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Amianto in Italia: ancora alta la presenza della fibra killer

amianto in Italia

di  Nicoletta Canapa

In occasione della XIII Giornata Mondiale Vittime Amianto (World Day for Asbestos Victims) (28 aprile), introdotta per ricordare gli effetti dell’amianto in tutto il mondo e i milioni di vittime a causa dell’utilizzo che ne è stato fatto per più di un secolo, Legambiente ha presentato il Dossier “Liberi dall’amianto?” realizzato a tre anni dall’ultimo report (2015) sulla base, anche in questo caso, delle risposte date dalle Regioni e Province autonome (non hanno fornito risposte Abruzzo, Calabria, Liguria, Molise, Toscana ed Umbria) all’apposito questionario inviato agli uffici competenti regionali con l’obiettivo di tracciare un quadro della situazione attuale, contenente sette domande: Piano Regionale Amiantocensimento e mappatura; stato di avanzamento delle bonifiche sul territorio regionalemonitoraggioimpianti di smaltimento, costi e incentiviattività di formazione e informazione.

Nonostante siano trascorsi 26 anni dalla Legge n. 257/92 “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto“, secondo quanto emerge dal Dossier in Italia questa fibra killer continua ad essere ancora molto diffusa in molti siti e a minacciare la salute dei cittadini e l’ambiente. Sarebbero 370.000 le strutture in cui è presente amianto, censite al 2018 dalle Regioni per un totale di quasi 58 milioni di metri quadrati di coperture in cemento amianto. Di queste, 20.296 sono siti industriali (quasi il triplo rispetto all’indagine del 2015), 50.744 sono edifici pubblici (+10% rispetto al 2015%), 214.469 sono edifici privati (+50% rispetto al 2015%), 65.593 le coperture in cemento amianto (+95% rispetto al 2015%) e 18.945 altra tipologia di siti (dieci volte di quanto censito nel 2015). E se il Ministero dell’Ambiente (MATTM) parla di 88.000 siti interessati da amianto, a causa del mancato riscontro capillare da parte degli enti pubblici, le stime riportate da Legambiente si avvicinerebbero ai 66.087 siti mappati dalle Regioni. Fra questi a necessitare di un intervento urgente sarebbero oltre mille (1.195).

Davanti a tale scenario, le procedure per bonifica e smaltimento risultano essere ancora in forte ritardo, e sotto la lente di ingrandimento finiscono i Piani regionali amianto (PRA) che avrebbero dovuto essere pubblicati entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge e che ad oggi in alcune Regioni risultano ancora assenti.

Il quadro d’assieme è quanto mai preoccupante, soprattutto per gli impatti sulla salute dei cittadini: tra il 1993 ed il 2012 i casi di mesotelioma maligno sono stati 21.463, ed hanno comportato in media 6.000 morti all’anno (Lombardia, Piemonte e Liguria sono le tre regioni più colpite da questo fenomeno sanitario), secondo riportato dal “Rapporto Mesoteliomi 2017“dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA) che ha anche testimoniato come le patologie asbesto correlate siano in aumento e che di questo passo ci vorranno 85 anni per completare le bonifiche, mentre nel frattempo le malattie attribuibili all’esposizione ad amianto continueranno ad aumentare, come le conseguenti morti e i danni economici.

Bonificasmaltimento e leva economica sono quindi i 3 aspetti principali legati all’amianto che devono essere affrontati con la massima urgenza, sia a livello regionale che nazionale.
Occorre completare al più presto il censimento e la mappatura dei siti contenenti amianto, su cui definire le priorità di bonifica a partire dalle scuole in cui è ancora presente la pericolosa fibra – ha spiegato Giorgio Zampetti, Direttore generale di Legambiente – Il numero esiguo delle discariche presenti nelle Regioni incide sia sui costi di smaltimento che sui tempi di rimozione, senza tralasciare la diffusa pratica dell’abbandono dei rifiuti. Non è più sostenibile l’esportazione all’estero dell’amianto rimosso nel nostro Paese, per questo è importante provvedere ad implementare l’impiantistica su tutto il territorio nazionale”.

Ma una volta tracciata una mappatura dei siti da bonificare, in che modo è possibile procedere alla rimozione della fibra killer?
Nel nostro Paese, infatti, le discariche che possono accogliere amianto sono appena 18, quasi tutte sature o a malapena sufficienti ad accogliere i quantitativi già previsti. E non sembrerebbe esserci l’intenzione di aprire altri specifici impianti di smaltimento: in passato i rifiuti contenenti amianto smaltiti in Italia sarebbero stati di oltre 369.000 tonnellate, mentre altre 145.000 tonnellate sarebbero state esportate.

Il Direttore Zampetti, alla luce di un sistema sostenibile, ha lanciato tra l’altro una proposta.
Occorre ripristinare e rendere stabile e duraturo il sistema degli incentivi per la sostituzione eternit/fotovoltaico – ha indicato il Direttore generale di Legambiente – visti gli importanti risultati ottenuti in passato è assurdo che questo strumento sia stato rimosso“.

Ricordiamo infatti che tra il 2010 e il 2012 sulle coperture in fibrocemento amianto veniva associata alla sua rimozione un extra incentivo per l’installazione di fotovoltaico. Tale misura è risultata  efficace, essendo stati bonificati bonificati più di 20.000.000 mq di coperture, realizzando impianti FV per una potenza di circa 2.000 MW, in grado in grado di generare elettricità solare per un milione di famiglie ogni anno e per oltre 20 anni.

Nonostante tali numeri, lo strumento non è stato inserito all’interno della bozza del nuovo Decreto rinnovabili elettriche che disciplina gli incentivi dedicati all’energia elettrica da impianti FER per il triennio 2018-2020. Per chiedere il ripristino degli incentivi per chi bonifica i tetti dall’amianto e vi installi un impianto FV di qualsiasi taglia, è stata avviata una petizione online, rivolta al Governo e ai Ministri competenti.

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