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Dieci mosse per vincere la sfida della qualità dell’aria

Il 29 settembre 2017 è stato presentato al Senato della Repubblica il Rapporto “La sfida della qualità dell’aria nelle città italiane. Dieci proposte di green economy“, una ricerca realizzata dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (FoSS), in collaborazione con l’Agenzia nazionale per nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), in partnership con il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane.

L’inquinamento atmosferico è una delle principali criticità ambientali, responsabile nel mondo di oltre 3 milioni di morti premature ogni anno. Nove persone su dieci sono esposte a livelli di inquinamento troppo elevati e l’Europa non fa eccezione, con più di mezzo milione di morti premature ogni anno e danni economici, diretti e indiretti, stimati fra 300 e 900 miliardi di euro, tra 2% e il 6 % del PIL comunitario.
In questo quadro, l’Italia, con oltre 90 mila decessi prematuri ogni anno a causa delle elevate concentrazioni di tre inquinanti critici – particolato atmosfericobiossido di azoto ozono – presenta tassi di mortalità più alti delle altre principali economie europee: oltre 1.500 decessi prematuri per milione di abitante, contro una media dell’Unione europea di poco più di mille decessi prematuri.
Negli ultimi anni, come si evidenzia nel Report, la situazione nelle città italiane è migliorata, ma non abbastanza: non siamo ancora in linea con gli obiettivi europei sulle emissioni e nelle aree di maggiore criticità non riusciamo a rispettare i limiti sulla qualità dell’aria.
L’Italia, inoltre, è soggetta a due procedure di infrazione per l’eccessivo inquinamento da particolato e da biossido di azoto che potrebbero portare anche a sanzioni economiche importanti

Per vincere la sfida della qualità dell’aria dobbiamo innovare le nostre politiche, tenendo conto delle caratteristiche dell’inquinamento attuale, con una componente secondaria sempre più importante, degli impatti potenziali del cambiamento climatico in corso, che spesso contribuisce a creare condizioni particolarmente critiche, del ruolo crescente di settori “non convenzionali” che si aggiungono ai trasporti e all’industria, come le emissioni derivanti dal riscaldamento residenziale, e delle biomasse in particolare, e dall’agricoltura – ha affermato nella presentazione del Report, il Presidente della FoSS Edo Ronchi – Con questa ricerca abbiamo voluto mettere a sistema, in modo accessibile a un pubblico ampio, le principali informazioni su un tema tanto complesso e, su tali basi, abbiamo proposto dieci misure che, puntando sulla green economy, potrebbero innovare le politiche nazionali sulla qualità dell’aria e dare un contributo decisivo per vincere questa importante sfida“.

Alla base di queste proposte c’è anche la convinzione che la sfida della qualità dell’aria, così come quella del clima, potrà essere vinta alimentando un processo reale di crescita della green economy nazionale, in grado di orientare il sistema economico verso soluzioni intelligenti, a impatto sempre più ridotto, capaci di attivare una crescita economica sana e ad elevati livelli occupazionali.

Il principale obiettivo del lavoro è stato quello di mettere a sistema e sintetizzare le informazioni esistenti per costruire un quadro conoscitivo chiaro su un tema delicato e spesso di non facile accesso ai non addetti ai lavori.

A partire da questo quadro conoscitivo aggiornato, sono state elaborate una serie di proposte di policy volte ad andare oltre il dibattito attuale, concentrato per lo più su soluzioni di tipo emergenziale insufficienti a traguardare gli obiettivi nazionali in termini di emissioni inquinanti e qualità dell’aria. Un “decalogo” per vincere la sfida della qualità dell’aria nelle città italiane attraverso soluzioni strutturali che superino le emergenze e puntino sullo sviluppo della green economy.

Ecco in sintesi, le 10 proposte.

1. Gli amministratori locali sono diventati una specie di capro espiatorio e devono essere aiutati: per questo serve una Strategia nazionale per la qualità dell’aria, che rinnovi la governance migliorando l’integrazione e centralizzando alcune responsabilità per incidere sulle politiche nazionali dei trasporti, sull’energia, sull’edilizia ecc. e individuare misure strutturali ed eccezionali valide su tutto il territorio nazionale.

2.La combustione energetica è il principale responsabile dell’inquinamento atmosferico ma fino a oggi l’orientamento ambientale è stato quello di puntare a ridurre le emissioni di gas serra, anche a scapito della qualità dell’aria (come la promozione dei veicoli diesel o dell’utilizzo di combustibili legnosi in impianti inefficienti). Le politiche energetiche, a cominciare dalla nuova Strategia Energetica Nazionale, devono invece includere una valutazione degli impatti non solo sulla CO2 ma anche sui principali inquinanti atmosferici.

3. Agire con misure straordinarie e divieti nelle città solo dopo che sono stati raggiunti livelli critici di inquinamento non consente di risolvere l’emergenza: è necessario passare a un “approccio preventivo all’emergenza” mettendo in campo le misure prima che vengano raggiunti livelli di inquinamento critico. Disponiamo oggi degli strumenti per poterlo fare ma dobbiamo puntare ancora di più su ricerca e conoscenza.

4. Un sistema di mobilità basato sull’auto di proprietà è il primo ostacolo al miglioramento della qualità dell’aria nelle città: bisogna mettere in campo interventi e soluzioni per portare il parco circolante italiano a meno di 1 vettura ogni 2 abitanti (come oggi in Francia): si può fare scoraggiandone l’uso (low emission zone, aree pedonali e ciclabili, limitazione alla sosta, etc.) e sviluppando la mobilità condivisa (trasporto su ferro, bike sharing, car sharing, integrazione con il trasporto pubblico ecc.).

5. Gli investimenti pubblici sulle infrastrutture per i trasporti seguono ancora vecchie logiche: solo il 10% va sulla mobilità urbana che invece è il primo settore su cui bisogna agire, e di questi meno della metà su modalità sostenibili: bisogna invertire questo rapporto e liberare ingenti investimenti pubblici in favore del trasporto rapido di massa, delle infrastrutture ciclo-pedonali, di sistemi di logistica intelligente.

6. Le politiche incentrate sugli standard Euro non hanno funzionato come oramai è diventato di pubblico dominio dopo lo scandalo del “dieselgate”: servono nuovi strumenti fiscali, economici, regolatori per ridurre velocemente il numero dei veicoli diesel e benzina facendo crescere quelli ibridi plug-in, quelli full-electric e quelli a gas (in particolare su trasporto navale e merci) sul breve termine.
7. Il settore residenziale è il primo responsabile dell’inquinamento da particolato atmosferico e negli ultimi anni, nonostante le politiche e misure messe in campo, non ha visto migliorare in modo significativo la propria efficienza energetica: serve un cambio di passo, con strumenti e sistemi di finanziamento innovativi capaci di promuovere interventi di deep renovation intervenendo su interi edifici o gruppi di edifici esistenti e raggiungendo riduzioni dei consumi nell’ordine del 60-80%.

8.Nonostante siano spesso percepite come favorevoli all’ambiente e diano un contributo importante in termini di riduzione delle emissioni di CO2, le biomasse legnose contribuiscono in modo significativo all’inquinamento da particolato atmosferico nelle città: servono delle linee guida nazionali sull’utilizzo delle biomasse che forniscano chiare indicazioni circa le tecnologie da adottare e le modalità di utilizzo, incluse possibili interdizioni per impianti inquinanti in aree critiche.

9. L’ammoniaca è un importante precursore del particolato atmosferico e l’agricoltura è responsabile del 96% delle emissioni nazionali di questo inquinante (principalmente da fertilizzanti e allevamenti) che secondo i risultati di alcune indagini a Milano contribuisce per il 35% dell’inquinamento dal PM10: il comparto agricolo deve quindi promuovere nuovi interventi volti a ridurre l’azoto in eccesso nei terreni (ad esempio con agricoltura di precisione e copertura dei suoli), a mitigare l’impatto degli allevamenti (ad esempio attraverso mangimi speciali e la produzione di biometano) e a sviluppare l’agricoltura biologica meno impattante.

10. Nonostante i miglioramenti, l’industria è ancora il principale settore in Italia per emissioni di SOX e COVNM, che sono importanti precursori del particolato atmosferico: è possibile migliorare adottando per i grandi impianti (come impianti petrolchimici, cementifici, centrali elettriche, etc.) i limiti più stringenti previsti per le migliori tecnologie disponibili (le cosiddette BAT), definendo nuovi limiti alle emissioni e istituendo un inventario delle emissioni per i piccoli impianti, promuovendo l’elettrificazione e l’utilizzo di combustibili a basso impatto ambientale in impianti ad altissima efficienza.

L’Italia, se non cambierà rotta – ha sottolineato RonchI – non centrerà i nuovi target europei al 2030 e lo sviluppo della green economy in ambito urbano, ma non solo, è la soluzione più efficace per risolvere questa situazione“.

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