Un nuovo Studio, basato per la prima volta su un biomarcatore (un metabolita di inquinanti organici persistenti), conferma che l’esposizione materna agli insetticidi è correlata al maggior rischio di autismo tra la prole.
Come noto, l’autismo è un grave disturbo dello sviluppo neurologico che impedisce a chi ne è portatore di interagire in modo adeguato con l’ambiente e con le persone, compromettendo la qualità della comunicazione e inducendo a comportamenti ripetitivi e limitati interessi.
Ora, un nuovo studio, (Association of Maternal Insecticide Levels With Autism in Offspring From a National Birth Cohort), pubblicato il 16 agosto 2018 su The American Journal of Psychiatry, ha rilevato che l’esposizione a livelli elevati di pesticidi nelle donne in gravidanza sono associati ad un aumento del rischio di autismo tra i propri figli.
I ricercatori della Mailman School of Public Health della Columbia University (New York) hanno identificato 778 casi di autismo infantile tra i nati dal 1987 al 2005 da oltre un milione di donne arruolate in uno studio finlandese (Finnish Prenatal Study of Autism) che prevedeva il prelievo, di campioni di sangue nel corso della gravidanza. Altre 778 mamme con caratteristiche simili sono state individuate, ma senza che i figli avessero manifestato il disturbo.
Il sangue materno prelevato da entrambi i gruppi durante la gravidanza è stato analizzato per livello di DDE (Diclorodifenildicloroetilene), un metabolita di degradazione del DDT (Diclorodifeniltricloroetano) e del PCB (Policlorobifenile), inquinanti organici persistenti (POP).
I ricercatori hanno scoperto che le probabilità di autismo con disabilità intellettiva nella prole erano aumentate di più del doppio se il livello di DDE era significativo, mentre in generale quello di autismo era aumentata di un terzo. Nessun tipo di associazione è stata rilevata, invece, per i PCB.
“Pensiamo che queste sostanze chimiche siano relegate in un’era ormai lontana di produzione pericolosa di sostanze tossiche del XX secolo – ha dichiarato Alan S. Brown, Professore di Epidemiologia alla Mailman School of Public Health della Columbia University, e principale autore dello Studio – Sfortunatamente, sono ancora presenti nell’ambiente e sono presenti tuttora nei nostri tessuti e nel nostro sangue. Nelle donne in stato di gravidanza, passano al feto in via di sviluppo. Inoltre, assieme ad altri fattori genetici e ambientali, i nostri risultati suggeriscono che l’esposizione prenatale alla tossina DDT può essere un fattore scatenante per l’autismo”.
Seppure DDT e PCB siano stati vietati da oltre 30 anni in molte nazioni, Finlandia compresa, persistono per diversi anni nella catena alimentare perché la loro rottura avviene molto lentamente, per cui la popolazione è tuttora esposta ed il trasferimento attraverso la placenta avviene a concentrazioni maggiori di quelle osservate nel sangue della madre.
Per la ”scoperta della grande efficacia del DDT come veleno da contatto contro molti artropodi” (la ricerca si era incentrata su un prodotto che fosse efficace contro i pidocchi), e più tardi utilizzato per combattere la malaria e il tifo), il chimico svizzero Paul Hermann Müller fu insignito nel 1948 del Premio Nobel in Fisiologia e Medicina.
I ricercatori offrono due ragioni per la loro osservazione che l’esposizione materna a DDE era correlata all’autismo, mentre l’esposizione materna a PCB non lo era:
– la DDE materna è associata a basso peso alla nascita, un fattore di rischio ben riprodotto per l’autismo, mentre l’esposizione alla PCB materna non è stata correlata al basso peso alla nascita;
– il legame con i recettori degli androgeni, che il DDE inibisce, mentre i PCB aumentano la trascrizione dei recettori degli androgeni.
Gli autori concludono che i loro risultati “forniscono la prima prova basata sui biomarcatori che l’esposizione materna agli insetticidi è correlata all’autismo tra la prole”, anche se tengono a sottolineare che non dimostrano la causalità.
In precedenza, un altro Studio, compiuto dall’Università californiana di Davis (UCD) su1.000 famiglie i cui figli di età compresa tra i 2 e i 5 anni avevano manifestato la sindrome di autismo o ritardo dello sviluppo cognitivo. aveva scoperto che circa un terzo dei partecipanti alla ricerca abitava nelle immediate vicinanze (entro 1,25-1,75 Km) di applicazione dei pesticidi più commercialmente diffusi.