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Osservatorio Nazionale Amianto: l’amianto continua ad uccidere

ONA amianto continua a uccidere

II Rapporto Mesoteliomi dell’Osservatorio Nazionale Amianto conferma che a 20 anni dall’entrata in vigore della Legge che ha messo al bando l’amianto le patologie asbesto correlate sono in aumento e di questo passo ci vorranno 85 anni per completare le bonifiche, mentre nel frattempo le malattie correlate continueranno ad aumentare, come le conseguenti morti e danni economici.

L’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), Onlus di utilità sociale che promuove e tutela la salute in ogni ambito di esplicazione della vita umana, attraverso la prevenzione primaria, che si sostanzia nella completa rimozione di tutti gli agenti tossici dagli ambienti di vita e di lavoro, e che, in particolare, rappresenta, tutela, assiste moralmente e materialmente i lavoratori ed i cittadini esposti ad amianto, ad altri patogeni e ad atri rischi professionali, nel corso di una Conferenza-stampa “Italia: la Repubblica dell’Amianto“, ha presentato il 3 luglio 2017 il suo “II Rapporto Mesoteliomi“.

I nuovi dati shock confermano che questo killer provoca ogni anno non meno di 6.000 morti l’anno, per mesotelioma, cancro ai polmoni, alla faringe, alla laringe, allo stomaco, al fegato, all’esofago, al colon, al retto e alle ovaie, per non parlare dell’asbestosi con le sue complicazioni cardiocircolatorie, e questo per fermarci alle sole malattie per le quali c’è totale unanimità scientifica.

Di amianto si continua, e purtroppo, si continuerà a morire per i prossimi 130 anni, considerando che, anche con le più rosee aspettative, le bonifiche non finiranno prima di 85 anni – ha affermato Ezio Bonanni, Presidente dell’ONA – Ecco perché occorre bonificare al più presto i 40.000.000 di tonnellate contenenti amianto che sono disseminate nell’intero nostro territorio nazionale. Anche le scuole sono imbottite di amianto: 2.400 in Italia, censite dall’ONA, per fermarci a quelle che abbiamo censito, ma temiamo che siano di più: e che cosa fanno le istituzioni, e i cittadini? Ecco perché abbiamo creato i nostri Dipartimenti, attraverso i quali forniamo assistenza medica e legale, naturalmente in piena sussidiarietà con le strutture pubbliche“.

A più di 20 anni dall’entrata in vigore della Legge 257 che ha messo al bando l’amianto, soltanto meno di 500.000 tonnellate di materiali sono state bonificate, e la rimanente grande parte continua e continuerà a contaminare il territorio e l’ambiente, e a determinare nuove esposizioni, nuove patologie, nuovi lutti e tragedie. Il Piano Nazionale Amianto, presentato alla 2a Conferenza Nazionale Amianto (Venezia, 22-24 novembre 2012) è rimasto lettera morta e si procede con molto ritardo alla bonifica e alla messa in sicurezza degli edifici pubblici, tra i quali le scuole, e dei siti industriali, contaminati per effetto della presenza di materiali di amianto.

Le patologie asbesto-correlate sono lungo latenti. Il mesotelioma può manifestarsi anche a distanza di 40-50 anni dalla prima esposizione alle polveri e fibre di amianto. Poiché il periodo di più intenso utilizzo e di più elevata esposizione è quello dal 1960 al 1985, e tenendo conto dei tempi di latenza, il presumibile picco delle patologie asbesto-correlate, ed in particolare dei mesoteliomi, si verificherà tra il 2020 ed il 2030.

Le importazioni italiane di amianto grezzo sono state sempre superiori a 50mila tonnellate/anno fino al 1991 e ci sono stati casi di importazione anche nei tempi più recenti, come denunciato dall’ONA e come confermato anche dal Governo.

Tutte condizioni che, nella totale assenza di validi strumenti di prevenzione primaria e di efficace prevenzione tecnica, hanno innescato una vera e propria epidemia di patologie asbesto-correlate, con un trend in aumento dei casi di mesotelioma, che sono stati stimati in 1.800 per il 2015 e 1900 per il 2016, peraltro in linea con le conclusioni di Aiom-Airtum.
Negli uomini il 40% dei casi si è manifestato tra i 65 ed i 74 anni, mentre invece il 40% dei casi femminili concentra la manifestazione del mesotelioma nella fascia di età compresa fra i 75 ed gli 84 anni e ciò perché si presume che le esposizioni femminili siano state di minore intensità e quindi con maggiori tempi di latenza.

Il mesotelioma presuppone sempre l’esposizione ad amianto, salvo rari casi, ed è di origine professionale per il 90% dei casi per gli uomini e in circa il 50% per le donne, mentre per il resto l’esposizione è ignota e tuttavia non è da escludere che ci siano dei settori nei quali le esposizioni di amianto, nonostante non siano conosciute, si siano comunque verificate.
I dati elaborati dall’Ona permettono la ripartizione dei casi di mesotelioma nei diversi comparti, tra i quali spiccano quello edile per il 15,2%; quello dell’industria metalmeccanica, più dell’8,3%; quello dell’industria tessile, per più del 7%; quello della cantieristica navale per circa il 7%. Questi ultimi settori con un limitato numero di lavoratori, ad eccezione del settore edile e della metalmeccanica.
Il comparto Difesa, con più di 620 casi, censiti al 2012, rappresenta il 4,1% del totale dei mesoteliomi insorti in seguito alle esposizioni professionali, ed è preoccupante anche il numero dei casi di mesotelioma registrati nel settore della scuola (63, al 2011, con il censimento di almeno altri 20 nuovi casi fino al 2016, per un totale che si stima superiore agli 80 casi), che sono quindi la punta dell’iceberg, che certificano l’inadempimento prima di tutto dello Stato.

Così, nel settore dei rotabili ferroviari, fino al 2011 sono stati censiti 505 casi solo di mesotelioma e negli anni a seguire si stima che i nuovi casi per i successivi 5 anni (e quindi fino al 2016), siano saliti a 650.

Poiché i decessi per tumore polmonare da amianto sono almeno il doppio dei casi di mesotelioma, vi è un’ulteriore incidenza di circa 3.500 decessi (stima prudenziale a ribasso), e complessivamente 5.300 decessi solo per queste due patologie e, tenendo conto di tutte le altre, il conteggio finale di circa 6.000 decessi l’anno è stata formulata in via prudenziale dall’associazione perché si teme che i casi siano maggiori e poi si deve tener conto delle decine di migliaia di lavoratori e loro familiari che continuano ad ammalarsi.
L’emergenza, dunque, non è soltanto sanitaria e giudiziaria, ma è anche sociale ed economica, perché tali patologie sono molto invalidanti, e determinano una necessità di assistenza, terapie e cure, e perché morti cruente, come quelle che provoca l’amianto e che sconvolgono intere famiglie anche dopo il decesso, e spesso, intere comunità, come per il caso della città di Priolo GargalloTaranto ed altre.Infatti, l’utilizzo scriteriato di materiali di amianto, in assenza di misure di prevenzione e protezione, determina la malattia e la morte di intere coorti di lavoratori.
Per la sola città di Taranto, la spesa sanitaria per curare i cittadini e lavoratori dalle patologie provocate dalle esposizioni e dall’inquinamento dell’ILVA di Taranto è pari a circa 4 miliardi di euro, a cui si aggiungono le altre spese.

L’Osservatorio Nazionale Amianto propone:
– mappatura e bonifica (la prevenzione primaria per evitare ogni forma di ulteriore esposizione quale unico strumento effettivamente efficace anche per debellare complessivamente questo tipo di patologie);
– ricerca scientifica e sorveglianza sanitaria (per ottenere la diagnosi precoce e le cure migliori) ;
– assistenza ai cittadini, ai lavoratori malati e ai loro familiari, oltre al risarcimento dei danni e alla punizione dei colpevoli.

Eleonora Giovannini

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