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Disuguaglianze economiche: il riscaldamento globale le ha aumentate

Secondo uno studio della Stanford University nel periodo 1961-2010 le disuguaglianze economiche tra i Paesi si sono accentuate per effetto del riscaldamento globale, con la maggioranza dei Paesi ricchi che è più ricca di quanto sarebbe stata se non ci fosse stato l’aumento delle temperature, mentre per lo stesso motivo la maggior parte dei Paesi poveri è più povera.

Un nuovo Studio condotta dalla Stanford University evidenzia che il riscaldamento globale ha aumentato la disuguaglianza economica dagli anni ’60. I cambiamenti di temperatura causati dalle crescenti concentrazioni di gas a effetto serra nell’atmosfera terrestre hanno arricchito Paesi freddi come Norvegia e Svezia, mentre trascinavano in basso la crescita economica in Paesi caldi come l’India e la Nigeria.

I nostri risultati mostrano che la maggior parte dei Paesi più poveri della Terra è notevolmente più povera di quanto lo sarebbe stata senza il riscaldamento globale – ha affermato il climatologo Noah Diffenbaugh,Professore di Scienza del Sistema Terra alla Stanford University e principale autore di “Global warming as incresead global economic inequality” pubblicato il 22 aprile sulla PNAS, la rivista dell’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti – Al contempo, la maggior parte dei Paesi ricchi è più ricca di quanto lo sarebbe stata senza il global warming“.

Lo studio rileva che dal 1961 al 2010 il riscaldamento globale ha ridotto del 17-30% la ricchezza pro capite nei Paesi più poveri del mondo. Nel frattempo, il divario tra il gruppo di nazioni con il più alto e il più basso livello di produzione economica pro capite è ora di circa il 25% più ampio di quanto sarebbe stato senza i cambiamenti climatici.

Sebbene la disuguaglianza economica tra Paesi sia diminuita negli ultimi decenni, la ricerca suggerisce che il divario si sarebbe ridotto più rapidamente senza il riscaldamento globale.

Lo studio si basa su ricerche precedenti che hanno analizzato 50 anni di temperature annuali e il relativo PIL di 165 Paesi per stimare gli effetti dei cambiamenti della temperatura sulla crescita economica, evidenziando che la crescita durante gli anni più caldi della media è stata più veloce nelle nazioni più fredde e più lenta in quelle calde.

I dati storici mostrano chiaramente che le colture sono più redditizie, le persone più sane e più produttive al lavoro quando le temperature non sono né troppo calde né troppo fredde – ha spiegato ha Marshall Burke, Professore assistente di Scienza del Sistema Terra e co-autore dello Studio, nonché degli altri due Studi pubblicati su Nature che hanno costituito la base della ricerca – Ciò significa che nei Paesi freddi, un aumento delle temperature può costituire un aiuto, mentre è vero il contrario nelle aree che sono già calde”.

Gli autori dello studio hanno combinato le stime precedentemente pubblicate da Burke con i dati di oltre 20 modelli climatici sviluppati dai centri di ricerca di tutto il mondo. Determinando quanto ciascun Paese si sia già riscaldato a causa dei cambiamenti climatici causati dall’uomo, i ricercatori sono stati in grado di determinare quale sarebbe stata la loro produzione economica se le temperature non fossero aumentate.

Per spiegare l’incertezza, i ricercatori hanno calcolato oltre 20.000 versioni di quello che avrebbe potuto essere il tasso di crescita economica annuale di ogni Paese senza il riscaldamento globale. Le stime contenute nello studio sono comprensive della gamma di risultati forniti da quelle migliaia di percorsi diversi.

Per la maggior parte dei Paesi, se il riscaldamento globale abbia aiutato o danneggiato la crescita economica è piuttosto certo – ha sottolineato Burke – I Paesi tropicali, in particolare, tendono ad avere temperature molto al di fuori dell’ideale per la crescita economica, per cui non c’è sostanzialmente alcuna incertezza sul fatto che siano stati danneggiati“.

È meno chiaro come il riscaldamento abbia influenzato la crescita nei Paesi a medie latitudini, compresi Stati Uniti, Cina e Giappone. Per questi e altri Paesi a clima temperato, l’analisi rivela impatti economici inferiori al 10%.

Alcune delle più grandi economie sono vicine alla temperatura perfetta per la produzione economica e il riscaldamento globale non le ha portate fuori dalla cima della collina, anzi in molti casi le ha sospinte verso di essa – ha aggiunto Burke – Ma l’entità del futuro riscaldamento le collocherà sempre più lontano dalla temperatura ottimale“.

Mentre gli impatti della temperatura da un anno all’altro possono sembrare piccoli, nel tempo possono produrre guadagni o perdite eccezionali.
È come un conto corrente, in cui piccole differenze nel tasso di interesse genereranno grandi differenze nel saldo del conto a 30 o 50 anni – ha osservato a sua volta Diffenbaugh – Ad esempio, dopo aver accumulato decenni di piccoli effetti dal riscaldamento, l’economia indiana è ora del 31% inferiore di quanto sarebbe stata se non ci fosse stato il riscaldamento globale”.

 

I 5 Paesi economicamente più colpiti dal riscaldamento globale sono: Sudan (41 milioni di abitanti): -36%; India (1,3 miliardi) –31%; Nigeria (191 milioni) -29%; Indonesia (264 milioni) -27%; Brasile (209 milioni) -25%.
I 5 Paesi più favoriti sono: Norvegia (5 milioni di abitanti): + 34%; Canada (37 milioni): + 32%; Svezia (10 milioni): + 25%; Gran Bretagna ( 66 milioni): + 9,5%; Francia (67 milioni) +4,8%.
L’impatto è risultato negativo per alcune grandi potenze economiche: Stati Uniti (327 milioni di abitanti): -0,2%; Cina (1,4 miliardi) -1,4%; Giappone (127 milioni) –1,1%.

In un momento in cui i negoziati sulle politiche climatiche spesso si bloccano su questioni come dividere equamente le responsabilità per frenare il riscaldamento futuro, l’analisi di Diffenbaugh e Burke offre una nuova misura del prezzo che molti Paesi hanno già pagato.
Il nostro studio offre la prima contabilità di quanto esattamente ogni Paese sia stato influenzato economicamente dal riscaldamento globale – ha aggiunto Diffenbaugh – in relazione ai suoi contributi storici ai gas serra”.

Mentre i maggiori emettitori godono in media oggi di circa il 10% di PIL pro capite oggi più alto di quello che avrebbero in un mondo senza riscaldamento, quelli che hanno emesso meno gas serra sono stati trascinati verso il basso di circa il 25 %. ”
Assomiglia al calo della produzione economica che si è verificata negli Stati Uniti durante la Grande Depressione – ha indicato Burke – È una perdita enorme per questi Paesi rispetto a dove sarebbero stati altrimenti“.

I ricercatori sottolineano l’importanza di aumentare l’accesso all’energia sostenibile per lo sviluppo economico nei Paesi più poveri.
Più questi Paesi si riscaldano, maggiori saranno gli impedimenti al loro sviluppo – ha concluso Diffenbaugh – Storicamente, il rapido sviluppo economico è stato alimentato da combustibili fossili e la nostra ricerca mostra che il riscaldamento globale ha esacerbato le disuguaglianze economiche, suggerendo che vi è un ulteriore vantaggio economico delle fonti energetiche che non contribuiscono a un ulteriore riscaldamento“.

 

In copertina: New Delhi (India)

 

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