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Rifiuti urbani e speciali: un peso per le industrie da 1,3 miliardi all’anno

Presentato a ECOMONDO, nel corso di un evento organizzato da Utilitalia, uno studio, realizzato da REF ricerche in collaborazione con la Fondazione Utilitatis, che indica come i costi di smaltimento dei rifiuti per l’industria manifatturiera sia aumentato di oltre il 40% negli ultimi due anni.

Ad ECOMONDO 2019, in corso di svolgimento a Fiera di Rimini, nella giornata inaugurale   durante l’evento “La gestione dei rifiuti industriali: criticità e potenzialità del sistema nazionale a confronto dei modelli europei per la transizione a un’economia circolare”, organizzato da Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche), è stato presentato lo Studio “I rifiuti speciali e la competitività del sistema delle imprese”, realizzato da REF Ricerche, in collaborazione con Fondazione Utilitatis.

Dallo Studio emerge che i costi di smaltimento dei rifiuti per l’industria manifatturiera del Paese è stato di 1,3 miliardi di euro all’anno, pari a un incremento medio di oltre il 40% negli ultimi due anni. Alla base di questi aumenti, che hanno pesato sull’equilibrio domanda-offerta nel mercato dei rifiuti speciali, le difficoltà nello smaltimento dei rifiuti e l’ampiamento dei tempi di ritiro da parte degli smaltitori, dovuto alla carenza impiantistica, che a fronte di una domanda crescente vede un’offerta sempre più limitata che per essere soddisfatta deve ricorrere anche ad impianti esteri.

La stima degli aumenti – viene spiegato dalla ricerca che punta a offrire una mappatura regionale dei fabbisogni impiantistici di smaltimento “nominali”, considerando per la prima volta il rifiuto nel complesso, urbano e speciale – è distribuita in modo asimmetrico con punte per le produzioni localizzate nei territori maggiormente deficitari, delle filiere più fragili, come quella dei fanghi di depurazione, o ancora dei rifiuti pericolosi, esposte al raddoppio fino alla triplicazione dei costi di smaltimento.

A livello nazionale il bilancio nel 2017 chiude in passivo per circa 2,1 milioni di tonnellate, dato coerente con la somma delle quantità di rifiuti esportate (circa 1,3 milioni di tonnellate, al netto dell’import) e di quelle stoccate e destinate a smaltimento (circa 700mila tonnellate). È interessante notare come Lazio e Campania presentino un deficit complessivo di smaltimento di 2,7 milioni di tonnellate, mentre la Lombardia ha capacità per accogliere rifiuti provenienti da altre Regioni per oltre 1,3 milioni di tonnellate all’anno. 

La sofferenza impiantistica, tradizionalmente riconosciuta per i rifiuti urbani, è una causa di crisi anche per il mercato di quelli speciali. Tra le cause che mettono in evidenza la fragilità del sistema di gestione, lo studio ne mette in evidenza alcune in particolare:
– il forte aumento della produzione di rifiuti speciali nel triennio 2016-2018;
– la chiusura del mercato cinese  alle importazioni di rifiuti (plastica riciclabile, residui tessili e carta di qualità inferiore) nel gennaio del 2018;
– la sentenza del Consiglio di Stato del febbraio del 2018 che ha bloccato l’End of Waste, fermando l’intera filiera dell’economia circolare;
– lo stop ai fanghi di depurazione in agricoltura;
– l’incremento della raccolta differenziata, in particolare nel Mezzogiorno, che ha aumentato notevolmente la necessità di smaltimento degli scarti provenienti dal riciclo. 

A pagare per questi squilibri, senza una presa in carico da parte delle Istituzioni, spiega lo studio, è soprattutto la competitività dell’intero sistema delle imprese, con aggravi di costo che finiranno per ripercuotersi sui prezzi dei prodotti acquistati dalle famiglie e sull’occupazione, e in ultimo nella delocalizzazione delle attività maggiormente esposte.

Occorre ripensare profondamente la gestione dei rifiuti del Paese – ha dichiarato Filippo Brandolini, Vice Presidente di Utilitalia – superando il dualismo tra rifiuti urbani e speciali, realizzando gli impianti necessari, per assicurare uno sbocco allo smaltimento in prossimità, almeno ai rifiuti che non presentano necessità di impianti dedicati e specifici”.

“L’acclamato Green New Deal non può non passare prima per una misurazione dei fabbisogni, che preluda alla chiusura del ciclo dei rifiuti e alla realizzazione degli impianti mancanti per il recupero e il trattamento, e che incentivi l’utilizzo delle materie prime seconde  – ha proseguito Brandolini – Avere una piena coscienza sui fabbisogni del proprio territorio, può avere diversi aspetti positivi per le amministrazioni regionali: basti pensare alla possibilità di realizzare gli impianti necessari in grado di colmare il deficit, di sensibilizzare le comunità locali e di responsabilizzare gli attori economici al raggiungimento dei target ambientali; e ancora all’opportunità di calmierare i prezzi, di riuscire a governare situazioni di emergenza e di promuovere politiche di prevenzione della produzione dei rifiuti. Per tutti questi motivi ribadiamo la necessità di una strategia nazionale che disegni le strategie per i prossimi anni in un’ottica di economia circolare”.

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