Sebbene l’inquinamento da ozono stia diminuendo in molte parti degli Stati Uniti, dell’Europa occidentale e del Giappone, molte persone che vivono in quei Paesi sperimentano ancora più di una dozzina di giorni all’anno in cui i livelli di irritazione polmonare superano gli standard sanitari.
di Fabio Bastianelli
Elementa – Science of the Anthropocene , una rivista trans-disciplinare a libero accesso e sottoposta a peer-reviewed, impegnata a facilitare la ricerca collaborativa con l’obiettivo ultimo di accelerare le soluzioni scientifiche alle sfide presentate da questa era di impatto umano, ha appena pubblicato due Studi dedicati all’inquinamento da ozono troposferico, nell’ambito del “Tropospheric Ozone Assessment Report”(TOAR):
– “Assessment of global-scale model performance for global and regionale ozone distributions, variability , and trends“;
– “Present-day distribution and trends relevant to human health”.
“Il TOAR non è solo un rapporto – ha affermato l’attuale Presidente del Comitato direttivo del TOAR Owen Cooper, scienziato del Cooperative Institute for Research in Environmental Sciences (CIRES) dell’Università di Colorado-Boulder, che lavora presso la National Oceanic and Atmospheric Administration(NOAA) l’Agenzia federale statunitense che si interessa di Meteorologia, attuale Presidente del Comitato direttivo del TOAR – Abbiamo creato il più grande database di ozono superficiale dalle osservazioni orarie di oltre 4.800 siti di monitoraggio in tutto il mondo, e stiamo rendendo questi dati liberamente disponibili a chiunque voglia investigare l’impatto dell’ozono sulla salute umana, sulla vegetazione e sul clima”.
Particolarmente allarmante è il quadro che emerge dal secondo Studio, dove si sottolinea che, sebbene l’inquinamento da ozono stia diminuendo in molte parti degli Stati Uniti, dell’Europa occidentale e del Giappone, ci sono molte persone che vivono nei Paesi di quelle aree geografiche che sperimentano ancora più di una dozzina di giorni all’anno in cui i livelli di irritazione polmonare superano gli standard sanitari.
Il team internazionale di scienziati di 13 istituzioni e università che ha compilato e analizzato il database sull’inquinamento globale dell’ozono spera così di fornire a ricercatori e responsabili della salute pubblica una migliore comprensione dei trend e dei modelli di esposizione in tutto il mondo.
L’ozono troposferico (O3) ovvero quello a livello del suolo è un gas serra e un inquinante atmosferico che, a livelli elevati, è dannoso per la salute umana e la produttività delle colture e degli ecosistemi.
L’ozono troposferico è un inquinante secondario, affermano gli scienziati, il che significa che non viene emesso direttamente, ma si forma quando la luce solare innesca reazioni tra le emissioni chimiche naturali e quelle provocate dall’uomo, note come gas precursori dell’ozono.
Le emissioni prodotta dai veicoli, dalle centrali elettriche, dagli impianti industriali e dalle altre attività umane sono una causa primaria dell’ozono superficiale, che è uno dei sei principali inquinanti regolamentati sia nel Clean Air Act degli USA sia nel Programma Clean Air for Europe dell’UE e le relative Direttive europee sui limiti di esposizione.
Dagli Studi del TOAR viene la conferma che, dagli anni ’90, i gas precursori che formano l’ozono sono in calo in Nord America e in Europa, ma sono aumentati notevolmente in Asia.
Finora i database dell’ozono, limitati e frammentati, non permettevano agli scienziati di rispondere a domande basilari sulla distribuzione e sulle tendenze dell’inquinamento da ozono in molte parti del mondo:
– in quali regioni del mondo le persone sono soggette ad una maggiore esposizione all’ozono?
– in che misura l’ozono aumenta nei Paesi in via di sviluppo?
– le normative sulla qualità dell’aria hanno ridotto i livelli di ozono nei Paesi sviluppati?
Per rispondere a queste e ad altre domande, il team di ricerca del TOAR ha prodotto la prima valutazione scientifica su scala globale dell’ozono troposferico, basata su tutte le osservazioni di superficie disponibili e sulla letteratura scientifica sottoposta a revisione.
Tra i principali risultati delle ricerche, si segnalano:
– tra il 2010 e il 2014, , in parti della California, dell’Arizona, del Colorado, del Texas, del Midwest e del Medio Atlantico si sono verificati più di 15 giorni all’anno in cui i livelli di ozono hanno superato lo standard di qualità dell’aria negli Stati Uniti di 70 parti per miliardo (ppb) in media su 8 ore;
– anche in alcune aree dell’Europa meridionale, della Corea del Sud, del Giappone meridionale e della Cina hanno sperimentato più di 15 giorni all’anno in cui i livelli di ozono hanno superato le 70 ppb;
– in alcune zone dell’Asia, dell’Africa e del Sud America, i ricercatori hanno identificato lacune nei dati che hanno impedito loro di caratterizzare i modelli di esposizione all’inquinamento da ozono, anche se, nel complesso, i siti dell’emisfero meridionale tendono ad avere livelli inferiori di inquinamento da ozono e meno giorni al di sopra dei 70 ppb.
Nonostante nell’UE i limiti di esposizione all’ozono siano più bassi di quelli statunitensi e decisamente inferiori a quelli stabiliti dall’OMS, il Rapporto “Air Quality in Europe 2017 dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) ha sottolineato che il 30% della popolazione urbana dell’UE-28 è stata esposta a livelli di O3 superiori al valore obiettivo dell’UE nel 2015, mentre secondo le Linee Guida dell’OMS sarebbe circa il 95%. L’esposizione a O3 avrebbe causato la morte prematura di circa 14.400 persone in 41 Paesi europei nel 2014, e a guidare la triste classifica è l’Italia con quasi 3.000, seguita dalla Germania (2.200).
In Italia, secondo il Rapporto “Mal’Aria 2018” di Legambiente, diffuso la settimana scorsa, 44 città capoluoghi di provincia nel 2017 hanno superato il limite di ozono consentito di 25 giorni nell’anno solare: le città peggiori, che hanno superato più del triplo il limite sono Catanzaro con 111 superamenti; Varese(82), Bergamo (80), Lecco (78), Monza (78) e Mantova (77).
“Nonostante alcune riduzioni delle emissioni di inquinanti atmosferici in Europa e Nord America, gli impatti della salute umana derivanti dall’ozono sono ancora motivo di preoccupazione in tutto il mondo e stanno aumentando in alcune parti dell’Asia orientale, con il potenziale di gravi effetti sulla salute delle popolazioni residenti – ha affermato la principale autrice dello Studio, Zoё Fleming, Chimica dell’Atmosfera al National Centre for Atmospheric Science(NCAS) dell’Università di Leicester – C’è una crescente consapevolezza degli impatti sulla salute umana determinati dalla cattiva qualità dell’aria e poter usufruire liberamente dei dati disponibili e diffondere i risultati dello studio potranno informare il pubblico sulle implicazioni sanitarie dell’ozono”.
Il prossimi studi del TOAR forniranno una valutazione globale dei livelli di ozono sperimentati dalla vegetazione, dei livelli di ozono osservati che influenzano il clima e un’analisi storica che indaga su come i livelli di ozono siano cambiati in tutto il mondo dall’inizio del XX secolo.
In copertina : fonte: Climate & Clean Air Coalition (CCAC)