Cibo e alimentazione

Dieta biomediterranea: riduce i rischi di infarti, diabete e tumori

Nell’ambito della Campagna “Il Bio dentro di noi”, ideata e organizzata dalle maggiori realtà del biologico italiano (FederBio, AssoBio, Consorzio “Il Biologico”), sono stati presentati alla Camera dei Deputati i risultati preliminari del Progetto MOOD, coordinato dall’Università “Tor Vergata” di Roma, che ha rilevato come seguire una dieta biomediterranea riduce l’esposizione a sostanze chimiche nocive, come pesticidi e fertilizzanti sintetici, rafforzando le barriere naturali del corpo contro infiammazioni e danni cellulari.

Seguire una dieta biomediterranea riduce i rischi di contrarre malattie cardiovascolari, diabete e tumori, grazie a un complessivo effetto immunomodulante e detossificante: crescono i livelli di antiossidanti, diminuisce l’infiammazione generale dell’organismo, si abbassa il rischio cardiocircolatorio.

È la conclusione dello Studio del Progetto MOOD condotto dalla Prof.ssa Laura Di Renzo, Direttrice della Scuola di Scienze dell’Alimentazione dell’Università Tor Vergata di Roma, e presentato il 26 novembre durante un evento alla Camera dei Deputati , nell’ambito della Campagna di comunicazione “Il bio dentro di noi”, ideata e organizzata dalle maggiori realtà del biologico italiano: FederBio, AssoBio e Consorzio “Il Biologico”.

Il Progetto MOOD (MOdello di prOgettazione della rete dei sistemi di sicurezza alimentare, qualità nutrizionale e nutrigenomica della Dieta mediterranea per la difesa della salute in Italia: applicazione del processo Nutrient Analysis of Critical Control Point), finanziato dal Ministero della Salute nell’ambito degli interventi di lotta alla malnutrizione in tutte le sue forme e per la diffusione dei princìpi della dieta mediterranea, di cui il Prof. Antonino De Lorenzo, Direttore del Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione dell’Università “Tor Vergata” di Roma, è il Responsabile scientifico, si propone di realizzare un sistema integrato per la sicurezza alimentare, la tracciabilità e la qualità nutrizionale focalizzato sulla valorizzazione di prodotti che abbiano potenziali applicazioni nel campo della salute, per un’alimentazione basata su piani nutrizionali e su valutazioni di nutrigenetica e nutrigenomica, con l’obiettivo finale della messa punto di un modello di rete dei sistemi per la sicurezza alimentare e la qualità nutrizionale in Italia, basato sul recupero della dieta mediterranea italiana.

La ricerca che ha coinvolto 15 volontari sani, si contraddistingue per una importante e dettagliata raccolta di dati sulla salute, sui valori nutrizionali dei cibi e sulla loro impronta ambientale, concentrandosi in particolare sulla composizione del microbiota intestinale, spesso definito il “secondo cervello” del nostro corpo, con risultati inediti sul miglioramento di questo sistema fondamentale per la nostra salute.

È una ricerca unica perché si basa su un data base ex novo eccezionale – ha spiegato la Prof.ssa Di Rienzo – I dati ottenuti dalle analisi effettuate ai 15 volontari hanno preso in considerazione diversi parametri, permettendoci di raccogliere una quantità enorme di risultati, per questo lo studio assume una rilevanza scientifica importante. Il cuore dello studio ha riguardato l’analisi del cosiddetto esposoma, ovvero l’insieme dei fattori interni ed esterni che influenzano il nostro stato di salute. Tra questi ci sono le abitudini alimentari, lo stile di vita e l’esposizione a sostanze inquinanti. Lo studio ha approfondito il primo di questi fattori, ovvero quanto incide ciò che mangiamo sul nostro stato di salute. I risultati hanno mostrato che una dieta composta esclusivamente da alimenti biologici riduce l’esposizione a sostanze chimiche nocive, come pesticidi e fertilizzanti sintetici, rafforzando le barriere naturali del corpo contro infiammazioni e danni cellulari”.

Secondo quanto rilevato dallo studio, grazie alla dieta biomediterranea, negli organismi dei volontari le famiglie di batteri antiossidanti (i batteri buoni per la nostra salute) sono aumentate anche del 25% dopo la dieta rispetto allo stato iniziale. Allo stesso tempo, le associazioni di batteri pro-ossidanti si sono ridotte fino al 50% sul campione. Quindi, chi segue una dieta mediterranea biologica corre minori rischi di contrarre malattie cardiovascolari, diabete e tumori, grazie a un complessivo effetto immunomodulante e detossificante.

Nell’enorme raccolta di dati sono emersi risultati altamente positivi nella qualità dei grassi assunti nella dieta biologica mediterranea, con un calo consistente dei grassi saturi correlati al rischio cardiocircolatorio. A esprimere questi valori sono il cosiddetto indice di aterogenicità che si è quasi dimezzato (da 0,29 a 0,16) e quello di trombogenicità, più che dimezzato (da 0,42 a 0,20), riducendo così il rischio di malattie cardiovascolari. Anche la capacità antiossidante del pasto legata a quella del corpo, fondamentale per contrastare l’invecchiamento cellulare, è quasi quadruplicata, passando da 5.870 a 20.573 unità ORAC, l’unità di misura della capacità di assorbimento dei radicali liberi.

Un dato per certi versi inaspettato è stato quello relativo alla vicinanza della dieta giornaliera dei partecipanti allo studio a un modello ideale di alimentazione mediterranea. Il cosiddetto Indice di Adeguatezza Mediterranea è passato da 1,4 (livello non accettabile) nelle analisi pre-ricerca a oltre 15 (livello eccellente). In altre parole, molti italiani pensano di mangiare mediterraneo e invece sono molto lontani dal modello di consumo di vegetali, cereali, legumi, frutta fresca e secca e poche proteine animali, possibilmente ittiche che caratterizza la dieta mediterranea. Ma è stato dimostrato da precedenti studi che anche solo l’aumento di 2.7 unità dell’indice di adeguatezza mediterranea è associato a una diminuzione di mortalità per patologie cardiovascolari del 26% su 20 anni. 

I benefici non si fermano qui. Come è noto, mangiare bio è una scelta sostenibile, e lo studio di Tor Vergata lo ha pienamente confermato. Nel solo mese della dieta, l’impronta idrica è scesa da 64.475 litri a 44.705 litri per persona, con un risparmio di circa 20.000 litri. Per fare un paragone, si tratta dell’acqua necessaria per fare più di 250 docce. Anche l’impronta carbonica si è ridotta, passando da 40,25 a 38,13 kg di CO2 equivalenti: la stessa quantità di emissioni prodotta dal funzionamento medio mensile di un forno elettrico.

 “I risultati della ricerca presentata oggi evidenziano come due modelli alimentari per noi di riferimento, come la dieta mediterranea e il biologico, combinati insieme, abbiano effetti ancora più positivi per la salute – ha commentato il Sottosegretario all’Agricoltura, sovranità alimentare e foreste, Luigi D’Eramo La dieta mediterranea, già patrimonio immateriale dell’umanità, ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti come sistema alimentare migliore al mondo, perché è salutare e fa bene anche all’ambiente. Una sostenibilità che è parte fondante del metodo di coltivazione biologico, che promuove cibo sano e legato ai territori. Lavoriamo per sostenere un rilancio dei consumi interni, per consentire l’ulteriore crescita di un settore in cui l’Italia è leader a livello internazionale. È inoltre importante sensibilizzare i più giovani, che saranno gli adulti di domani, sui benefici di un’alimentazione sana e sostenibile, favorendo una sempre maggiore diffusione della dieta mediterranea biologica anche nelle mense scolastiche”.

Oltre all’ Università “Tor Vergata”, capofila del progetto, partecipano anche l’Università degli Studi G. D’Annunzio di Chieti-Pescara, l’Università degli Studi di Pavia, l’Università degli Studi di Sassari, l’Università degli Studi di Teramo, l’Università di Perugia, l’Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo, l’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, e l’IRCCS – Centro Neurolesi Bonino Pulejo

Articoli simili

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da questo sito web.