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Task Force-FSB: i rischi finanziari delle attività ad alto tenore di carbonio

Task Force-FSB

Già da alcuni anni investitori e attivisti hanno sollevato preoccupazioni circa la mancanza di trasparenza che circonda il rischio climatico sui mercati finanziari, vulnerabili di fronte ad un crollo del valore di combustibili fossili o ad un inasprimento delle normative sulla riduzione delle emissioni per contrastare il riscaldamento globale, determinando improvvisamente la perdita di gran parte del capitale investito.

Il rischio non è poi così remoto se il Fondo Monetario Internazionale appena qualche giorno fa, preoccupato per il calo del prezzo di petrolio e gas, che potrebbe innescare una serie di turbative sui mercati finanziari, tra cui il fallimento di fondi sovrani e societari, ha rivolto, in modo insolito e alquanto opinabile, un invito alla comunità internazionale a sostenerne la domanda.

Il G20 di Antalya (Turchia) del novembre 2015 aveva chiesto al Financial Stability Board (FSB – organismo internazionale di cui fanno parte tutti i Paesi del G20, più la Commissine UE e la Spagna, con il compito di monitorare il sistema finanziario mondiale per metterlo al riparo dai rischi di crisi), di continuare nella sua attività di coinvolgimento dei settori pubblici e privati per verificare come la Finanza tenga conto dei problemi correlati ai cambiamenti climatici, secondo l’originario mandato che gli era stato affidato dai Ministri finanziari e Governatori delle Banche centrali nella riunione G20 dell’aprile 2015.

Nel corso della COP21 di Parigi, l’attuale Capo FSB, il Governatore della Banca di Inghilterra Mark Carney, annunciava che l’ex Sindaco di New York Michael R. Bloomberg, sarebbe stato nominato alla guida di una task force, con il compito di prendere in considerazione i rischi finanziari associati ai cambiamenti climatici, “perché alcuni combustibili fossili dovranno rimanere sotto terra, quindi, carbone, petrolio e gas naturale potrebbero diventare attivi non recuperabili”.

L’iniziativa veniva lanciata all’indomani dell’indagine avviata sulla Exxon Mobil dal Procuratore generale di New York, a cui si sono associati 16 Stati USA, dopo la richiesta del Senatore del Vermont Bernie Sanders, l’attuale candidato alla corsa per la Casa Bianca per il Partito Democratico, di indagare su possibili frodi compiute dal colosso petrolifero. La richiesta di Sanders seguiva le clamorose rivelazioni di InsideClimate News, secondo cui la Exxon Mobil avrebbe taciuto al pubblico e agli azionisti la verità che conosceva da tempo sulle correlazioni tra le emissioni di CO2 in atmosfera e i cambiamenti climatici e la loro potenziale pericolosità, “diffondendo la disinformazione per proteggere un modello economico a spese dell’intero pianeta”, ha scritto il Senatore che ha paragonato tale comportamento a quello dell’industria del tabacco che ha sottaciuto per decenni i rapporti scientifici che indicavano i rischi sulla salute umana derivanti dal fumo.

Parlando del suo ruolo, Michael R. Bloomberg ha detto che “È fondamentale che le industrie e gli investitori comprendano i rischi connessi al cambiamento climatico, anche se attualmente vi è poca trasparenza. Nessun uomo d’affari può sopravvivere senza dire che il cambiamento climatico è reale. Le compagnie petrolifere dovranno capire come gestire un’impresa, avere un mondo in cui vivere e allora troveranno un certo equilibrio”.

La Task Force dovrebbe svolgere il suo compito in 2 fasi:
– nella prima fase, prevista entro marzo 2016, si sarebbero definiti scopi ed obiettivi del proprio lavoro;
– nella seconda fase, da concludersi entro la fine dell’anno, dovrebbero essere elaborate specifiche raccomandazioni per fornire informazioni coerenti, comparabili, affidabili, chiare ed efficaci sui rischi finanziari correlati ai cambiamenti climatici, compresa la sensibilizzazione dell’opinione pubblica.

Ebbene, il 31 marzo 2016 è stato pubblicato il Rapporto “Phase I Report of Task Force on Climate-Related Financial Disclosures” che, presentando i risultati della sua revisione di alto livello sull’informazione dei rischi finanziari legati ai cambiamenti climatici, sottolinea come l’attuale sistema di segnalazione sia irregolare e incoerente, nonostante i progressi in merito fatti da alcuni Governi e da ONG per incoraggiarne la diffusione.

Vengono individuati 7 principi base di una comunicazione efficace, sulla base dei quali verranno definite le raccomandazioni che saranno elaborate entro la fine dell’anno:
1. pertinenti informazioni concrete;
2. che siano specifiche e complete;
3. che siano chiare, equilibrate e comprensibili;
4. che siano coerenti nel tempo;
5. che siano paragonabili tra le aziende all’interno di un settore, di un industria o di un pacchetto di investimenti;
6. che siano affidabili, verificabili e obiettive;
7. che vengano fornite in maniera tempestiva.

Secondo la Task Force, la maggior parte delle persone ha una conoscenza di base degli impatti ambientali dei cambiamenti climatici. A molti bambini oggi viene insegnato a scuola che l’aumento dei livelli di anidride carbonica nell’atmosfera provoca lo scioglimento delle calotte artiche, mentre anche quelli che non hanno livelli alti di istruzione dovrebbero egualmente essere in grado di dedurre gli effetti sul riscaldamento globale determinati dall’aumento delle emissioni, attraverso le notizie di stampa sugli eventi meteorologici estremi. Tuttavia, pochi hanno una chiara comprensione dei rischi che i cambiamenti climatici rappresentano per il settore finanziario mondiale. Inoltre, molte aziende riferiscono delle loro dirette emissioni di gas serra, ma poche si impegnano nella ricerca di prevedere quanto sia vulnerabile il loro business e al riparo dei rischi finanziari derivanti dagli impatti dei cambiamenti climatici. E le poche che lo fanno hanno un sistema di rilevazione così incoerente e frammentato che le informazioni che forniscono sono di scarsa utilità per gli investitori.

L’assenza di un quadro standardizzato per la divulgazione dei rischi legati al clima rende difficile determinare quali informazioni debbano essere incluse nei documenti finanziari e come dovrebbero essere presentate – ha affermato Bloomberg – La conseguente frammentazione nelle pratiche di rendicontazione impediscono a investitori, creditori e sottoscrittori di accedere alle informazioni che sono determinanti per assumere decisioni consapevoli”.

Il Rapporto viene messo a consultazione per un mese, affinché possano essere formulate eventuali osservazioni e commenti, utili per la seconda fase che sarà completata entro l’anno, anche se il Financial Stability Board la renderà pubblica a febbraio 2017.

La necessità di standardizzare metodi e procedure, potrebbe costituire un passo decisivo affinché tutte le società quotate in borsa esplicitino in modo trasparente i rischi che corrono in relazione ai cambiamenti climatici, inducendole a ridurre in maniera aggressiva la esposizione dei loro piani e strategie ad alto tenore di carbonio.

Da verificare, viceversa, quanto tale iniziativa possa essere sostenuta dai Governi nazionali e dalle Banche centrali, come dimostra quanto avvenuto anche in Italia dove si è intervenuti per sbloccare piani che di “strategico” ormai hanno ben poco di fronte ai “catastrofici” rischi connessi ai cambiamenti climatici e ai ben più numerosi posti di lavoro che si creerebbero, passando ad una più spinta transizione energetica, come indicato nell’ultimo Rapporto dell’Agenzia Internazionale IRENA.

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