Biodiversità e conservazione Fauna Mari e oceani

Mediterraneo: tutela al 30% rigenera la biodiversità e sostiene la pesca

Secondo un nuovo Rapporto del WWF, gli stock ittici del Mediterraneo, inclusi quelli di grande valore, potrebbero rigenerarsi, espandendo al 30% le aree protette (AMF e OECM) entro il 2030, mentre oggi meno del 10% è indicato come “protetto”, e solo poco più dell’1% è effettivamente tutelato.

Gli stock ittici del Mediterraneo, inclusi quelli di grande valore commerciale di nasello e cernia, potrebbero rigenerarsi se il 30% del mare venisse protetto efficacemente.

È quanto emerge dal Rapporto30X30: possibili scenari per rigenerare la biodiversità e gli stock ittici del Mediterraneo” (30BY30: Scenarios to recover biodiversity and rebuild fish stocks in the Mediterranean), diffuso il 25 febbraio 2021 dal WWF e condotto in collaborazione con i ricercatori del CNRS-CRIOBE Francese, l’Ecopath International Initiative e l’ICM-CSIC Spagnolo.

Considerando che ad oggi, solo il 9,68% del Mar Mediterraneo è indicato come “protetto” e che solo l’1,27% è effettivamente tutelato, il Rapporto indica gli scenari per l’attività di conservazione, analizzando i benefici che l’interruzione della pesca insostenibile e della pesca illegale, e di altre attività dannose in aree selezionate, porterebbe alla biodiversità marina e alle popolazioni ittiche

L’analisi scientifica compiuta evidenzia che nei prossimi anni, se la pesca insostenibile e le altre attività industriali proseguiranno agli stessi livelli di oggi, gli stock ittici nel Mediterraneo continueranno a diminuire. Il 75% degli stock ittici studiati nel Mediterraneo sono sovrasfruttati e le temperature stanno aumentando del 20% più velocemente della media globale. La pandemia da Covid-19, con la riduzione delle attività dovuta ai lockdown e alla diminuzione della domanda di pesce a causa della chiusura di mercati locali e ristoranti, ha colpito gravemente il settore della pesca a livello globale e soprattutto nel Mediterraneo.

In contrasto a questo trend, il report conferma che la protezione efficace di specifiche aree, fino a raggiungere il 30% del Mar Mediterraneo, unita alla gestione sostenibile delle attività economiche nella restante parte del bacino, garantirebbe l’aumento di questi stessi stock ittici commerciali e una ripresa significativa dell’intero ecosistema marino. I risultati dello studio, inoltre, mostrano che le catture degli sparidi (come saraghi, dentici, ecc) potrebbero aumentare dal 4% al 20% e quelle dei grandi pesci demersali (che vivono sui fondali) di interesse commerciale (ad esempio il nasello) fino al 5%, per un patrimonio complessivo stimato di 450 miliardi di dollari all’anno.

Nel Mediterraneo Occidentale, per cui sono disponibili più dati scientifici, l’analisi mostra aumenti potenziali degni di nota: la biomassa di predatori come gli squali potrebbe aumentare fino al 45%, mentre la biomassa di specie commerciali come le cernie potrebbe aumentare del 50% e il nasello potrebbe perfino raddoppiare la sua biomassa. Anche il tonno rosso, la popolazione più iconica e commercialmente importante del Mediterraneo, potrebbe potenzialmente rigenerare la sua biomassa fino a un aumento record del 140%.

“Oggi abbiamo la prova scientifica che la protezione di aree chiave del Mediterraneo è un modo efficace per ricostituire gli stock ittici più importanti e fermare la drammatica perdita di specie e habitat che sta minacciando il nostro mare – ha dichiarato Marina Gomei, del WWF Mediterranean Marine Initiative – Queste aree marine hanno un enorme potenziale per sostenere il settore della pesca e le economie locali, già ampiamente  colpite dalla pandemia da Covid-19, e aumentare la nostra resilienza contro i cambiamenti climatici. Il prossimo decennio deve vedere il Mar Mediterraneo di nuovo al centro delle agende ecologiche ed economiche dei nostri Governi se vogliamo assicurare un futuro per il quasi mezzo miliardo di persone che vivono nella regione”.

Quest’anno i leader mondiali dovranno adottare un nuovo Piano Globale post-2020 per la Biodiversità per fermare e invertire la perdita di Natura. Più di 50 Paesi, inclusa l’Italia, hanno già chiesto un impegno per proteggere il 30% del Pianeta entro il 2030. Questo impegno dovrebbe poi essere applicato dai Paesi Mediterranei nel Piano regionale per la biodiversità da adottare a dicembre alla 22ma Conferenza delle Parti della Convenzione di Barcellona. A tal fine, il WWF chiede a tutti i governi Mediterranei di sviluppare tempestivamente dei piani di azione regionali e nazionali più ambiziosi per fornire una protezione adeguata al Mar Mediterraneo Il WWF chiede ai Paesi del Mediterraneo, espandendo la copertura delle AMP (le aree marine protette il cui obiettivo è la conservazione), e delle OECM (Other Effective area based Conservation Measures, che forniscono un’efficace conservazione della biodiversità in situ indipendentemente dai propri obiettivi) fino al 30% del Mar Mediterraneo.

Al Vertice One Planet dello scorso gennaio, è stata presentata, tra le altre, l’iniziativa The Mediterranean exemplary sea by 2030, co-presieduta da Spagna, Francia e Principato di Monaco, e di cui fa parte anche l’Italia, che si incentra su 4 obiettivi:
proteggere il 30% dell’area marina e rinforzare ulteriormente la protezione dell’attuale 10%;
porre fine alla pesca eccessiva entro il 2030;
mettere al bando la plastica monouso entro il 2030;
rendere più verdi i trasporti marittimi.
L’iniziativa sarà il punto di partenza per il coinvolgimento non solo degli Stati, ma anche degli attori regionali, le rappresentanze di base, la società civile e il settore privato.

In particolare, l’Italia è una delle nazioni con la maggiore responsabilità per il raggiungimento degli obiettivi al 2030 nel Mediterraneo, poiché le sue coste sono lambite da 3 delle 6 aree che, se protette, si prevede forniscano i maggiori benefici di conservazione: Mediterraneo nord-occidentale, Canale di Sicilia e Mare Adriatico. Nel nostro Paese però molto deve essere ancora fatto: secondo l’analisi condotta nel 2019 da WWF infatti, soltanto l’1,67 % delle aree marine a vario titolo protette italiane, incluse AMP e siti Natura2000, sono gestite in modo efficace attraverso piani di gestione implementati.

Secondo il WWF, sono 4 le azioni che l’Italia deve necessariamente compiere entro il Super Year of Biodiversity (il 2021, perché avrà luogo la Conferenza della PartiCOP15 della Convenzione ONU sulla Diversità Biologica CBD, che dovrà adottare la Strategia per il prossimo decennio, prevista ad ottobre 2020, ma riprogrammata per maggio 2021 a causa della pandemia) se intende mantenere gli impegni presi al 2030:
1) identificazione, tramite Direttiva ministeriale, di obiettivi SMART (Specifici, Misurabili, Realizzabili, Rilevanti, Temporizzabili) per tutte le AMP, da definire con il sostegno del Ministero dell’Ambiente e di ISPRA o enti di ricerca analoghi, per aumentarne l’efficacia nella conservazione degli ecosistemi marini;
2) identificazione di obiettivi SMART per tutti i siti Natura 2000, da parte degli enti preposti alla loro gestione, per aumentarne l’efficacia nella conservazione degli ecosistemi marini e per contribuire al raggiungimento del Buono Stato Ambientale;
3) eliminazione delle attività illegali, ancora troppo diffuse nelle AMP e nei siti Natura 2000;
4)  formalizzazione a livello nazionale di sistemi locali di cogestione per condividere la responsabilità dell’identificazione e gestione delle aree protette e delle risorse naturali tra i diversi portatori di interesse, compresi i pescatori artigianali, valorizzando la piccola pesca come opportunità di presidio e gestione.

S.G.

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