Il Ministro Costa: “Finalmente iniziamo a ripulire il mare dalla plastica”. Uno Studio di ricercatori britannici ha stimato che il costo sociale ed economico da inquinamento marino da plastiche può arrivare fino a 33.000 dollari a tonnellata.
Il Consiglio dei Ministri nella seduta del 4 aprile 2019, ha approvato il disegno di legge presentato dal Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) “Promozione del recupero dei rifiuti in mare e per l’economia circolare” (denominato “Salvamare”).
Il testo ha l’obiettivo di contribuire al risanamento dell’ecosistema marino e alla promozione dell’economia circolare, favorire il recupero dei rifiuti accidentalmente pescati, incentivare campagne volontarie di pulizia del mare e sensibilizzare la collettività per la diffusione di modelli comportamentali virtuosi rivolti alla prevenzione del fenomeno dell’abbandono dei rifiuti negli ecosistemi marini e alla corretta gestione degli stessi.
Il disegno di legge disciplina quindi la gestione e il riciclo dei rifiuti accidentalmente raccolti in mare, a mezzo delle reti durante le operazioni di pesca ovvero con qualunque altro mezzo, e dei rifiuti volontariamente raccolti. Al fine di evitare che i costi della gestione di tali rifiuti gravino esclusivamente sui pescatori e sugli utenti dei porti è previsto che questi siano coperti con una specifica componente della tassa sui rifiuti.
Inoltre, al fine di diffondere modelli comportamentali virtuosi rivolti alla prevenzione del fenomeno dell’abbandono dei rifiuti nell’ecosistema marino e alla loro corretta gestione, si prevede l’attribuzione di una certificazione ambientale agli imprenditori ittici che si impegnino a utilizzare materiali a ridotto impatto ambientale, partecipino a campagne di pulizia del mare o conferiscano rifiuti accidentalmente pescati.
“È una grande vittoria per il nostro mare, finalmente iniziamo a ripulire il mare dalla plastica e lo facciamo con degli alleati eccezionali – i pescatori – che conoscono il problema meglio di tutti perché ogni giorno tirano su le reti raccogliendo spesso altrettanta plastica rispetto al pescato – ha dichiarato il Ministro Sergio Costa – Quella della plastica in mare è un’emergenza planetaria, dobbiamo affrontarla adesso, non si può rinviare. L’Italia, che è bagnata per due terzi dal mare, vuole essere leader nella soluzione: appena la Direttiva europea sulla plastica monouso sarà pubblicata, approveremo anche noi la legge per dire stop al monouso”.
Il Mediterraneo è particolarmente esposto al problema della plastica, in quanto si tratta di un mare semichiuso: si pensa che siano almeno 250 miliardi i frammenti di plastica al suo interno. Nel Tirreno il 95% dei rifiuti galleggianti avvistati, più grandi di venticinque centimetri, sono di plastica, il 41% di questi sono buste e frammenti.
“Il nostro è il Ministero dell’Ambiente, del Territorio e del Mare – ha proseguito Costa – Sono orgoglioso del fatto che la prima legge di iniziativa di questo ministero si proponga di tutelare il mare. Lo dobbiamo anche a tutte quelle specie animali – tartarughe, uccelli marini, balene e delfini che scambiano la plastica per cibo e muoiono per indigestione o soffocamento”.
Come ricordano i ricercatori, nel Mar Mediterraneo 134 specie sono vittime di ingestione di plastica, tra cui 60 specie di pesci, le 3 specie di tartarughe marine, 9 specie di uccelli marini e 5 specie di mammiferi marini.
Oltre agli impatti sulla fauna marina, ci sono i costi sociali ed economici dei rifiuti plastici in mare. Lo Studio “Global ecological, social and economic impacts of marine plastic”, condotto da ricercatori di università britanniche e norvegesi pubblicato online il 27 marzo 2019 sul Marine Pollution Bullettin, ha stimato il danno economico determinato dalle plastiche in mare fino a 33.000 dollari a tonnellata. Se si tiene presente che ogni anno, secondo le stime dellUNEP, entrino nei mari di tutto il mondo 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, che si aggiungono alle 150 milioni di tonnellate che stanno circolando negli ambienti marini, si può ben capire i miliardi di dollari che si perdono ogni anno in termini di minori servizi ecosistemici offerti dagli oceani.
L’indagine è stata la prima del suo genere ad esplorare l’impatto sociale ed economico della plastica nel mare, e le stime indicate non tengono conto degli impatti diretti e indiretti sulle industrie del turismo, dei trasporti e della pesca ed acquacoltura.
“Ora sappiamo abbastanza per essere molto preoccupati di come la plastica in mare sita influenzando la vita marina dalla nostra megafauna alle minuscole creature vicino alla base della catena alimentare, come lo zooplancton – ha dichiarato la coordinatrice dello Studio Nicola Beaumont, economista ambientale presso il Plymouth Marine Laboratory – Questo studio, per la prima volta, mostra che, oltre per gli impatti ecologici, dovremmo essere altrettanto preoccupati per le conseguenze economiche e sociali che impattano direttamente sulla nostra salute e il nostro benessere. I nostri calcoli sono un primo approccio per ‘mettere un prezzo sulla plastica’. Sappiamo che dobbiamo fare ulteriori ricerche per confermare le stime, ma siamo convinti che già ora sono sottostimati rispetto ai costi reali che la società globale sopporta. Conoscere il vero costo può aiutarci a prendere decisioni consapevoli: riciclare una tonnellata di plastica ci costa cento contro le migliaia se la facciamo entrare nell’ambiente marino. Come ora scambiamo carbonio per ridurre le emissioni nell’atmosfera, dovremmo essere in grado di fare qualcosa di simile con la plastica. Speriamo che questo studio evidenzi la realtà del problema della plastica in termini umani. È tempo che questo aspetto dell’inquinamento della plastica venga inserito nelle decisioni globali. I responsabili delle politiche e dell’industria debbono svegliarsi su questo aspetto dell’inquinamento della plastica e iniziare a fare i cambiamenti necessari per il nostri oceani e per le generazioni future”.