Infrastrutture e mobilità

Arrestare lo spopolamento della montagna si può… con adeguate politiche!

arrestare spopolamento montagna

È stato presentato il 9 febbraio 2016 presso il Senato della Repubblica il Rapporto “La montagna perduta. Come la pianura ha condizionato lo sviluppo italiano”, realizzato da Centro Europa Ricerche (CER) e Trentino School of Management (TSM) e basato su una cospicua mole di dati statistici, dal 1951 agli anni più recenti, sull’andamento della popolazione, dell’economia e delle infrastrutture, nelle varie regioni italiane.

La montagna è un nodo strategico dell’economia verde e una risorsa su cui puntare per lo sviluppo del sistema Paese – ha affermato il Presidente del Senato, Pietro Grasso nel corso della presentazione – In una società che vede avanzare sempre di più una crisi idrica ed energetica, la tutela dell’ecosistema montano deve essere rispettata con adeguate politiche pubbliche che siano in grado di superare quelle condizioni di svantaggio che limitano quelle enormi e ancora non completamente sfruttate potenzialità”.

A parlare sono i numeri: dal 1951 a oggi, la montagna è stata vittima di spopolamento e abbandono. Se la popolazione italiana negli ultimi 60 anni è cresciuta di circa 12 milioni di persone, infatti, la montagna ne ha perse circa 900 mila. Tutta la crescita, in pratica, si è concentrata su pianura (8,8 milioni di residenti) e collina (circa 4 milioni): meno abitanti, meno scuole, meno trasporti, meno servizi, meno peso politico: quindi meno montagna e più pianura.

Leggendo, i dati del Rapporto in modo approfondito e originale si scopre che sussistono le vie per valorizzare le caratteristiche e le risorse del territorio montano, come hanno saputo fare come Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta, dove lo spopolamento non c’è stato e la popolazione ha registrato una forte crescita negli ultimi 60 anni.

Sono le uniche due regioni di montagna dove non si è registrato il fenomeno dello spopolamento delle alte quote, ma addirittura una crescita della popolazione in termini assoluti – ha commentato Ugo Rossi, Presidente della Regione Trentino Alto Adige – La spiegazione che possiamo dare è che a fare la differenza siano state le peculiari condizioni di queste due terre, anche sotto il profilo politico-amministrativo, ovvero le loro autonomie speciali. Nei nostri territori sono state poste in essere delle politiche pubbliche per valorizzare le genti di montagna. Questo certamente grazie alle risorse prodotte localmente, che abbiamo potuto gestire in prima persona. Ma attenzione: non è sufficiente disporre delle risorse. Bisogna essere convinti che evitare lo spopolamento della montagna sia un valore, sia per i diretti interessati sia per tutto il Paese”.

Nel documento si sottolinea che la montagna non è condannata dall’orografia, ma da politiche pubbliche adeguate e favorevoli, tramite le quali la montagna può ambire a un ruolo di primo piano nello sviluppo del Paese.
Mentre sul divario Nord-Sud del Paese e sui suoi differenziali di sviluppo si è ragionato molto, su quello tra pianura e montagna le ricerche e le riflessioni sono state molto meno frequenti ed enfatizzate – ha sottolineato Mauro Marcantoni, Direttore di TSM, la Scuola costituita dalla Provincia autonoma di Trento, dalla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Trento e dall’Università degli Studi di Trento, che opera nell’alta formazione per il settore pubblico e privato – Eppure, se consideriamo il principale indicatore di ‘vitalità’ di un territorio, cioè la presenza di popolazione, risulta del tutto evidente che il rischio di ‘estinzione’ della montagna e la cancellazione della sua funzione primaria nell’identità territoriale, economica e sociale del Paese, sia una vera emergenza”.

Quando la montagna assume su di sé la consapevolezza e la necessità di politiche all’altezza delle sue maggiori difficoltà, ecco allora che ciò che è problematico costituisce una spinta maggiore allo sviluppo. La montagna raggiunge una qualità della vita civile elevata, le imprese non hanno penalizzazioni logistiche supplementari, la vita delle famiglie è comoda abbastanza quanto quella di chi vive in pianura e questo insieme di cose, invece di essere motivo di emigrare, insomma di spopolamento, diventa una ragione d’attrazione; di qui la crescita demografica.

Lo studio dimostra che dove la montagna è forte sul lato delle infrastrutture e delle politiche economiche, crea addirittura più ricchezza della pianura – ha dichiarato Stefano Fantacone, Direttore di CER, un centro studi di economia applicata che analizza, prevalentemente attraverso la predisposizione di modelli econometrici, i temi centrali della politica economica italiana ed europea – Oggi la montagna può riservare nuove potenzialità che valgono per tutta l’Italia”.

Nello studio si enfatizza il ruolo avuto nella valorizzazione delle potenzialità dei territori dall’autonomia politico-amministrativa speciale di cui Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta hanno goduto, anche se si sottolinea giustamente che “non tutte le autonomie sono uguali”.

L’autonomia non è semplicemente una libertà di spesa, ma è l’abito istituzionale affinché le politiche centrate sul territorio si possano realizzare, spostando le decisioni su un perimetro più vicino alla popolazione.

Noi crediamo in un’Autonomia adulta, che ha tanto da dare – ha concluso il Presidente Rossi – Crediamo in un modello che se bene utilizzato può contribuire a far fare all’Italia quel salto in avanti che tutti auspichiamo. L’Autonomia è sinonimo di responsabilità, si inscrive entro un orizzonte riformista e solidale, non ha nulla a che fare con la chiusura, con la difesa di prerogative del passato dalle minacce esterne, è esattamente il contrario”.

Lo studio è disponibile sul sito dell’Ufficio stampa della Provincia Autonoma di Trento.

Articoli simili

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da questo sito web.