dei redditi riflette il deterioramento delle condizioni nel mercato del lavoro per tutte le fasce della popolazione, i giovani in particolare. Con un livello del 55%, la percentuale di persone in età lavorativa occupate è la quarta più bassa tra i 34 Paesi dell’OCSE.

Tra il 2007 e il 2013, la disoccupazione è aumentata ad un tasso di 5.100 lavoratori per settimana, e più di un quinto dell’aumento totale della disoccupazione nell’Eurozona è dovuto all’Italia. La diminuzione dei redditi in Italia riflette la debolezza del sistema di previdenza sociale nel rispondere alle necessità di quanti hanno perso il lavoro o hanno visto il loro reddito da lavoro contrarsi. Con un tasso di disoccupazione sopra la media, il Paese ha una spesa di circa un terzo inferiore alla media degli altri Paesi UE e OCSE per trasferimenti sociali ai cittadini in età lavorativa (ad esempio, assegni di disoccupazione o sussidi alle famiglie). Allo stesso modo, la spesa per servizi rivolti agli stessi gruppi, come ad esempio corsi di formazione e assistenza nel cercare lavoro, è circa la metà della media europea e OCSE, e si è ridotta ulteriormente tra il 2007 e il 2009. In un’indagine del 2013, 7 Italiani su 10 hanno dichiarato che la spesa sociale dovrebbe essere mantenuta o aumentata.

Agli inizi della crisi finanziaria, il sistema di previdenza sociale in Italia era scarsamente preparato ad affrontare l’aumento della disoccupazione, soprattutto se di lunga durata, e della povertà tra la popolazione. Così, a causa del supporto limitato per quanti cercano attivamente lavoro, vi sono crescenti rischi che le difficoltà economiche e le disuguaglianze mettano radici nella società. Meno di 4 disoccupati su 10 ricevono un sussidio di disoccupazione e l’Italia, assieme alla Grecia, è uno dei due soli Paesi europei privi di un comprensivo sistema nazionale di sussidi rivolti ai gruppi a basso reddito. Allo stesso tempo, le famiglie relativamente più abbienti hanno maggior accesso ai benefici dal sistema di protezione sociale rispetto ad ogni altro Paese in Europa.

Con una diminuzione nei redditi del 12% in totale tra il 2008 e il 2010, il 10% più svantaggiato della popolazione ha subito perdite molto superiori rispetto al 10% più ricco, per il quale la perdita è stata pari al 2%.
Le recenti proposte di riforma del mercato del lavoro e l’estensione del sistema di previdenza sociale – attraverso sussidi di disoccupazione universali e proposte per un più unificato sistema di supporto per i lavoratori con reddito minimo – rappresentano degli importanti passi nella buona direzione. A cui si affianca la proposta riduzione della pressione fiscale per i redditi medio bassi. Tuttavia, il sistema di sostegno per i gruppi più svantaggiati in età lavorativa rimane debole in Italia e nel tempo sarà necessario analizzare nel suo complesso l’adeguatezza del sistema di previdenza sociale.

Nel 2013, la disoccupazione giovanile in Italia ha superato per la prima volta il 40% e più di 1 giovane su 5 tra i 15 e i 25 anni non è né occupato né cerca lavoro. Il cosiddetto tasso NEET (not in employment, education, or training – non occupato, né studente, ne coinvolto in un corso di formazione) è più elevato che in Messico e Spagna, e il terzo più alto tra i Paesi dell’OCSE, dopo la Grecia e la Turchia. I giovani che non hanno diritto di ricevere alcun sussidio di disoccupazione fanno spesso affidamento sulla famiglia. Tuttavia, permane per i giovani la mancanza di servizi adeguati che favoriscano l’occupazione, come ad esempio corsi di formazione e assistenza nella ricerca di lavoro, poiché questi ultimi sono più spesso riservati a quanti ricevono i sussidi di disoccupazione.

Il ritardo dei giovani nel guadagnare la loro indipendenza dalle famiglie è uno dei fattori che contribuisce al notevole ritardo nella formazione dei nuclei famigliari. In Italia, il tasso di fertilità rimane a 1.4 figli per donna, notevolmente al di sotto del tasso di rimpiazzo della popolazione, ovvero il numero di figli per donna necessario a mantenere costante il livello della popolazione, pari a 2.1. Inoltre, con meno di tre persone in età lavorativa per ogni adulto di 65 anni o più, l’Italia ha il secondo più basso tasso di sostegno tra i Paesi OCSE e molto al di sotto della media OCSE, pari a 4.2 lavoratori per anziano di 65 anni o più (Old age support rate). Inoltre, con una crescita del 50% nel numero di persone che si trasferiscono in altri Paesi OCSE dall’inizio della crisi, il fenomeno dell’emigrazione ha ulteriormente accentuato la pressione demografica che colpisce il Paese.

Seppur necessaria per far ripartire l’economia italiana e la creazione di posti di lavoro, la ripresa economica non sarà probabilmente sufficiente per porre fine alla profonda crisi sociale e del mercato del lavoro che colpisce attualmente il Paese, si sottolinea nel Rapporto. Agli sforzi per una crescita economica solida a duratura occorre affiancare investimenti per un sistema di protezione sociale più efficace che permetta di evitare che le difficoltà economiche diventino sempre più radicate nella società.

Una delle priorità per il Paese è assicurare supporto ai gruppi più vulnerabili. Da lungo tempo, si dibatte in Italia di un sussidio di disoccupazione universale e di reddito minimo garantito. La riforma del lavoro del 2012 ha fatto un importante passo avanti nel primo caso con l’introduzione dell’ASpI (nuova Assicurazione sociale per l’impiego che sostituisce dal 1° gennaio 2013: l’indennità di mobilità; l’indennità di disoccupazione non agricola ordinaria; l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti e l’indennità di disoccupazione speciale nell’edilizia) e l’attuale Governo ha proposto un ulteriore passo verso un sussidio veramente universale. È necessario che queste misure siano implementate. Oltre a cambiamenti legislativi, l’implementazione di questi provvedimenti richiede risorse adeguate e la capacità amministrativa e di erogazione dei sussidi necessaria ad assicurare che i richiedenti ricevano supporto nei giusti tempi.

Inoltre, la disponibilità e qualità delle politiche attive di sostegno ai disoccupati, come ad esempio il supporto nella ricerca di lavoro e la formazione, così come altri servizi pubblici essenziali, come servizi all’infanzia, devono essere ampliate, soprattutto rispetto alla loro copertura delle fasce più vulnerabili della popolazione. Al fine di raggiungere meglio i gruppi più vulnerabili, alcuni di questi servizi potrebbero essere combinati con programmi di assistenza sociale. Ad esempio, per quanti ricevono assegni di disoccupazione e sono in cerca di lavoro, l’accesso a servizi di assistenza all’infanzia potrebbe essere reso prioritario.

Infine, l’invito all’Italia affinché l’estensione della copertura dei sussidi di disoccupazione sia affiancata ad una più stretta condizionalità alla partecipazione a programmi di reinserimento nel mercato del lavoro, come ad esempio corsi di formazione.

Dicono le cronache giornalistiche che il Premier Renzi abbia anche aggiunto “Bisogna correre”, mutuando l’espressione dell’autore giapponese da lui apprezzato Haruki Murakami.
Ma non ci si può improvvisare “maratoneti” tout court senza un duro esercizio di scrupolosi allenamenti. “La barriera tra una sana fiducia in se stessi e un malsano orgoglio è molto sottile”, ammonisce Murakami.

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