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Italianità dei prodotti: un valore su cui puntare e da proteggere

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“Made in italy”, “product of Italy”, “solo ingredienti italiani” e via dicendo… Anche, e soprattutto, nel cibo l’italianità è ancora un valore su cui puntare.

La conferma del trionfo incondizionato della italianità sulle etichette dei prodotti della grande distribuzione (GDO) arriva dall’ edizione 2018 dell’Osservatorio Immagino di Nielsen e GS1 Italy, che incrocia le informazioni riportate sulle etichette dei 91 prodotti di largo consumo digitalizzati a dicembre 2017 da Immagino, il servizio web di digital brand content management che GS1 Italy, l’associazione senza scopo di lucro che riunisce 35.000 imprese di beni di consumo, con le rilevazioni sul venduto di Nielsen, azienda globale di misurazione e analisi dati che fornisce la più completa e affidabile visione al mondo sui consumatori e sui mercati.

Le cifre del 2017 parlano da sé – si legge in un Comunicato – ammonta a 6,3 miliardi di euro il sell-out [ndr: mettere in atto delle strategie commerciali atte a favorire l’acquisizione del prodotto da parte dei consumatori] delle referenze presentate come italiane. I canali analizzati sono gli Iper e i Super, e i dati di trend confrontano il 2017 vs 2016 e il 2016 vs il 2015”.

Dai dati si evidenzia che nel 2017, a fronte di 15.362 prodotti che richiamano la italianità in etichetta (circa il 25,4% dei 60.600 prodotti analizzati), le vendite sono cresciute del +4,5% (circa 274 milioni)Praticamente il doppio rispetto al +2,3% con cui si era chiuso il 2016. Dunque, in media, un prodotto alimentare su quattro riporta in etichetta un richiamo al Made in Italy, che può essere anche una bandiera o un’indicazione geografica riconosciuta dall’UE (IGP, DOP, DOC, ecc.), nonostante che la percentuale promozionale a valore dal 36,7% del 2016 sia scesa al 35,1% del 2017.

Quali sono i “claim” più inflazionati?
Nel podio al 3° troviamo la dicitura “100% italiano” (5,2% dei prodotti, formaggi soprattutto, con  il 7,4% di vendite a valore.
Al 2° Prodotto in Italia (11,5% dei prodotti, 6,9% di vendite a valore).
Al  posto l’uso del tricolore (14,3% dei prodotti, 13,8% di vendite a valore).

L’altro aspetto interessante della ricerca sulla italianità riguarda le regioni menzionate in etichetta. Quasi 2.000 prodotti esplicitano, infatti, la loro area d’origine, con il riferimento a 7 regioni in particolare: Trentino-Alto Adige (in testa con 672 prodotti), PiemonteToscanaSiciliaLombardiaPuglia e Campania.

Anche i numeri statistici recentemente forniti al SANA (link: https://www.regionieambiente.it/prodotti_bio_etichettatura/, il Salone Internazionale del Biologico e del Naturale (Bologna, 7-10 settembre 2018) indicano che accanto alla crescita della domanda di prodotti biologici c’è la necessità di un’etichetta più trasparente in grado di tutelare i prodotti nazionali biologici di cui l’Italia è leader europeo.

Terra Madre Salone del Gusto (Torino, 20 – 24 settembre 2018) che si avvia alla conclusione con uno straordinario successo di pubblico, si è ribadita la richiesta di una “etichetta narrante”, da affiancare a quella legale, che, partendo dall’origine del prodotto (il territorio) racconti tutte le fasi successive di lavorazione, perché solo la “narrazione” può restituire al prodotto il suo valore reale.

Intanto, una buona notizia in merito arriva con la decisione (19 settembre 2018) del Collegio dei Commissari dell’Unione europea registrare l’iniziativa dei cittadini europei dal titolo “Eat ORIGINal! Unmask your food” (Mangia originale. Smaschera il tuo cibo), il cui obiettivo dichiarato è di imporre dichiarazioni di origine obbligatorie per tutti i prodotti alimentari al fine di prevenire le frodi, tutelare la salute pubblica e garantire il diritto all’informazione dei consumatori.

Sebbene la decisione della Commissione di registrare l’iniziativa riguardi unicamente l’ammissibilità giuridica della proposta, dal 2 ottobre 2018 decorrerà la raccolta annuale di firme a sostegno da parte degli organizzatori. Se l’iniziativa riceverà un milione di dichiarazioni di sostegno in almeno 7 Stati membri nell’arco di un anno, la Commissione dovrà reagire entro tre mesi. La Commissione può decidere di dare o di non dare seguito alla richiesta e in entrambi i casi dovrà giustificare la sua decisione.

Tra i sostenitori dell’iniziativa c’è la Fondazione Campagna Amica promossa da Coldiretti, l’Associazione che si batte contro l’italian sounding ovvero delle etichette truffa che richiamano la italianità del prodotto con colori, località, immagini, denominazioni e ricette, e che alla beffa del falso made in Italy aggiungono anche una perdita economica di oltre 100 miliardi di euro, con un aumento del 70% nell’ultimo decennio.

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