Il MiTE ha reso disponibile il “IV Rapporto sullo stato del capitale naturale in Italia” da cui emerge che i nostri straordinari ecosistemi sono a rischio e c’è molto da fare se vogliamo che la nostra generazione sia la prima “che lascia i sistemi naturali e la biodiversità in uno stato migliore di quello che ha ereditato”.
Dopo l’annuncio del 7 aprile 2021 che il Comitato per il Capitale Naturale (CCN) aveva predisposto il “IV Rapporto sullo stato del capitale naturale in Italia”, in occasione della Giornata Mondiale della Biodiversità (22 maggio), proprio per mettere in luce il ruolo centrale della tutela della biodiversità per il benessere della nostra società, il Ministero della Transizione Ecologica (MiTE) ha ufficialmente presentato nel corso di un Convegno presso l’Orto Botanico di Roma e reso disponibile sul sito web del MiTE il Rapporto, assieme ad una pubblicazione divulgativa dello stesso dal titolo “Capitale Naturale: la nostra eredità”.
“La mitigazione è l’obiettivo del Recovery Plan: non abbiamo un secondo appello – ha affermato il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani che è Presidente del Comitato, composto da 10 Ministri, dall’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), dalla Conferenza delle Regioni, da 5 Istituti pubblici di Ricerca e da un gruppo di esperti della materia nominati dal precedente Ministero (MATTM) – e c’è poco da discutere, dobbiamo adottare norme efficaci e agire in favore della biodiversità, con grande intensità, entro i prossimi 5 anni”.
Il Capitale Naturale è l’intero stock di risorse naturali, organismi viventi, aria, acqua, suolo e risorse geologiche che contribuisco alla produzione di “servizi ecosistemici” (es. depurazione delle acque, stoccaggio del carbonio, rifornimento di materie prime, protezione dal dissesto idrogeologico e moltissimi altri) da cui noi stessi siamo strettamente dipendenti per il nostro benessere e la nostra economia. Compromettere la natura e i suoi servizi significa compromettere la nostra stessa società, con gravi conseguenze non solo dal punto di vita della salute, ma anche da quello economico (si veda in fondo per alcuni dati esemplificativi). Quantificare dal punto di vista economico questi servizi è quindi fondamentale perché solo comprendendo il reale valore della natura è possibile tutelarla e valorizzarla.
Istituito dalla Legge 221 del 2015, il Rapporto nasce proprio a questo scopo e l’appuntamento annuale serve a fare un bilancio dello stato di salute dei sistemi naturali italiani e a dare una quantificazione biofisica ed economica dei beni e servizi forniti dall’ambiente. Il Rapporto deve, inoltre, dare indicazioni concrete su come integrare queste considerazioni all’interno delle politiche del Paese affinché il Capitale Naturale da cui dipendiamo sia preservato e, dove necessario, ripristinato.
“I Rapporti sul Capitale Naturale non sono quindi uno strumento una tantum – sottolinea la nota del MiTE – ma costituiscono un processo continuo di integrazione del Capitale Naturale in tutte le politiche italiane, per contribuire a porre il paese sulla strada della sostenibilità. Anche il Quarto Rapporto si inserisce in questo processo e giunge in un momento particolarmente importante per l’Italia, che sta per mettere a punto la nuova Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030”.
La Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030
La necessità di preservare il capitale naturale per garantire la resilienza dei nostri sistemi socioeconomici, e la stretta interconnessione tra sviluppo sostenibile, contrasto ai cambiamenti climatici e conservazione della biodiversità sono riconosciuti dai diversi impegni internazionali cui l’Italia ha aderito, quali l’Agenda ONU per lo Sviluppo Sostenibile al 2030, il Green Deal europeo e le Strategie Europee per la Biodiversità al 2030 e Farm to Fork.
Nella Giornata mondiale della biodiversità, UNEP (Programma Ambiente delle Nazioni Unite) e CBD (Convenzione sulla Diversità Biologica) hanno pubblicato un Rapporto sui progressi degli indicatori ambientali correlati agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile di cui all’Agenda ONU da cui emerge che, soprattutto per perdita di biodiversità e cambiamenti climatici, è in corso un vero e proprio arretramento.
In attuazione degli impegni internazionali, il MiTE fa sapere che nel corso del 2021 sarà definita la nuova Strategia Nazionale per la Biodiversità per il 2030, che verrà impostata proprio a partire dai contenuti e dalle indicazioni derivanti dal IV Rapporto sul Capitale Naturale, oltre che dalle lezioni apprese dalla precedente Strategia (2011-2020), come analizzati nel Rapporto conclusivo della stessa.
Di seguito alcuni dati estratti dal IVRapporto, sullo stato della biodiversità e sulle valutazioni biofisico-economiche dei servizi ecosistemici.
– Su 85 tipologie di ecosistemi italiani censiti, ben 29 risultano ad alto rischio, e sono per lo più quelli legati agli ambienti umidi, quelli di alta quota, alla fascia costiera e alle pianure interessate da agricoltura e zootecnia intensiva. Ad esempio, nella Ecoregione Padana solo l’8% della superficie ospita ecosistemi naturali e seminaturali.
– L’Italia possiede un ricco patrimonio forestale che copre il 40% della superficie nazionale (12 milioni di ettari) ed è tra i più ricchi di biodiversità tra quelli europei. Molte foreste sono però in uno stato ecologico non ottimale e sono minacciate da incendi, tempeste ed epidemie.
– Le foreste italiane immagazzinano un totale di 4,5 miliardi di tonnellate di C02 e ogni anno ne fissano 46,2 milioni di tonnellate (il 12% di tutte le emissioni italiane).
– Il 63% delle specie di uccelli nidificanti in Italia risulta in uno stato di conservazione cattivo o inadeguato, e più di un quarto delle specie di uccelli valutate dalla recente Lista Rossa nazionale risulta a rischio di estinzione.
– Gli ecosistemi marini e costieri sono minacciati dall’impermeabilizzazione del suolo, dal turismo non sostenibile, dall’inquinamento da plastica e dal depauperamento delle risorse ittiche. Le praterie di Posidonia oceanica sono fondamentali per la protezione dall’erosione costiera, come nursery per molte specie oggetto di pesca e per la regolazione del clima grazie al carbonio immagazzinato. Nell’ultimo secolo il 30% delle praterie sottomarine, corrispondente a circa 226.000 tonnellate di carbonio sequestrato all’anno, è andato perso.
Nel Quarto Rapporto è stato stimato che nel periodo 2012-2018 l’entità di molti servizi ecosistemici e il conseguente valore economico sono diminuiti. Tra questi:
– perdite economiche fino a 146 milioni di euro associate all’aumento dell’erosione del suolo;
– riduzione di 72 milioni di metri cubi di risorsa idrica disponibile nelle falde acquifere, corrispondente a circa 15 milioni di euro;
– perdita di quasi 2,5 milioni di tonnellate di carbonio immagazzinato nella vegetazione e nel suolo a causa di cambiamenti nell’uso del suolo, con una conseguente perdita di benefici economici che vanno da 491 a 614 milioni di euro;
– perdite potenziali fino a 3,8 miliardi di euro dovute alla riduzione del servizio di regolazione del regime idrologico che comporta 259 milioni di metri cubi di acqua in eccesso.
“La conoscenza scientifica documenta che se preserviamo la natura, preserviamo noi stessi – ha affermato Gianfranco Bologna, membro del Comitato per il Capitale Naturale in una nota sul sito del WWF Italia della cui Comunità scientifica è Presidente Onorario – Gli ecosistemi e la biodiversità costituiscono la base della nostra salute, del nostro benessere e del nostro sviluppo. Comprendere questo principio è ormai indispensabile anche per il mondo politico ed economico e il Quarto Rapporto del Comitato Capitale Naturale mira ad illustrare al meglio questo concetto basilare per affrontare la sfida del prossimo decennio”.
“La nostra errata gestione degli ecosistemi naturali e la conseguente pandemia ci spingono a interrogarci sulla necessità e urgenza di una transizione ecologica per concretizzare un vero e proprio cambiamento trasformativo del nostro vivere sull’unico pianeta che ci consente di esistere – ha proseguito Bologna – La pandemia da SARS-CoV-2 è una chiara manifestazione del nostro rapporto fortemente malato con la natura ed evidenzia ancora di più la profonda interconnessione tra la salute umana e quella dei sistemi naturali. È ormai giunto il tempo di reagire a questa situazione, non solo per assicurare un futuro all’evoluzione naturale della straordinaria biodiversità che ci circonda, ma anche perché ignorare questo segnale mette in gioco il futuro dei quasi 8 miliardi di persone attualmente presenti”, chiosa Bologna che conclude:
“Il rapporto presentato oggi – ha concluso Bologna – propone proprio per dare seguito alla visione che il Comitato stesso ha approvato con l’obiettivo di ottenere entro il 2030 lo stop alla perdita della biodiversità, l’inversione dei processi del suo degrado e i primi risultati di una grande ‘opera pubblica’ di ripristino dei nostri ambienti terrestri e marini, che costituiscono la base fondamentale del benessere e della salute di noi tutti”.