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Convenzione di Basilea: Accordo per limitare l’esportazione di rifiuti plastici

Nonostante il boicottaggio degli USA, 180 Paesi della Convenzione di Basilea sul controllo delle spedizioni di rifiuti pericolosi, hanno accolto gli emendamenti proposti dalla Norvegia per inserire le voci relative ai rifiuti di plastica, per evitare che i Paesi poveri divengano la discarica di quelli ricchi.

La Convenzione di_Basilea_sul_controllo_dei_movimenti_oltre_frontiera_di_rifiuti_pericolosi_e_sulla_loro_eliminazione.pdf di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e il loro smaltimento, conchiusa nel 1989 ed entrata in vigore nel 1992 , è l’Accordo stipulato da da 187 Paesi, con l’obiettivo di proteggere la salute umana e l’ambiente dagli effetti negativi dei rifiuti pericolosi e di altri rifiuti.

Il suo ambito di applicazione copre una vasta gamma di rifiuti definiti come “pericolosi” in base alla loro origine e/o composizione e caratteristiche, nonché due tipi di rifiuti definiti come “altri rifiuti”: rifiuti domestici e ceneri di incenerimento.

Lo scorso week-end, al termine della Conferenza delle Parti (Ginevra, 29 aprile -10 maggio 2019), 180 Paesi hanno approvato gli emendamenti proposti dalla Norvegia che quest’anno ospiterà la Conferenza ONU “Our Oceans” (Oslo, 23-24 ottobre 2019), volti a modificare e aggiungere voci relative ai rifiuti di plastica, con l’obiettivo di controllarne il flusso in tutto il mondo, rendendo di fatto illegale per gli esportatori la spedizione di rifiuti di plastica all’estero senza autorizzazione.

I rifiuti di plastica sono riconosciuti come uno dei problemi ambientali più urgenti al mondo e il fatto che questa settimana quasi 1 milione di persone in tutto il mondo abbia firmato una petizione che esorta le parti della Convenzione di Basilea a intervenire qui a Ginevra alla Conferenza delle Parti – ha dichiarato in un Comunicato stampa Rolph Payet, Segretario esecutivo della Convenzione – è un segnale che la consapevolezza del pubblico e il desiderio di agire sono elevati“.

Da quando la Cina con le misure introdotte con la cosiddetta “National Sword” ha vietato l’importazione di 4 categorie di rifiuti stranieri,, tra cui le plastiche post-consumo, i vicini mercati della Malesia, Tailandia e Vietnam si sono trovati invasi dagli sprechi provenienti dalle nazioni più ricche, tra cui l’Italia, come ha evidenziato il recente Rapporto di Greenpeace, senza possedere le infrastrutture necessarie per il loro riciclaggio.

Con le nuove regole, che entreranno in vigore dal prossimo anno, qualsiasi azienda che volesse spedire all’estero rifiuti di plastica contaminati, misti o non riciclabili avrebbe bisogno di richiedere l’approvazione del Governo del Paese destinatario. Con tali misure dovrebbe risultare più difficile per gli operatori il commercio di rifiuti che vengono poi scaricati illegalmente, garantendo che le aziende importatrici siano debitamente autorizzate.

Gli Stati Uniti  di gran lunga il principale esportatore dei rifiuti di plastica, sono stati uno dei pochi Paesi che non hanno aderito allo “storico” Accordo delle Nazioni Unite, facendo pressioni gli Stati Uniti hanno fatto pressioni contro i cambiamenti proposti, potrebbero essere ugualmente colpiti dalle nuove regole, qualora esportassero verso nazioni che sono registrate.

Alla IV Assemblea del Programma Ambiente delle Nazioni Unite (Nairobi, 11-15 marzo 2019) è stato presentato, tra gli altri, il Rapporto Combacting Marine Plastic Litter and Microplastics” che stima come con le attuali tendenze entro il 2050 potrebbero essere scaricate in mare o nelle discariche 12.000 milioni di tonnellate di plastica.

In copertina. Un uomo naviga in un mare di rifiuti (foto di Doug Woodring/Ocean Recovery Alliance)

 

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