Le misurazioni del dispendio energetico giornaliero indicano che i primati consumano solo il 50% delle calorie rispetto agli altri mammiferi di dimensioni simili.
Pubblicato online il 13 gennaio 2014 prima dell’edizione cartacea sulla prestigiosa Rivista Proceedings of National Academy of Sciences of the United States (PNAS), lo studio “Primate energy expenditure and life history” offre risultati importanti per la storia della vita, per la biologia evolutiva e la ricerca del cibo dei primati e di altri mammiferi, avendo il consumo energetico un ruolo centrale nella biologia degli esseri viventi. In particolare, lo studio evidenzia che i caratteristici lenti tassi di crescita, di vita riproduttiva e di invecchiamento dei primati, tra cui l’uomo, dipendono dai loro bassi tassi metabolici, dimostrando come essi brucino il 50% in meno di calorie ogni giorno rispetto ad altri mammiferi di dimensioni simili.
La maggior parte dei mammiferi, come i cani o i criceti, hanno una vita frenetica, raggiungendo l’età adulta nel giro di pochi mesi, si riproducono in modo frenetico e muoiono nel giro di pochi anni. Al contrario, gli esseri umani e i nostri parenti primati (scimmie, tarsi, lori e lemuri) hanno una infanzia lunga, si riproducono con minor frequenza e, per lo più, vivono a lungo.
Il gruppo internazionale di ricercatori che lavorano sui primati negli zoo, nelle aree protette e naturali, ha studiato il consumo giornaliero di 17 specie di primati, dai gorilla ai lemuri topo per verificare se il lento ritmo di vita sia il risultato di un lento metabolismo.
Utilizzando per un periodo di 10 giorni una tecnica sicura e non invasiva conosciuta come “doubly labeled water”, che consiste nel far bere ai soggetti dell’acqua formata da particolari atomi di ossigeno e idrogeno: la differenza tra le molecole usate per bruciare calorie e quelle espulse invece con le urine permette di calcolare la spesa energetica individuale.
La combinazione di queste misurazioni con dati simili provenienti da altri studi, ha permesso ai ricercatori di confrontare il dispendio energetico giornaliero tra i primati rispetto a quello di altri mammiferi.
“I risultati sono stati una vera sorpresa – ha dichiarato Herman Pontzer, antropologo presso l’Hunter College di New York e principale autore dello studio – Gli esseri umani, gli scimpanzé, i babbuini e altri primati consumano solo la metà delle calorie che ci saremmo aspettati dai mammiferi. Per fare una comparazione, un essere umano – anche quello con uno stile di vita fisicamente attivo – avrebbe bisogno di correre ogni giorno una maratona solo per avvicinarsi alla spesa media giornaliera di energia di un mammifero della loro dimensione”.
Questa drastica riduzione del tasso metabolico, precedentemente sconosciuta per i primati, sarebbe la ragione del loro lento ritmo di vita.
Tutti gli organismi hanno bisogno di energia per crescere e riprodursi, e anche il dispendio energetico contribuisce all’invecchiamento. La lentezza dei tassi di crescita, di riproduzione e di invecchiamento tra i primati corrisponde alla lentezza della loro spesa energetica, indicando che l’evoluzione ha agito sul tasso metabolico per plasmare la vita decisamente lenta dei primati.
“Le condizioni ambientali che favoriscono il ridotto dispendio energetico -ha aggiunto David Raichlen, antropologo presso l’Università dell’Arizona e co-autore dello studio – possono costituire la chiave per comprendere perché i primati, compreso l’uomo, si siano evoluti con questo ritmo lento della vita”.
Forse, altrettanto sorprendenti, sono le misurazioni del team che indicano come i primati che vivono in cattività consumano giornalmente le stesse calorie di quelli che vivono liberi in natura. Questi risultati indicano che lo stato di salute e benessere dei primati negli zoo più prestigiosi e nelle aree protette e santuari dipendono molto meno di quanto si supponesse dal consumo energetico.
“Questo studio non invasivo sul metabolismo dei primati nei giardini zoologici e nei parchi indica l’immenso potenziale di ricerca connesso a questi presupposti – ha aggiunto un altro co-autore, Steve Ross, direttore del Lester E. Fisher Center per lo Studio e la Conservazione delle Scimmie al Lincoln Park Zoo di Chicago – Esso getta nuova luce sul fatto che i primati ospitati negli zoo sono relativamente attivi, con le stesse spese energetiche quotidiane dei primati che vivono liberi. Gli zoo accreditati e le aree protette rappresentano un’alternativa alle sperimentazioni tradizionali in laboratorio e sottolineano l’importanza di studiare gli animali in situazioni più naturali”.
Ovviamente, i risultati di questo studio comportano implicazioni interessanti per la comprensione dello stato di salute e della longevità dell’uomo. Collegare il tasso di crescita, la riproduzione e l’invecchiamento al dispendio energetico giornaliero può far luce sui processi attraverso i quali i nostri corpi crescono ed invecchiano. Svelare il sorprendente complesso rapporto tra attività fisica e dispendio energetico giornaliero può migliorare anche la nostra comprensione sulle cause dell’obesità e delle altre malattie metaboliche.
“Gli esseri umani vivono più a lungo rispetto ad altre scimmie e tendono a contenere più grasso corporeo – ha concluso Pontzer – Comprendere come il metabolismo umano assomigli a quello dei nostri parenti più stretti ci aiuterà a capire come i nostri corpi si sono evoluti e come mantenerli sani”.