Biodiversità e conservazione

Gli Stati dell’UE fanno scarso uso del FESR per la tutela della natura

Stati UE fanno scarso uso del FESR per tutela natura

Dalla relazione speciale della Corte dei Conti europea emerge che gli Stati membri non utilizzano adeguatamente i fondi di coesione per la promozione della biodiversità e non riconoscono sufficientemente il suo potenziale quale fonte di finanziamento per Natura 2000.

La Corte dei conti europea ha pubblicato la Relazione speciale “Il FESR è efficace nel finanziare progetti che promuovono in modo diretto la biodiversità nell’ambito della strategia dell’UE per la biodiversità all’orizzonte 2020?”, da cui emerge che gli Stati membri non si sono valsi sufficientemente del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per finanziare progetti volti ad arrestare la perdita di biodiversità, diversamente da quanto avvenuto per altri settori della spesa FESR. Affinché il FESR possa continuare a contribuire all’attuazione della strategia dell’UE intesa ad arrestare entro il 2020 la perdita di biodiversità, la Commissione UE deve incrementare il sostegno fornito agli Stati membri per l’attuazione di piani specifici di tutela e gestione degli habitat e delle specie. Occorre inoltre migliorare il monitoraggio dell’esecuzione e dell’impatto dei progetti a favore della biodiversità.

 “Il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) può essere usato dagli Stati membri per finanziare progetti volti a promuovere la tutela della natura e della biodiversità ma i fondi effettivamente destinati a tal fine sono stati limitati – ha osservato Phil Wynn Owen, il Membro della Corte responsabile della relazione – Molte delle attività finanziate dal FESR nel quadro di progetti a tutela della biodiversità, durante il periodo 2007 – 2013, hanno sostenuto l’elaborazione di piani di gestione e di tutela. Tali piani dovranno ora essere attuati, se si vogliono ottenere risultati tangibili. Sono necessari ulteriori sforzi per monitorare meglio il contributo apportato dai progetti cofinanziati dal FESR alla promozione della biodiversità, nonché la registrazione accurata, da parte della Commissione, delle spese dirette e indirette sostenute dall’UE a favore della biodiversità”.

La Corte ha constatato che non solo la maggior parte degli Stati membri ha destinato pochi o nessun finanziamento FESR direttamente alla promozione della biodiversità, ma tra quelli che hanno stanziato fondi, l’assorbimento finanziario è stato inferiore alla media di tutti i fondi della politica di coesione. Tra questi, l’Italia che ha destinato alla biodiversità  lo 0,15% del totale dei fondi previsti nei Programmi Operativi (PO) al 31.12.2012 (-0,5% rispetto a questi previsti al 2010), contro una media UE dello 0,80%. Tuttavia, oggetto particolare dell’audit sono stati i progetti attuati o in corso di 5 Stati membri (Repubblica CecaSpagnaFranciaPolonia Romania) che rappresentano il 68% dei fondi stanziati in totale dal FESR per la promozione diretta della biodiversità e alla tutela della natura nel corso della programmazione 2007-2013, pari a 2,8 miliardi di euro.

La Corte ha constatato che i progetti cofinanziati dal FESR rispondevano in genere alle priorità UE e nazionali in termini di biodiversità. Due terzi dei 32 progetti controllati prevedevano misure di tutela destinate ad avere un impatto diretto sulla biodiversità. Nella maggior parte dei casi, però, gli Stati membri interessati non avevano messo a punto né indicatori di risultato né sistemi di monitoraggio per valutare l’aumento degli habitat e delle specie, in assenza dei quali è compromessa ogni valutazione dell’efficacia di tali progetti.

Secondo la Corte, la Commissione UE, gli Stati membri non sempre giudicano il FESR uno strumento appropriato per la promozione della biodiversità e il suo potenziale quale fonte di finanziamento per Natura 2000 non è sufficientemente riconosciuto.

Per questo raccomanda alla Commissione UE di:

– assistere gli Stati membri nella definizione delle priorità di recupero della biodiversità nei PO;
– valutare la complementarietà tra le azioni di promozione della biodiversità individuate dagli Stati membri nei PO e i progetti finanziati da altri fondi dell’UE;
– monitorare l’effettiva attuazione dei PO, in vista di una tempestiva e proattiva identificazione delle difficoltà;
– esigere che i programmi operativi includano procedure per la valutazione delle modifiche ambientali ad habitat e specie in seguito agli interventi.

In seguito al fallito tentativo di realizzare l’obiettivo precedente ossia arrestare la perdita di biodiversità in Europa entro il 2010, nel 2011 la Commissione UE ha adottato “La nostra assicurazione sulla vita, il nostro capitale naturale: strategia dell’UE per la biodiversità fino al 2020”, che si articola attorno a 6 obiettivi complementari e sinergici incentrati sulle cause primarie di perdita di biodiversità e volti a ridurre le principali pressioni esercitate sulla natura e sui servizi ecosistemici nell’UE. Ogni obiettivo si traduce in una serie di azioni legate a scadenze temporali e di altre misure di accompagnamento.

In particolare l’obiettivo n° 2 (Ripristinare e mantenere gli ecosistemi e i relativi servizi) prevede come azione n° 7 che la Commissione UE svolga lavori supplementari per proporre entro il 2015 un’iniziativa volta a garantire che non vi siano perdite nette di ecosistemi e dei relativi servizi, per esempio mediante regimi di compensazione (compensation or offsetting schemes).
Di fatto, non essendo stati in grado di tutelare la biodiversità (No loss), soprattutto per effetto di grandi  opere infrastrutturali e progetti estrattivi, facciamo in modo di ricrearla altrove (No net loss).

Al riguardo, ricordiamo che è aperta fino al 17 ottobre 2014 la Consultazione per proporre idee e commenti sulla nuova iniziativa sulla quale abbiamo già espresso le nostre perplessità con il detto “È morto il babbo, è nato un vitello”.

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