Sostenibilità

Moda sostenibile: le aziende italiane sono pronte per la transizione?

Una ricerca di Process Factory condotta su 100 aziende della moda che hanno avviato il percorso “4sustainability”, un innovativo framework di implementazione e un marchio registrato che garantisce le performance di sostenibilità della filiera, ideato dalla stessa società, rileva che su materiali e riciclo il percorso è ancora nella fase di attuazione.

Nel mondo della moda, la sostenibilità non è più un auspicio, ma un preciso requisito che ormai viene richiesto tanto dai grandi brand quanto dai consumatori.
Alla recente COP26 l’industria mondiale della moda ha aggiornato, a tre anni dal lancio alla COP24, la “Fashion Industry Charter for Climate Action”, per ridurre l’impronta carbonica del settore, adeguandola ai nuovi obiettivi climatici globali. Nel corso dell’evento di presentazione della nuova Carta, più di 50 grandi brand hanno sottoscritto l’Appello rivolto ai Governi per incentivare l’uso di materiali ecocompatibili, attraverso l’introduzione di una tariffazione preferenziale per fibre organiche e riciclate, al fine di incentivare l’uso di materiali ecocompatibili, presentato da Textile Exchange, Ong globale che promuove le best practice per rendere sostenibile la catena di creazione di valore del prodotto tessile, orientando le grandi industrie del settore verso un percorso di sviluppo e crescita sostenibile e responsabile.

Le aziende della filiera italiana si stanno mostrando pronte a questa transizione?
Se ne è discusso all’Evento Annuale 4sustainability dal titolo “Numeri primi: il Rinascimento sostenibile della filiera moda”, giunto alla sua IX edizione, svolto in formato digitale (il secondo atto avrà luogo in presenza in giugno 2022 in occasione di Pitti a Firenze) e dedicato alla presentazione dei risultati della ricerca di Process Factory, società specializzata nel supportare la trasformazione dei modelli di business in ottica sostenibile, aderente al Global Compact dell’ONU e membro, tra gli altridi Textile Exchance, condotta su 100 aziende della moda che hanno avviato il percorso “4sustainability, un innovativo framework di implementazione e un marchio registrato che garantisce le performance di sostenibilità della filiera del fashion & luxury, ideato dalla stessa società, alla quale hanno aderito finora 160 aziende rappresentative della migliore filiera italiana, mentre sono circa 15 i brand internazionali – brand singoli e gruppi a cui fanno capo più brand – che hanno inserito standard di sostenibilità nelle loro strategie di qualifica e monitoraggio della filiera, tra i quali figura 4sustainability®.

Il sistema 4sustainability® si fonda sulla realizzazione di progetti concreti, i cui esiti sono monitorati nel tempo attraverso la verifica di indicatori qualitativi e quantitativi (Key Performace Indicators) che consentono di valutare i risultati aziendali raggiunti. È la prima volta che Process Factory ha reso noti i risultati di un campione di 100 aziende aderenti alla roadmap 4sustainability, che è composto come segue:
– il 70% appartiene alla filiera materie prime e semilavorati;
– 20% a lavorazioni con chimica interna;
– 6% a capi e prodotti finiti;
– 3% ad accessori e componenti;
– 1% a lavorazioni senza chimica interna.

Il 68% delle aziende ha processi di lavorazione interni. A livello di fatturato, il 46% del campione si colloca entro i 9 milioni di euro annui, il 40% entro i 49 milioni, il 13% tra i 50 e 249 milioni. Appena l’1% supera i 250 milioni di euro all’anno. Il campione rappresenta i diversi attori e i diversi distretti in cui 4sustainability è più adottato.

Ne emerge che le aziende ottengono risultati migliori quando sono guidate da una chiara strategia (Commitment, Politica, Reporting, ecc.) e quando ci sono delle specifiche figure dedicate alla sostenibilità (es. Chemical ManageroSustainability Manager). Meglio ancora se dispongono di un budget.
Questo conferma – ha affermato Francesca Rulli, CEO di Process Factory e ideatrice di 4sustainability  – che in questo percorso sono fondamentali il volere dall’alto, l’esempio, la leadership innovativa”.

Gli esiti della ricerca evidenziano un buon livello di conoscenza da parte della filiera delle 6 tematiche di trasformazione, derivanti dai 6 pilastri del quadro di 4sustainability:
– Trace : tracciabilità dei processi e monitoraggio della filiera. Su questo tema la filiera lavora da tempo perché è la base per altre attività: ne sono la prova i punteggi alti o medio-alti raggiunti da oltre il 65% del campione.
Materials: conversione all’uso di materiali a minore impatto per una produzione sostenibile. Si tratta di una dimensione fortemente richiesta ma ancora poco integrata in una strategia.
– Chem: eliminazione delle sostanze chimiche tossiche e nocive dai cicli produttivi. Il 76% delle aziende del campione ha già avviato un percorso per l’eliminazione delle sostanze chimiche tossiche e nocive in produzione, raggiungendo per il 79% il livello advanced. “Il dato dimostra che le aziende hanno bisogno di un supporto strutturato e deciso e di strumenti ad hoc – ha precisato la Rulli – questo permette loro di essere più efficienti nella trasformazione e ridurre più velocemente il loro impatto, fornendo quelle garanzie che sono sempre più richieste dai brand”.
– People: crescita del benessere organizzativo. Da anni la filiera si preoccupa della social compliance, come dimostrano le buone performance ottenute, ma sul fronte del benessere organizzativo ci sono ancora ampi margini di miglioramento.
Planet: uso consapevole delle risorse per la riduzione dell’impatto ambientale“Il 56% delle aziende si deve accontentare di un rating più basso, soprattutto perché non dispone di sistemi di raccolta e analisi dei dati – ha spiegato la CEO di Process Factory –Capita ancora spesso che si intraprendano iniziative senza però misurarne i risultati”.
Clicle: sviluppo di pratiche di riuso, riciclo e design sostenibile. Qui i punteggi sono ancora medi o medio-bassi, a testimonianza di un percorso ancora in fase di attuazione.

Un recente Report di EMF ha evidenziato che i modelli di business circolari per la moda possono rappresentare per le aziende un’occasione di crescita, costituendo entro il 2030 il 23% del mercato e fornire al contempo notevoli contributi alla sostenibilità.

Peraltro, il campione analizzato nella ricerca di Process Factory e già più sensibile della media, perché ha realizzato almeno un pillar del framework 4sustainability, suggerendo che il mercato, in generale, abbia ancora molto da fare. 
Il percorso verso la sostenibilità si potrà realizzare in modo efficace soltanto se i brand struttureranno richieste armonizzate e le monitoreranno concretamente, premiando i fornitori capaci di assicurare davvero una produzione sostenibile e permettendo loro di continuare a investire in questa direzione – ha osservato la Rulli – È una partita che si vince solo con il contributo reale e bilanciato dalle due parti; in caso contrario, le realtà della filiera rischiano di doversi sobbarcare da sole un percorso molto impegnativo. D’altra parte, non esiste azienda o brand sostenibile senza una filiera produttiva che è anch’essa sostenibile”.

Dal dibattito che è seguito alla presentazione dei dati della ricerca, al quale hanno partecipato prestigiosi ospiti internazionali: Elisa Gavazza (Southern Europe Director ZDHC), La Rhea Pepper (CEO e co-fondatore di Textile Exchange), Payal Luthra (Global Apparel&Textile Lead WWF), Hakan Karaosman (Social Scientist University College Dublin), Maria Teresa Pisani (Economic Affairs Officer UNECE) e Andrea Crespi (Vicepresidente Sistema Moda Italia), moderati da Matteo Ward (CEO and Co-founder Wrad), tra i numerosi spunti emersi, tre sembrano aver messo tutti d’accordo:

la sostenibilità non è una questione di prezzo ma di valore ed è sul valore – dei prodotti e dei processi a monte – che bisogna concentrarsi;

la sostenibilità richiede un cambiamento di mindset che deve necessariamente coinvolgere il consumatore: educare il consumatore è responsabilità del brand;
la collaborazione è una sfida che chiama in causa chi progetta e vende (il brand), chi produce (filiera) e chi compra e utilizza (consumatore).

Quello appena trascorso è stato un anno importante, il cui il framework 4sustainability è stato testato su 100 aziende della filiera (quelle del campione della nostra ricerca) e applicato da un numero che già oggi si avvicina al doppio – ha concluso Francesca Rulli che ha presentato nell’occasione la nuova versione di 4sustainability® Ora che abbiamo validato il sistema anche con la costituzione di un Advisory Board per il suo sviluppo, la sfida è renderlo disponibile su vasta scala a quante più realtà possibili del mondo produttivo. Una tecnologia altamente performante per la digitalizzazione del framework risponderà a questo scopo”.

In copertina: La Sartoria © Process Factory

Marcella Garaffa

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