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Geotermia: da fonte di vita, secondo un nuovo studio, a fonte rinnovabile

Geotermia da fonte di vita a fonte rinnovabile

I sistemi geotermici avanzati (EGS) aumenteranno il potenziale.

Come abbia avuto origine la vita è mistero che appassiona tuttora la comunità scientifica, e le teorie che sono state via via formulate hanno trovato assensi quanti disaccordi, ma su un aspetto sembra esservi unanimità: le prime cellule sono nate 3-4 miliardi di anni fa in acqua.

Secondo un nuovo studio proprio i bacini geotermici avrebbero dato vita alle prime cellule evolute (Armen Y. Mulkidjanian et al.: “Origin of first cells at terrestrial, anoxic geothermal fields” – Proceedings of the National Academy of Science, published on line before print, february 13, 2012).

Lo studio, condotto da Armen Mulkidjanian dell’Università di Osnabrück in Germania, suggerisce, infatti, che i bacini dove si condensano e raffreddano i vapori geotermici avrebbero le caratteristiche ideali per l’origine della vita. La conclusione darebbe valore all’ipotesi formulata da Charles Darwin che in una lettera inviata nel 1871 al suo amico e botanico Joseph Hooker si domandava se la vita non fosse iniziata “in qualche piccolo stagno caldo, in presenza di ogni sorta di sali di ammoniaca e fosforo, luce, calore, elettricità, ecc.”.

Basandosi sull’ipotesi che le cellule abbiano cambiato di poco la loro composizione, i ricercatori hanno escluso che l’ambiente marino troppo salato avesse potuto costituire l’ambiente ideale per le protocellule che non potevano possedere le proteine per mantenere il proprio equilibrio osmotico.

In tutte le cellule viventi il citoplasma è ricco di potassio, zinco, manganese e fosfato – ha affermato Mulkidjanian – elementi che non sono diffusi nell’ambiente marino, e ha minore quantità di sodio rispetto all’esterno”.
Le condizioni per una “nursery” (come l’ha definita il geofisico) isosmotica, ossia “insipida”, dell’origine della vita, avrebbe potuto crearsi in ambiente geotermico, essendo allora l’atmosfera povera di ossigeno e ricca di CO2.

Al di là delle obiezioni che tale teoria ha inevitabilmente attirato, ci piace osservare come in molti settori oggi si rivaluti il ruolo che la geotermia è in grado di assolvere per dare risposte alle sfide ambientali che l’umanità deve affrontare per un futuro di sostenibilità e benessere.
In particolare, lo sfruttamento del calore che si origina al centro della terra per la produzione elettrica e termica è un settore in forte crescita.

Tradizionalmente, in Europa, tale opportunità è stata associata con l’Islanda le cui favorevoli condizioni geologiche le permettono di trarre da tale fonte rinnovabile un quarto del suo fabbisogno di elettricità e il 90% del calore.
Il Giappone, che dopo lo spegnimento dei reattori nucleari conseguente al disastro di Fukushima ha dovuto far ricorso ai combustibili fossili, si è reso conto che tale soluzione è temporanea e nel medio lungo termine dovrà affidarsi alle rinnovabili. Così, quella che da sempre è una condizione ambientale di grande esposizione a eruzioni e terremoti, può rivelarsi una grande opportunità per quanto attiene alla produzione energetica.

L’altro grande energivoro asiatico, la Cina si è recata recentemente in Islanda per valutare le possibilità di collaborazione tra i due Paesi nel settore geotermico. La delegazione era guidata dal premier Wen Jiabao, a testimoniare l’importanza che il più grande emettitore mondiale di CO2 attribuisce alle tecnologie e al trasferimento di conoscenze per lo sfruttamento di questa risorsa rinnovabile di base di cui sono ricche le Province nord-orientali cinesi e la cui disponibilità è per 24 h, senza condizionamenti atmosferici e variazioni stagionali.
Mentre l’energia geotermica convenzionale è già fonte di energia competitiva rispetto alle convenzionali, ma realizzabile solo in alcune aree del Pianeta, con i sistemi geotermici avanzati (Enhanced Geothermal Systems) che utilizzano temperature medio-basse, lo sfruttamento di questa risorsa può essere esteso in aree dove le caratteristiche del sottosuolo non erano ritenute adatte per gli usi geotermici.

Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) l’importanza della geotermia a livello mondiale aumenterà entro il 2050 di oltre 10 volte, soddisfacendo del 3,5% la domanda mondiale di energia elettrica (attualmente è dello 0,3%) e del 3,9% quella di calore (attualmente è dello 0,2%).

Tali dati sono contenuti in “Geothermal Heat and Power”, l’ultima delle Technology Roadmaps redatte dalla IEA e dedicate allo sviluppo tecnologico, alle necessità normative, ai requisiti di investimento, alle campagne di informazione dell’opinione pubblica, sulle tecnologie a basse emissioni di carbonio.

A fine 2010 erano 24 i Paesi nel mondo che utilizzavano la risorsa geotermica per la generazione di energia elettrica e almeno 60 quelli che vi facevano ricorso per gli usi diretti del calore.
Gli Stati Uniti sono attualmente il maggior produttore di energia geotermica del mondo, ma in Europa, secondo i dati forniti dalla Commissione UE, la Germania ha più di 150 progetti di centrali elettriche geotermiche in fase di sviluppo e mira a produrre 280MW geotermici entro il 2020, come entro il 2015 altri Paesi europei, quali Grecia, Ungheria, Romania, Spagna, Slovacchia e Paesi Bassi, pensano di rendere operativi i loro progetti.

Altri maggiori mercati per la geotermia si sono rivelati: la Turchia con un obiettivo di generazione di 550MW di energia geotermica entro il 2013; il Kenya con un potenziale di 7.000 MW; soprattutto l’Indonesia con un potenziale di oltre 27.000MW.
Oltre alle favorevoli condizioni geologiche e al progresso tecnologico conseguito con i EGS, avverte l’IEA, c’è bisogno di una esplicita volontà politica, in special modo:
– di un quadro normativo che incentivi lo sfruttamento delle risorse a bassa e media temperatura;
– di conoscenze sulla disponibilità delle risorse e delle possibilità di sfruttamento, attraverso la realizzazione di banche dati aggiornate;
– snellimento degli iter burocratici che attualmente limitano lo sviluppo di tale fonte rinnovabile, avendo molti Paesi leggi di riferimento per lo sfruttamento minerario.

Nonostante l’Italia sia stata il primo Paese a sfruttare questa fonte di energia rinnovabile, sperimentando il primo generatore geotermoelettrico in Toscana a Larderello nel 1913, e sia tuttora in Europa il Paese leader con una potenza installata di 882 MW, il suo potenziale di sviluppo non è stato, poi, adeguatamente colto, proprio per l’assenza di una esplicita volontà politica, cui abbiamo fatto riferimento poc’anzi , citando l’IEA.

Storicamente nel nostro Paese la geotermia è stata esclusivamente utilizzata per la produzione di energia elettrica, anche per via che l’unico operatore è l’ENEL, mentre oggi c’è necessità di valorizzare anche la componente termica, soprattutto per la possibilità di utlizzare il calore che deriva dalla produzione di elettricità per il riscaldamento e/o raffrescamento.

Secondo i dati forniti dal GSE, nel 2009 la potenza lorda degli impianti geotermoelettrici rappresentava il 2,8% della potenza degli impianti alimentati da fonti rinnovabili (FER). Si tratta di un contributo modesto rispetto al potenziale di cui l’Italia può disporre. Se le risorse di temperatura superiore a 90° fino alla profondità di 4-5 km, tali da permettere una produzione di energia elettrica a costi competitivi con quelli di altre fonti, si trovano solo nella dorsale preappeninica tosco-laziale e nelle isole maggiori e in quelle minori vulcaniche del mar Tirreno, quelle a temperature inferiori si trovano in molte altre regioni e se si utilizzassero le pompe di calore potrebbero essere sfruttate anche risorse con temperature molto basse (15-30 °C).

C’è da osservare, poi, che se le risorse ad alta entalpia hanno creato preoccupazioni tra i cittadini delle aree interessate per l’eventuale impatto ambientale, quelle a bassa entalpia non presentano alcun rischio. Bisogna che venga svolta un’adeguata attività di informazione e comunicazione affinché i consumatori possano conoscere i vantaggi che derivano dall’utilizzo di tale fonte, soprattutto nel residenziale.
Anche la mancanza di un’adeguato sistema di incentivazione che finora ha premiato altre fonti rinnovabili può contribuire ad una sua maggior diffusione.

Per questo c’è attesa da parte degli operatori del settore per la imminente emanazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero dell’Ambiente, dei due Decreti previsti dal D.Lgs. 28/2011 per l’incentivazione delle fonti rinnovabili termiche, sperando che venga rimosso il paradosso che gli impianti a pompa di calore geotermica, paghino l’energia elettrica con gli oneri che finanziano le rinnovabili elettriche, come ha evidenziato nel corso della 3a Conferenza Nazionale sulle Rinnovabili Termiche (cfr: l’articolo a pag. 10 di questo stesso numero di Regioni&Ambiente) il Prof. Walter Grassi, Presidente dell’Unione Geotermica Italiana (UGI).

“Solo con scelte coraggiose che premino efficienza, innovazione, ricerca e cultura insieme è possibile innescare una spirale virtuosa capace contemporaneamente di ridurre i costi della bolletta energetica delle famiglie, produrre lavoro per le aziende e i prodotti italiani, migliorare l’ambiente delle nostre città, raggiungere gli obiettivi di Kyoto, creare opportunità di esportazione di soluzioni e prodotti che potranno così nascere in Italia prima che in altri Paesi – ha dichiarato nell’occasione Grassi – Solo la definizione di un quadro di riferimento normativo ed incentivante adeguato potrà dare un giusto impulso alla crescita del mercato delle pompe di calore e degli impianti geotermici anche nel nostro paese in linea con gli obiettivi di sviluppo previsti dal PAN per il 2020”.

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