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Trivelle: le Regioni per un referendum abrogativo. Concordato testo quesito

Trivelle Regioni per referendum abrogativo

Nell’incontro di Bari, i Governatori delle regioni interessate (6 a statuto ordinario e 2 a statuto speciale, a cui potrebbe aggiungersi anche il Veneto) hanno concordato il testo del quesito referendario per abrogare le norme dello “Sblocca Italia”, da sottoporre a delibera dei rispettivi Consigli.
Nonostante il tentativo di far rimanere la polemica su un piano istituzionale, non sfugge il forte valore politico dell’iniziativa assunta che ha già ricevuto il plauso delle Associazioni ambientaliste e culturali che appoggiano il referendum contro le nuove norme che consentono iter autorizzativi più facili alle coltivazioni degli idrocarburi.

Dopo l’iniziativa del ricorso alla Corte Costituzionale, contro gli Artt. 37-38 del Decreto Legge “Sblocca Italia”, convertito nella Legge n. 164 dell’11 novembre 2014, che consente le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale senza prevedere la necessaria acquisizione dell’intesa con la Regione interessata, come previsto dall’Art. 117 della Costituzione (6 Regioni a statuto ordinario e due a statuto speciale, interessate dalle trivellazioni, hanno definito i testi dei quesiti per chiedere l’abrogazione, mediante referendum, delle norme, inserite nella “Sblocca Trivelle”, come è stata ribattezzata la Legge, nel corso di un incontro avvenuto il 18 settembre 2015 alla “Fiera del Levante” di Bari (non erano presenti i Governatori di Sicilia e Sardegna, ma i rispettivi Presidenti dei Consigli regionali li avevano precedentemente concordati).

Lo Sblocca Italia non viene impugnato nel suo complesso, ma solo nei limiti nei quali agevola e cambia le norme ordinarie che sono previste per questo tipo di ricerca e sfruttamento – ha precisato il Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, durante la Conferenza stampa che è seguita all’incontro – I Presidenti delle Regioni qui riunite hanno confermato quello che peraltro era stato stabilito dai Presidenti dei Consigli regionali e hanno sostanzialmente approvato i quesiti che saranno inseriti nelle delibere che man mano saranno sottoposte ai Consigli regionali per l’approvazione ai sensi della Costituzione per chiedere l’indizione del referendum sulle norme che consentono le ricerche, lo sfruttamento petrolifero”.
La riunione di oggi e le decisioni che sono state così prese da tutti gli esecutivi non hanno alcun valore di polemica politica con il Governo – ha aggiunto Emiliano nel tentativo di smorzare i toni del dibattito politico che, inevitabilmente, ne conseguiranno – È un esercizio di prerogative previste dalla Costituzione attraverso le quali i governi regionali fanno valere le loro visioni strategiche sul futuro economico, turistico e ambientale delle loro regioni, quando queste visioni sono in contrasto con atti individuati dal governo, anche ovviamente valutando che alcune norme abbiano dei profili di incostituzionalità proprio in riferimento al sistema regionalistico previsto dalla Costituzione“.

Entro il 28 settembre 2015 tutti i Consigli delle Regioni coinvolte dovrebbero aver approvato il testo di delibera concordato per il referendum abrogativo: la Basilicata è stata la prima (19 settembre); il 22 settembre è previsto quello di MarcheAbruzzoMolisePuglia e Sardegna; a seguire Sicilia (23 settembre) e quindi la Calabria. A queste si potrebbe aggiungere la Regione Veneto che ha all’odg della seduta del 25 settembre l’adesione al referendum.
I quesiti sono stati concordati all’unanimità dalla Conferenza dei presidenti dei Consigli regionali e devono essere approvati, in forma identica, da almeno cinque Assemblee regionali, per la validità della richiesta di referendum – ha chiarito l’Assessore all’Ambiente della Regione Marche Angelo Sciapichetti, presente a Bari – La Conferenza delle Regioni deve riprendere il confronto con il Governo centrale per una diversa attribuzione delle competenze in materia energetica. Le comunità locali non possono subire provvedimenti che vanno a discapito delle strategie di crescita e sviluppo dei territori”.

Il 9 ottobre 2015 a Pescara ci sarà un nuovo incontro per verificare l’andamento delle deliberazioni nei Consigli regionali, “per parlare non solo sulle trivellazioni nel Mar Adriatico e Ionio – ha precisato Emiliano – Ci sono anche altri temi perché le materie d’interesse comune tra Regioni sono tante, una per tutte le infrastrutture ferroviarie e viarie“.

Nonostante il tentativo di mantenere la questione su un piano istituzionale, non può sfuggire la rilevanza politica della presa di posizione delle Regioni, come denunciano alcuni commenti di plauso per l’iniziativa delle Associazioni ambientaliste e culturali che appoggiano il referendum abrogativo delle norme “pro trivelle”.

È ora di passare dalle parole ai fatti per fermare la corsa all’oro nero. Per questo accogliamo con favore la decisione presa oggi dai governatori di Puglia, Molise, Basilicata, Abruzzo, Marche e Calabria di richiedere il referendum contro le norme approvate dall’attuale Governo e dai precedenti, a partire dall’articolo 38 dello Sblocca Italia – ha commentato il responsabile scientifico di Legambiente, Giorgio Zampetti – Ai Presidenti delle Regioni presenti ribadiamo un aspetto per noi non trascurabile: si esce dal petrolio non solo fermando le trivelle ma proponendo e praticando con convinzione un modello energetico e di sviluppo diverso, efficiente e rinnovabile, che punti sulle aree protette come elemento di eccellenza territoriale e apra prospettive di nuovi settori produttivi e con importanti ricadute anche occupazionali, oltre che ambientali. Su questo ci auguriamo di vedere fin da subito un impegno concreto da parte dei governatori che oggi si sono impegnati a tutelare il loro territorio dalle trivellazioni petrolifere”.

Legambiente ha ricordato nel Comunicato che le riserve certe di petrolio presenti sotto i mari italiani sono assolutamente insufficienti a dare un contributo energetico rilevante al nostro Paese, ma a fronte di questi quantitativi irrisori di greggio – che basterebbero a soddisfare il fabbisogno energetico italiano per appena 8 settimane – si stanno ipotecando circa 130 mila kmq di aree marine.

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