Energia Fonti rinnovabili

Rinnovabili: 2021 un altro anno sprecato

L’annuale Rapporto sulle energie rinnovabili dell’Energy & Strategy Group del POLIMI conferma che le installazioni per la decarbonizzazione del sistema elettrico italiano procede a ritmi insufficienti per il raggiungimento degli obiettivi nazionali al 2030.

Nel corso del Convegno “Road to 2030: i primi concreti passi verso il raggiungimento degli obiettivi di produzione da rinnovabili in Italia”, sono stati presentati dall’Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano (POLIMI) i risultati del Renewable Energy Report 2022, l’annuale rapporto, giunto all’ottava edizione, che analizza e interpreta le principali novità del mercato delle energie rinnovabili in Italia, a partire dall’andamento delle nuove installazioni di impianti FER e della penetrazione di energia da fonte rinnovabile nel mix di generazione elettrica.

Ne emerge che nel 2021 il mercato delle rinnovabili è cresciuto rispetto al 2020, annus horribilis per il settore a causa della pandemia di Covid-19, ma decisamente troppo poco rispetto agli obiettivi per il 2030, per non parlare di quelli al 2050.

Complessivamente è stata installata una capacità di 1.351 MW (+70% di potenza rispetto ai 790 MW del 2020, quando era diminuita del 35%), portando l’Italia a superare il traguardo dei 60 GW. Merito, soprattutto, del fotovoltaico  (+935 MW, +30% rispetto al 2020), seguito dall’eolico, che ha registrato la crescita più marcata (+404 MW, +30%) e, ben distanziato, dall’idroelettrico (+11 MW), mentre le bioenergie sono addirittura in diminuzione (-14 MW). 

Un ritmo di crescita decisamente troppo lentoche permetterà di raggiungere al 2030 un parco eolico e fotovoltaico di poco superiore ai 50 GW, a fronte di un obiettivo che prevede un installato totale di rinnovabili tra i 125 e i 130 GW. Cifre che potrebbero essere raggiunte solo se il tasso di installazione sarà quattro volte maggiore dell’attuale per l’eolico (circa 1,75 GW/anno contro gli 0,38 GW/anno di oggi) e sette volte maggiore per il fotovoltaico (circa 5,6 GW/anno contro 0,73 GW/anno). 

Il 2021 è stato un anno complesso, con i colpi di coda della pandemia a cui si sono aggiunte tensioni per certi versi inattese sul mercato dell’energia – ha osservato Davide Chiaroni, Vicedirettore di Energy & Strategy – ma è davvero urgente riprendere a intensificare l’installazione di nuovi impianti alimentati da energie rinnovabili, così come gestire correttamente le strutture esistenti, per evitare di allontanarci ancora di più dal percorso verso la decarbonizzazione”. 

I sette bandi predisposti dal Decreto FER1 sono giunti a conclusione, ma con risultati non soddisfacenti: la partecipazione durante il 2021 è rimasta bassa, in larga misura a causa dell’andamento intermittente del rilascio delle autorizzazioni, e questo ha lasciato per tutti i gruppi un contingente non assegnato che andrà colmato con due ulteriori bandi previsti per il 2022. 

Quanto al PNRR, come è noto, sono poco meno di 6 i miliardi di euro dedicati alle energie rinnovabili (1,1 per lo sviluppo dell’agro-voltaico; 2,2 per le Comunità energetiche nei piccoli Comuni; 0,68 per la promozione di impianti innovativi; 1,92 per lo sviluppo del biometano) all’interno dei 25,36 miliardi destinati a “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, in cui rientrano anche l’idrogeno e la mobilità sostenibile. Si tratta però ancora una volta di singoli progetti specifici che non costituiscono un piano strutturato.

Nonostante le energie rinnovabili rappresentino una grande opportunità per la competitività del nostro Paese, che vedrebbe non solo una drastica riduzione della propria dipendenza energetica, ma potrebbe anche raggiungere livelli molto competitivi del costo dell’energia grazie alla disponibilità di risorse come sole e vento – ha continuato il Vicedirettore di E&S Group – È indispensabile una programmazione integrata e coerente, perché le azioni previste per i prossimi anni determineranno il nostro posizionamento strategico nel futuro sistema economico globale. Saranno necessari anche ingenti investimenti (tra i 40 e 50 miliardi di euro al 2030, senza considerare quelli per gli accumuli e il potenziamento delle infrastrutture di rete) quindi vanno create le condizioni perché il mercato finanziario e gli investitori internazionali giochino un ruolo attivo nello sviluppo del settore”.

Gli interventi necessari riguardano anche il repowering e revamping (ricostruzioni, rifacimenti, riattivazioni e potenziamenti) dei numerosi impianti fotovoltaici ed eolici che in Italia hanno 10 o più anni di vita, e per i quali è indispensabile incrementare (o almeno mantenere) la produzione. Un altro comparto da sostenere, secondo l’analisi dell’E&S Group, è quello dell’agrivoltaico, che permette la coesistenza di attività agricole o di allevamento con il fotovoltaico: da agosto 2021 sono state presentate più di 50 domande al MiTE. Infine, vanno ricordate le Comunità energetiche, che quest’anno sono salite a 26 (tutte basate su impianti fotovoltaici di 40 kW di potenza media a progetto) e che grazie al recepimento della Direttiva europea RED II possono finalmente ora espandere i loro confini anche ad attori industriali e commerciali.

Il prezzo dell’energia elettrica (PUN) è stato soggetto a un aumento continuo da giugno 2021, con un picco a dicembre e una seconda risalita da febbraio 2022, quando è cominciata la guerra in Ucraina: a marzo, il PUN medio registrava un +411% rispetto a un anno prima, a causa dell’incremento del prezzo del gas (cresciuto di 5 volte tra dicembre 2019 e dicembre 2021) e successivamente con l’accendersi del conflitto.

Le offerte di impianti rinnovabili sono in grado di influenzare i prezzi in alcune ore della giornata ma i volumi non sono sufficienti a stabilire frequentemente il prezzo marginale sul mercato dell’energia elettrica, mentre gli impianti a gas costituiscono la tecnologia marginale che predomina nella maggior parte dei casi, di fatto determinando l’andamento del prezzo dell’elettricità – ha spiegato Chiaroni – Nonostante questo, il potenziale effetto ‘calmierante’ delle rinnovabili è stato dimostrato nella primavera del 2020, quando a causa delle restrizioni da lockdown il fabbisogno di energia elettrica è calato e i volumi offerti dalle rinnovabili sono stati più spesso sufficienti a coprire la domanda, portando gli impianti a gas a essere ammessi sul MGP solo in corrispondenza di prezzi molto bassi”.

Comunque, gli impianti alimentati da energie rinnovabili sono sempre meglio delle fonti fossili, se si considera la CO2eq prodotta durante l’intero ciclo di vita di queste tecnologie, anche se impianti prodotti in Cina hanno un impatto in termini di CO2eq emessa ben superiore a quelli realizzati in Europa. Le emissioni minori riguardano l’energia nucleare, ma bisogna considerarne tutte le ricadute ambientali e sociali, oltre al fatto che non rappresenta una soluzione utile al raggiungimento degli obiettivi al 2030 laddove non via siano già impianti in funzionamento. Infine, bisogna fare i conti con la necessità di ingenti investimenti (tra i 40 e 50 mld al 2030, senza considerare gli investimenti necessari per gli accumuli e il potenziamento delle infrastrutture di rete). È quindi anche indispensabile creare le condizioni perché il mercato finanziario e gli investitori internazionali possano giocare un ruolo attivo nello sviluppo del settore

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