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Petrolio e gas: i piani di investimenti del prossimo decennio sono incompatibili con +1,5 °C

Le grandi major del petrolio e gas hanno programmato investimenti per quasi 5.000 miliardi di dollari nel periodo 2020-2029 che sono al di fuori di ogni percorso per raggiungere l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale alla fine del secolo, con il rischio per gli investitori di non recuperare i capitali investiti.

Gli investimenti per 4.900 miliardi di dollari per nuovi giacimenti di petrolio e gas, previsti dalle maggiori compagnie energetiche mondiali per il periodo 2020 -2029 on sono compatibili con l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale +1,5 °C alla fine del secolo.

È questa la principale conclusione del Rapporto Overexposed. The IPCC’s report on 1.5 °C and the risks of overinvestment in oil and gas”, pubblicato il 23 aprile 2019 da Global Witness, una Ong con sedi a Londra, Bruxelles e Washington, che si batte per porre fine alle violazioni dei diritti umani e ambientali, indotte dallo sfruttamento delle risorse naturali e dalla corruzione nei sistemi politici e economici globali.

Il sovrainvestimento in petrolio e gas crea rischi per gli investitori, indipendentemente dal fatto che il mondo sia capace di contrastare i cambiamenti climatici – affermano gli autori – O gli investitori sono in grado di affrontare un blocco patrimoniale determinato dalla caduta della domanda di combustibili fossili per effetto della transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, o il sovrainvestimento contribuirà all’eccesso di emissioni da combustibili fossili, alla mancata transizione e ai costi finanziari di un clima drammaticamente cambiato”.

L’analisi di Global Witness ha messo a confronto la domanda media di fonti fossili (petrolio e gas) con gli scenari indicati dal Rapporto https://www.regionieambiente.it/rapporto-ipcc-contenere-il-riscaldamento-globale-a-15-c/ dell’IPCC per limitare il riscaldamento a +1,5 °C, che non dipendano dalla futura cattura e rimozione del carbonio, con le previsioni di produzione del settore, scoprendo che nel prossimo decennio:
qualsiasi produzione di petrolio e gas proveniente da campi non ancora in produzione o in fase di sviluppo sarebbe incompatibile con l’obiettivo +1,5 °C alla fine del secolo;
– gli investimenti in conto capitale per 4.9000 miliardi di dollari in nuovi giacimenti di petrolio e gas sono incompatibili con l’obiettivo climatico;
la produzione del 9% di petrolio e il 6% di gas da giacimenti esistenti è incompatibile con l’obiettivo.

Si prevede che nei prossimi 10 anni, la statunitense ExxonMobil spenderà 149 miliardi di dollari per giacimenti di petrolio, 18 miliardi per quelli di gas, seguita dall’anglo-olandesea Dutch Royal Shell (106 miliardi di dollari in petrolio e 43 miliardi per il gas naturale). Complessivamente, assieme a Chevron, Total e BP, le 5 major dovrebbero investire oltre 550 miliardi di dollari in estrazioni.

Con tutti i Paesi del mondo che hanno aderito agli obiettivi principali dell’Accordo di Parigi, i risultati mettono a nudo l’entità del rischio investimenti non recuperabili a cui sono potenzialmente esposte le compagnie petrolifere e del gas, nel caso in cui il mondo segua gli impegni climatici.

C’è un divario allarmante tra i piani energetici delle grandi compagnie d’estrazione e quello che la scienza richiede per evitare la più catastrofica e imprevedibile crisi climatica – ha dichiarato Murray Worthy, principale autore del Rapporto – Gli investitori sono giustamente preoccupati che, nonostante la retorica dell’industria al contrario, i piani di spesa del settore petrolifero e del gas siano così drasticamente incompatibili con la limitazione dei cambiamenti climatici. Questa analisi dovrebbe incoraggiare l’escalation degli sforzi di coinvolgimento degli investitori per sfidare le compagnie petrolifere e gasiere ad allineare in modo credibile i propri piani di business con l’obiettivo di Parigi. Continuare ciecamente sulla stessa strada comporta enormi rischi finanziari per gli investitori, sia come risultato della transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, sia perché le devastanti conseguenze dei cambiamenti climatici si stanno accumulando”.

Eppure si continua ancora ad investire nelle fonti fossili, puntando sulle nuove tecnologie in grado di catturare e stoccare il carbonio (CCS) nel punto di emissione (ad esempio una centrale elettrica), impedendole di essere rilasciata nell’atmosfera e quindi di immagazzinarla),  o di rimuovere il carbonio dall’atmosfera (CDR) ovvero di coltivare piante per poi bruciare la biomassa con cattura e stoccaggio del carbonio di scarico nel sottosuolo (BECCS), anche se un recente Studio  condotto da ricercatori internazionali e coordinato dall’Università di Exeter (Gran Bretagna) suggerisce che la conversione di vaste aree terrestri in coltivazioni di biomassa per impianti energetici BECCS libererebbe così tanta CO2 che proteggere e rigenerare le foreste sarebbe in molti casi l’opzione migliore.

Lo stesso IPCC, pur ritenendo che in futuro tali tecnologie possano avere un ruolo importante, ha messo in guardia circa la possibilità di una immediata adozione su larga scala, tant’è che non sono ancora inserite nei Piani nazionali sul clima previsti dall’Accordo di Parigi, né sono indicate tra le priorità di investimento. Eppure, secondo il report, le compagnie energetiche avrebbero inserito nei propri piani di riduzione delle emissioni quote di cattura e stoccaggio di CO2 pari a quella prodotta in tutto il XX secolo.

Il Report di Global Witness conclude raccomandando:
– alle compagnie petrolifere e del gas di allineare la pianificazione degli investimenti con gli scenari che limitino il riscaldamento a +1,5 °C, senza fare affidamento su livelli non realistici di futura cattura e rimozione del carbonio;
– agli investitori di richiedere alle compagnie petrolifere e del gas di rendere esplicito che ogni nuovo investimento in conto capitale sia allineato agli obiettivi di Parigi e di indicare eventualmente con precisione come intendano catturare e rimuovere il carbonio;
– all’Agenzia Internazionale dell’Energia  di produrre uno scenario compatibile con +1,5 °C, basato su proiezioni realistiche per fattibilità, scalabilità ed efficacia dello sviluppo futuro di tecnologie CCS e CDR, come pure BECCS;
– ai Governi di richiedere alle compagnie petrolifere e del gas di indicare i rischi climatici progetto per progetto, anche rispetto allo scenario +1,5 °C.

 

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