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L’EFSA aggiorna la valutazione sui rischi di alcuni alcaloidi (AP)

EFSA aggiorna valutazione su rischi alcaloidi

Per difendersi da animali erbivori e insetti fitogagi le piante sono dotate di sostanze chimiche in grado di provocare intossicazioni a chi le ingerisce. Gli animali conoscono i pericoli derivanti da queste piante ed evitano di consumarle.
Ho piantato qualche cespo di celidonia a casa mia, lungo il muro di un deposito, perché essa ama il pietrame, ma né il mio cavallo, né il mio asino, né le mie oche la toccano mai. Girano al largo e vanno per la loro strada. Tanto per farvi capire che gli animali conoscono i pericoli di questa pianta” (Maurice Mességué, “Ha ragione la natura“, Mondadori Editore, 1972, pag. 117). Tuttavia, può capitare che nel fieno distribuito negli allevamenti o rimasto sul terreno dopo periodi di prolungata siccità rimanga qualche “malerba” che può dar luogo ad effetti epatotossici per gli animali che le hanno ingerite in quantità.

L’uomo non è altrettanto cauto, nella convinzione che tutto quel che è naturale non può che essere salutare per l’organismo. In realtà, ci sono delle insidie in alcune piante largamente utilizzate che meritano di essere attentamente studiate e monitorate per i loro effetti.

È il caso delle piante che contengono gli alcaloidi pirrolizidinici (AP), una vasto gruppo di tossine (oltre 600 con tale struttura chimica), che si trovano principalmente in alcune famiglie di angiosperme lontanamente imparentate: Boraginaceae (“non ti scordar di me”), Asteraceae (tribù Senecioneae ed Eupatorieae della famiglia delle margherite) e Fabaceae (il genere Crotalaria noto con il nome comune di nacchera). Il contenuto di PA negli alimenti e nei mangimi dipende da numerosi fattori, compresi specie e organo della pianta produttrice di AP, raccolta, conservazione e procedure di estrazione.

Di recente, l’Autorità Europea per la sicurezza alimentare (EFSA), aggiornando su richiesta della Commissione la sua precedente consulenza del 2011 sulla valutazione del rischio da consumo di integratori alimentari a base di piante produttrici di tossine AP, presenti nella filiera alimentare in modo accidentale, tenendo conto delle stime di esposizione secondo i dati più recenti sui livelli di tali tossine nel miele, nel tè, nelle infusioni di erbe e negli integratori alimentari, ha pubblicato “Risks for human health related to the presence of pyrrolizidine alkaloids in honey, tea, herbal infusions and food supplements“.

Secondo gli esperti scientifici del gruppo sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM) dell’EFSA , l’esposizione a tali alcaloidi rappresenta un problema nel lungo termine per la salute umana, in particolare per assidui e grandi consumatori di tè e infusioni di erbe, per il potenziale cancerogeno di tali sostanze. Anche il consumo di integratori alimentari a base di piante produttrici di alcaloidi pirrolizidinici potrebbe dar luogo a livelli di esposizione tali da causare una tossicità di breve periodo con conseguenti effetti avversi sulla salute.

Nel 2011 l’EFSA era giunta alla conclusione secondo cui sussistevano potenziali preoccupazioni nel lungo termine per la salute di bambini, anche piccoli, che fanno un grande consumo di miele, l’unica categoria alimentare per la quale all’epoca erano disponibili dati sufficienti.

Il gruppo CONTAM ha definito anche il livello di rischio cancerogeno degli AP in 237 μg / kg di peso corporeo al giorno, individuando 17 alcaloidi pirrolizidinici in alimenti e mangimi che devono continuare a essere monitorati e raccomandando ulteriori studi sulla tossicità e sulla cancerogenicità di quelli più comunemente presenti negli alimenti.

Il rischio allarmistico in notizie di tal genere è sempre in agguato, ma il livello di contaminazione non è tale da giustificare che si smetta, ad esempio, di bere tè per paura degli AP, rinunciando così ai benefici salutari che la bevanda apporta. Quel che è necessario evitare è l’acquisto di prodotti sui quali non ci sono controlli sulla presenza di AP o non si siano seguite le Linee Guida dell’OMS (Guidelines on good agricultural and collection practices).

Il Ministero della Salute è intervenuto sulla questione in più occasioni, per ultimo con la Nota del 1° luglio 2016 con cui si invitava le aziende a fornire dati sui livelli di contaminazione da AP negli integratori alimentari e nelle erbe ad uso infusionale, sia per prevenire eventuali pericoli per i consumatori, sia per raccogliere elementi utili all’EFSA per una valutazione completa dei rischi degli AP.

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