Uno Studio, pubblicato dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) in occasione dell’entrata in vigore della nuova Direttiva UE sulla qualità dell’aria-ambiente che avvicina i valori limite per gli inquinanti a quelli previsti dalle Linee guida dell’OMS (2000), evidenzia che nonostante i miglioramenti il numero di morti premature attribuibili all’esposizione alle polveri sottili (PM2.5) è ancora elevato, e l’Italia paga il tributo più pesante tra i Paesi UE.
Poco meno di 240.000 decessi all’anno nell’UE possono essere attribuiti all’esposizione al particolato fine, un inquinante atmosferico chiave.
È quanto riporta l’ultima valutazione dell’impatto sulla salute della qualità dell’aria dell’Agenzia europea per l’ambiente (EEA), pubblicata il 10 dicembre 2024 in coincidenza con l’entrata in vigore della nuova Direttiva UE sulla qualità dell’aria-ambiente che avvicina i valori limite alle Linee guida dell’OMS, supportando ulteriori riduzioni degli impatti dell’inquinamento atmosferico sulla salute nei prossimi anni.
“È una buona notizia per tutti i cittadini che siano norme UE più severe sulla qualità dell’aria in vigore da oggi, ma ancora troppe persone in Europa, specialmente quelle nelle città, sono influenzate negativamente dalla scarsa qualità dell’aria che provoca malattie e morti premature, che sono ampiamente prevenibili riducendo i livelli di questi inquinanti nell’ambiente – ha affermato Leena Ylä-Mononen, Direttrice esecutiva dell’EEA – L’inquinamento atmosferico ha anche impatti negativi più ampi, danneggiando la salute dei nostri ecosistemi, rendendo ancora più importante raddoppiare i nostri sforzi per pulire la nostra aria”.
Secondo lo Studio “Harm to human health from air pollution in Europe: burden of disease status”, nel 2022 almeno 239.000 decessi nell’UE sono stati attribuiti all’esposizione a inquinamento da particolato fine (PM2.5) al di sopra della concentrazione raccomandata dall’OMS di 5 µg/m3. I decessi attribuibili all’ozono (O3) sono stati 70.000 e 48.000 quelli per esposizione all’inquinamento da biossido di azoto (NO2). Tutti questi decessi avrebbero potuto essere evitati rispettando i valori guida dell’OMS nel 2022.
L’inquinamento atmosferico continua a essere il principale rischio per la salute ambientale degli europei, seguito da altri fattori come l’esposizione al rumore, alle sostanze chimiche e ai crescenti effetti delle ondate di calore legate al clima, causando malattie croniche e decessi attribuibili, soprattutto nelle città e nelle aree urbane.
Seppure gli ultimi dati confermino, ancora una volta, che gli europei rimangono esposti a concentrazioni di inquinanti atmosferici notevolmente superiori ai livelli raccomandati dall’OMS, tra il 2005 e il 2022, il numero di decessi nell’UE attribuibili al particolato fine o PM2.5è diminuito del 45%, rimanendo sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di riduzione del 55% delineato nel Piano d’azione dell’UE per l’inquinamento zero entro il 2030.
Per le 6 malattie specifiche considerate per il PM2.5, il carico attribuibile più elevato è stato osservato per la cardiopatia ischemica; seguito da ictus, diabete mellito, cancro ai polmoni, broncopneumopatia cronica ostruttiva e asma infantile.
Nei casi di cancro ai polmoni e di cardiopatia ischemica, il peso totale della malattia deriva prevalentemente dalla mortalità: rappresenta rispettivamente il 99% e il 97% dell’impatto. Per le altre 4 malattie, il contributo della morbilità al carico totale della malattia è molto più rilevante. La morbilità rappresenta il 18% del carico della malattia per l’ictus, il 23% per il diabete mellito, il 40% per la broncopneumopatia cronica ostruttiva e il 99% per l’asma infantile.
Per il NO2, l’impatto più elevato sulla salute è dovuto al diabete mellito, seguito da ictus e asma negli adulti. Nel caso dell’O3, 8.400 decessi sono stati attribuiti alla broncopneumopatia cronica ostruttiva, l’unica malattia considerata e per la quale non è stata stimata alcuna morbilità.
Per l’Italia si stima che il tasso di decessi attribuibili all’esposizione a lungo termine alle polveri sottili (numero di decessi prematuri attribuibili ogni 100.000 abitanti in 30 anni) pur ridottosi del 37% tra il 2005 e il 2022 (rispettivamente da 180 a 113), con 48.600 decessi attribuibili nel 2022 è il Paese UE con il maggior numero di morti attribuite all’elevata presenza nell’aria di PM2.5.
Oltre alle morti premature, gli impatti derivanti dalla convivenza con malattie legate all’inquinamento atmosferico sono significativi. È fondamentale che questi impatti siano considerati quando si valuta il peso complessivo sulla salute dell’inquinamento atmosferico, nonché i benefici che deriverebbero da un’aria più pulita in Europa, afferma il briefing dell’EEA.
Inoltre, deve essere rilevato che quasi tre quarti degli ecosistemi europei sono esposti a livelli dannosi di inquinamento atmosferico.