Clima Mari e oceani

Oceani: il colore sta cambiando a causa dei cambiamenti climatici

Uno Studio appena pubblicato rileva che il colore degli oceani è cambiato in modo significativo negli ultimi 20 anni quale conseguenza dei cambiamenti climatici indotto dall’uomo, indicando che anche gli ecosistemi all’interno della superficie oceanica stanno cambiando, dal momento che il colore dell’oceano è un riflesso degli organismi e dei materiali presenti nelle sue acque.

Il colore degli oceani è cambiato in modo significativo negli ultimi 20 anni e la tendenza globale è probabilmente una conseguenza dei cambiamenti climatici indotti dall’uomo.

Lo rileva lo Studio Global climate-change trends detected in indicators of ocean ecology”, condotto ricercatori del National Oceanography Centre (Gran Bretagna), del Massachusetts Institute of Technology (MIT) e delle Università del Maine e dell’Oregon (USA) e pubblicato su Nature il 12 luglio 2023.

Secondo il team di scienziati i cambiamenti nel colore dell’oceano, sebbene impercettibili all’occhio umano, si sono verificati in oltre il 56% degli oceani del mondo, una distesa più grande della superficie terrestre totale della Terra.

In particolare, i ricercatori hanno scoperto che le regioni oceaniche tropicali vicino all’equatore sono diventate costantemente più verdi nel tempo, indicando che anche gli ecosistemi all’interno dell’oceano superficiale sono cambiati, dal momento che il colore dell’oceano è un riflesso letterale degli organismi e dei materiali presenti nelle sue acque.

I ricercatori non sono in grado di dire in che modo esattamente gli ecosistemi marini stiano cambiando per far cambiare il colore, ma sono abbastanza sicuri di una cosa: i cambiamenti climatici indotti dall’uomo ne è probabilmente il motore.

Per anni ho eseguito simulazioni che mi hanno detto che questi cambiamenti nel colore dell’oceano si sarebbero verificati – ha affermato Stephanie Dutkiewicz, Ricercatrice senior presso il Dipartimento della Terra, Scienze Atmosferiche e Planetarie del MIT – Vederlo realmente accadere non è sorprendente, ma spaventoso. E questi cambiamenti sono coerenti con i cambiamenti indotti dall’uomo nel nostro clima“.

Ciò fornisce ulteriori prove di come le attività umane stiano influenzando la vita sulla Terra su un’enorme estensione spaziale – ha aggiunto Brendan Barry Cael, Professore associato al National Oceanography Centre di Southampton e principale autore dello Studio – È un’ulteriore attestazione del modo in cui gli esseri umani stanno influenzando la biosfera”.

Il colore dell’oceano è un prodotto visivo di ciò che si trova all’interno dei suoi strati superiori. In generale, le acque di un blu intenso riflettono pochissima vita, mentre le acque più verdi indicano la presenza di ecosistemi e principalmente di fitoplancton, abbondante nell’oceano superiore e che contengono il pigmento verde clorofilla che aiuta il plancton a raccogliere la luce solare, catturando l’anidride carbonica dall’atmosfera e convertirla in zuccheri.

Il fitoplancton è il fondamento della rete alimentare marina che sostiene organismi progressivamente più complessi, dal krill, a pesci, uccelli marini e mammiferi marini. Il fitoplancton è anche un potente muscolo per la capacità dell’oceano di catturare e immagazzinare anidride carbonica. Gli scienziati monitorano il fitoplancton sulla superficie degli gli oceani per comprendere come queste comunità essenziali potrebbero rispondere ai cambiamenti climatici. Per fare ciò, gli scienziati hanno monitorato i cambiamenti nella clorofilla, in base al rapporto tra la quantità di luce blu rispetto a quella verde riflessa dalla superficie dell’oceano, che può essere osservata dallo spazio

Oltre un decennio fa, Stephanie Henson, del National Oceanography Centre di Southampton e co-autrice dell’attuale Studio, ha pubblicato con altri ricercatori uno Studio che ha dimostrato come, se gli scienziati monitorassero solo la clorofilla, ci vorrebbero almeno 30 anni di rilevamenti continui per osservare una qualche tendenza indotta dai cambiamenti climatici, individuandola tra il rumore di fondo e la normalità.

Nel 2019, Dutkiewicz e i suoi colleghi hanno pubblicato un altro Studio che mostrava attraverso un nuovo modello che la variazione naturale in altri colori dell’oceano è molto più piccola rispetto a quella della clorofilla. Pertanto, qualsiasi segnale di modifica indotta dai cambiamenti climatici dovrebbe essere più facile da rilevare rispetto alle variazioni più piccole e normali di altri colori oceanici, prevedendo che tali cambiamenti dovrebbero essere evidenti entro 20, anziché 30 anni di monitoraggio.

Così ho pensato che non abbia senso cercare una tendenza in tutti questi altri colori, piuttosto che nella sola clorofilla – ha aggiunto Cael – Vale la pena guardare l’intero spettro, piuttosto che cercare solo di stimare un dato da frammenti dello spettro”.

Nello studio attuale, Cael e il team hanno analizzato le misurazioni del colore dell’oceano effettuate dal Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer (MODIS) a bordo del satellite Aqua, che monitora il colore dell’oceano da 21 anni. MODIS effettua misurazioni in sette lunghezze d’onda visibili, inclusi i due colori che i ricercatori usano tradizionalmente per stimare la clorofilla. Le differenze di colore rilevate dal satellite sono troppo sottili per essere percepite dall’occhio umano. Gran parte dell’oceano appare blu ai nostri occhi, mentre il vero colore può contenere un mix di lunghezze d’onda più sottili, dal blu al verde e persino al rosso.

Mappa delle località in cui il rapporto segnale- rumore (SNR) di tendenza del colore dell’oceano è superiore a 2 per una serie temporale annuale di 20 anni. L’intensità del colore viola indica SNR e la punteggiatura nera indica le regioni con variazioni significative di Clorofilla (12% dell’oceano). Dati MODIS-Aqua da luglio 2002 a giugno 2022.

Cael ha effettuato un’analisi statistica utilizzando tutti e sette i colori dell’oceano misurati insieme dal satellite dal 2002 al 2022. Per prima cosa ha osservato quanto i sette colori cambiassero da regione a regione durante un dato anno, il che gli ha dato un’idea delle loro variazioni naturali. Quindi ha ampliato ad un periodo più lungo di due decenni per vedere come queste variazioni annuali nel colore dell’oceano fossero cambiate. Questa analisi ha evidenziato una chiara tendenza, al di sopra della normale variabilità da un anno all’altro.

Per vedere se questa tendenza sia correlata ai cambiamenti climatici, ha poi esaminato il modello di Dutkiewicz del 2019, che ha simulato li oceani della Terra in due scenari: uno con l’aggiunta di gas serra e l’altro senza. Il modello dei gas serra ha previsto che una tendenza significativa dovrebbe manifestarsi entro 20 anni e che causerebbe cambiamenti nel colore degli oceani in circa il 50% degli oceani superficiali del mondo, quasi esattamente ciò che Cael ha trovato nella sua analisi dei dati satellitari del mondo reale.

Questo suggerisce che le tendenze che osserviamo non sono una variazione casuale nel sistema terrestre – ha aggiunto Cael – Ciò è coerente con i cambiamenti climatici antropogenici“.

I risultati dello studio mostrano che il monitoraggio dei colori degli oceani oltre la clorofilla potrebbe offrire agli scienziati un modo più chiaro e veloce per rilevare i cambiamenti causati dai cambiamenti climatici negli ecosistemi marini.

Il colore degli oceani è cambiato – ha concluso Dutkiewicz – E non possiamo spiegare come. Ma possiamo dire che i cambiamenti di colore riflettono i cambiamenti nelle comunità di plancton, che avranno un impatto su tutto ciò che si nutre di plancton. Cambierà anche in base all’assorbimento di carbonio da parte dell’oceano, perché diversi tipi di plancton hanno capacità diverse per farlo. Quindi, speriamo che le persone lo prendano sul serio. Non sono solo i modelli a prevedere che questi cambiamenti avverranno. Ora possiamo vederlo accadere con il cambiamento dell’oceano“.

La ricerca è stata supportata, in parte, dalla NASA.

In copertina: L’immagine satellitare dell’Ansa tedesca (Deutsche Bucht) nel Mar del Nord, delimitata dai Paesi Bassi e Germania a sud e da Germania e Danimarca ad est, ampia 70.000 chilometri quadrati mostra la fioritura algale che in primavera produce circa 10 milioni di tonnellate di biomassa (Fonte: NASA Earth Observatory).

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