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Mediterraneo: il mare che rischia di più per i cambiamenti climatici

Il nuovo Rapporto del WWF sugli effetti dei principali impatti dei cambiamenti climatici nel Mare Mediterraneo conferma la sua tropicalizzazione con conseguenze su tutta la biodiversità marina e sui mezzi di sussistenza delle comunità locali. L’aumento di aree marine protette contribuirebbe ad aumentare la resilienza del Mediterraneo e dei suoi ecosistemi unici.

In occasione della Giornata Mondiale degli Oceani (8 giugno 2021), il WWF – Mediterraean Marine Initiative ha pubblicato il nuovo RapportoGli effetti del cambiamento climatico nel Mediterraneo. Sei storie da un mare sempre più caldo” dove vengono segnalati i 6 principali impatti che il cambiamento climatico ha su tutta la biodiversità marina e l’entità dei mutamenti risultanti nelle principali specie ittiche e habitat con conseguenze sulla sussistenza delle comunità locali.

Il WWF mostra come il cambiamento climatico abbia già trasformato, a volte in modo irreversibile, alcuni dei più importanti ecosistemi marini del Mediterraneo, con conseguenze per settori economici come la pesca e il turismo, e cambiamenti nel nostro consumo di pesce. È necessaria un’azione urgente per mitigare ulteriori emissioni di gas serra e per adattarsi alla nuova realtà di un mare destinato a riscaldarsi. 

Il Mediterraneo di oggi non è più quello di una volta – ha dichiarato Giulia Prato, responsabile Mare WWF Italia – La sua tropicalizzazione è già avanzata. Il cambiamento climatico non è un tema del futuro, è una realtà che oggi scienziati, pescatori, subacquei, comunità costiere e turisti stanno già vivendo. La posta in gioco è molto alta tenendo conto dei benefici che il Mar Mediterraneo potrebbe offrire. Se vogliamo invertire questa tendenza dobbiamo ridurre la pressione umana e costruire la resilienza. Ecosistemi sani e una fiorente biodiversità sono le nostre migliori difese naturali contro gli impatti climatici“.

Il WWF sottolinea la pericolosa relazione tra l’impatto climatico e le attuali pressioni umane sulla vita marina, come la pesca eccessiva, l’inquinamento, lo sviluppo antropico costiero e la navigazione che hanno già drasticamente ridotto la resilienza ecologica del Mediterraneo, ovvero la sua capacità di rigenerarsi.

Quasi 1.000 specie aliene si sono già adattate a vivere nelle calde acque del Mar Mediterraneo e stanno sostituendo le specie endemiche, mentre condizioni meteorologiche sempre più estreme devastano fragili praterie di fanerogame marine e i banchi di corallo e minacciano le nostre città e le coste.

In tutta la regione si stanno verificando cambiamenti negli habitat e nelle popolazioni ittiche. I molluschi autoctoni sono diminuiti di quasi il 90% nelle acque israeliane, specie invasive come il pesce coniglio costituiscono l’80% delle catture di pesce in Turchia e specie meridionali come barracuda e cernie brune sono diventate osservazioni comuni nelle acque settentrionali della Liguria. Le comunità costiere hanno iniziato ad adattarsi alla nuova realtà, imparando a catturare e cucinare nuove specie come meduse, pesci coniglio, e altri esemplari alieni come nuove prelibatezze di mare, installando reti intorno alle spiagge per tenere fuori le meduse che potrebbero anche essere utilizzate nel settore cosmetico.
 
Le temperature più calde e le tempeste stanno trasformando anche i fondali delle acque profonde. Praterie endemiche di Posidonia, gorgonie e Pinna nobilis sono diminuite in tutta la regione, fino ad estinguersi completamente in alcune aree. La perdita di queste specie avrebbe un impatto drammatico sull’intero ecosistema marino poiché forniscono habitat vitali per molte specie, producono benefici nella lotta al cambiamento climatico poiché alcune di esse funzionano come serbatoi naturali di carbonio e anche per la nostra economia poiché spesso attirano subacquei e turisti. Le aree marine protette ben gestite possono fare molto per ridurre il più possibile lo stress sulle restanti popolazioni. Questi casi mostrano chiaramente il forte nesso tra clima e oceano e la necessità di una migliore protezione marina per ripristinare la biodiversità e gli stock ittici e ricostruire la resilienza del Mediterraneo.

Dagli scenari degli esperti sul futuro del Mediterraneo, come l’accelerazione dell’aumento delle temperature e l’ingresso di numerose specie aliene, il Mare Nostrum rischia di cambiare volto in tempi rapidissimi con inevitabili conseguenze per le comunità – ha dichiarato Donatella Bianchi, Presidente del WWF Italia Ora più che mai è necessario puntare sulla superficie di mare protetto, almeno il 30% entro il 2030 così come prevede anche la nuova Strategia sulla Biodiversità UE. Le Aree marine protette, infatti, sono uno strumento essenziale per la resilienza dei nostri mari e degli ecosistemi che li rendono unici. La migliore cura è investire sulla Natura e aiutarla a rigenerarsi“.

Il WWF chiede che il 30% del Mediterraneo sia protetto efficacemente entro il 2030. In un altro Rapporto del WWF presentato lo scorso febbraio, indicava che la protezione efficace di specifiche aree, unita alla gestione sostenibile delle attività economiche nella restante parte del bacino, garantirebbe l’aumento degli stock ittici commerciali e una ripresa significativa dell’intero ecosistema marino. Le catture degli sparidi (come saraghi, dentici, ecc) potrebbero aumentare dal 4% al 20% e quelle dei grandi pesci demersali (che vivono sui fondali) di interesse commerciale (ad esempio il nasellofino al 5%, per un patrimonio complessivo stimato di 450 miliardi di dollari all’anno.

Quello dell’effetto della crisi climatica è solo il primo dei temi proposti dalla Campagna GenerazioneAzioneMare del WWF Italia che vedrà per tutta l’estate volontari, ricercatori, velisti, sub e apneisti impegnati nella difesa collettiva del nostro Capitale Blu. Il calendario degli eventi verrà lanciato nei prossimi giorni insieme al Manifesto di Campagna con gli obiettivi di tutela per il 2021. 
 

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