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Rapporto UNCTAD: il nesso materie prime, cambiamenti climatici e Accordo di Parigi

Il Rapporto 2019 della Conferenza ONU sul Commercio e lo Sviluppo sottolinea la necessità dei Paesi in via di sviluppo di diversificare le loro economie ed esportazioni se vogliono sopravvivere alla crisi climatica, e, al contempo, sollecita quelli sviluppati a rispettare l’ impegno previsto dall’Accordo di Parigi di trasferire le tecnologie rispettose dell’ambiente per aiutarli a partecipare efficacemente agli sforzi globali per la mitigazione e l’adattamento.

Nel corso del Forum delle Nazioni Unite sul Commercio “Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e Cambiamenti climatici” (Ginevra, 9-13 settembre 2019), l’UNCTAD ha presentato il Rapporto 2019 su Materie prime e Sviluppo dal titolo “Dipendenza dalle materie prime, Cambiamenti climatici e Accordo di Parigi”, che individua nella diversificazione delle economie e delle esportazioni la sfida maggiore che i Paesi in via di sviluppo (PSV) debbono affrontare per adattarsi ai cambiamenti climatici.

La diversificazione potrebbe essere “orizzontale”, il che implica avventurarsi in nuovi beni e settori per ridurre la dipendenza da una gamma ristretta di materie prime, o “verticale” che presuppone di aumentare il valore di una merce.

La crisi climatica rappresenta una minaccia esistenziale per i Paesi in via di sviluppo dipendenti dalle materie prime e comporterà il collasso di alcune economie se non si intraprendono azioni decisive ora – ha dichiarato il Segretario generale dell’UNCTAD, Mukhisa KituyiOra più che mai, questi Paesi hanno bisogno di valutare il loro potenziale di diversificazione e ridurre la loro dipendenza dalle materie prime, che per decenni li ha tenuti esposti a mercati volatili e ai cambiamenti climatici”.

Sebbene i PSV contribuiscano solo modestamente ai cambiamenti climatici, sottolinea il Rapporto, la crisi climatica li mette maggiormente a rischio, essendo economicamente dipendenti da settori altamente esposti a eventi meteorologici estremi.

Gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sulla produzione agricola e pesca sono più gravi nelle regioni a bassa latitudine, dove si trovano la maggior parte dei PSV dipendenti dalle materie prime.

L’aumento delle temperature della superficie del mare comporta rischi significativi per i SIDS (Small Island Developing States) che derivano una grande parte dei loro guadagni dalle esportazioni di merci provenienti dalla pesca, come Kiribati (88% nel 2013-2017), Maldive (79%) e Stati Federati della Micronesia (75%).

Altrettanto a rischio sono i Paesi ad alto reddito, dipendenti dai combustibili fossili, come il Brunei Darussalam, il Kuwait e il Qatar, che hanno alcuni dei più alti livelli di emissioni di gas serra pro capite e che potrebbero essere fortemente danneggiati dall’impiego delle loro principali risorse naturali a seguito della crescente spinta verso fonti di energia più verdi.

Distribuzione dei Paesi dipendenti e non dipendenti dalle materie prime (Fonte: UNCTAD)

Il Rapporto sottolinea che l’alto rischio affrontato dai Paesi in via di sviluppo dipendenti dalle materie prime rafforza la loro necessità di adattare, diversificare e modernizzare le loro economie. Devono, altresì, adattarsi agli effetti delle misure di risposta al clima adottate da altri Paesi che dovrebbero ridurre la domanda di alcuni prodotti chiave da cui dipendono.

Ma il Rapporto sottolinea pure che la lotta ai cambiamenti climatici offre alcune opportunità ai Paesi in via di sviluppo dipendenti dalle materie prime.
La spinta globale verso le energie rinnovabili e l’efficienza energetica crea opportunità nei Paesi con grandi riserve di materiali utilizzati nelle tecnologie pulite, come celle solari fotovoltaiche, turbine eoliche e batterie per veicoli elettrici.

Ad esempio, nel 2018 la Repubblica Democratica del Congo rappresentava il 58% della fornitura globale di cobalto, un prodotto chiave utilizzato nella produzione di batterie per veicoli elettrici, mentre Cile e Argentina congiuntamente possedevano il 71% delle riserve globali di litio, un altro componente chiave nella produzione di batterie.

Inoltre, la ricerca di misure per la mitigazione e l’adattamento del clima ha stimolato gli investimenti in innovazioni tecnologiche che potrebbero avvantaggiare i Paesi dipendenti dalle materie prime. Un esempio è l’adozione di celle fotovoltaiche solari a basso costo, che potrebbero rafforzare la sicurezza energetica e supportare i settori delle materie prime in aree remote che non sono collegate alle reti elettriche nazionali.

La lotta ai cambiamenti climatici potrebbe anche creare opportunità per aumentare la produzione di alternative alla carne e al latte di bovini ed equini, aggiunge il Rapporto, indicando il caso degli allevamenti in alcune zone aride dell’Africa, dove l’aumento della frequenza della siccità e la diminuzione della disponibilità di pascoli hanno indotto allevatori e pastori ad allevare cammelli per integrare o sostituire il bestiame.

La scarsa ambizione degli impegni dei principali Paesi di contrastare i cambiamenti climatici, quegli stessi Paesi, sottolinea l’UNCTAD, che sono i maggior responsabili del problema, in concomitanza con un’inadeguata risposta alle richieste di assistenza dei Paesi in via di sviluppo per le azioni di adattamento ai cambiamenti climatici, indicano l’esigenza di una maggiore leadership a livello internazionale per rispondere alla sfida posta dalla crisi climatica.

Per aiutarli a concorrere negli sforzi globali di mitigazione e adattamento, i Paesi sviluppati devono rispettare l’impegno previsto di trasferire a quelli in via di sviluppo le tecnologie rispettose dell’ambiente, come pure devono essere aumentati i finanziamenti per il clima, che attualmente rappresentano solo una frazione dei requisiti effettivi, dato l’alto costo delle azioni di mitigazione e adattamento.

Nel Rapporto c’è la eco degli avvertimenti degli esperti, secondo cui gli impegni assunti dai Paesi per mitigare i cambiamenti climatici ai sensi dell’Accordo di Parigi non sono abbastanza ambiziosi e dovrebbero essere quadruplicati per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali.

Ad esempio, il Rapporto rileva che il costo totale per l’attuazione dei Piani d’azione per il clima per 80 Paesi in via di sviluppo che hanno quantificato le loro esigenze finanziarie, è stimato a 5.400 miliardi di dollari, corrispondenti all’incirca importo totale speso ogni anno nel mondo per i sussidi ai combustibili fossili. Si stima che il 20% delle famiglie più ricche dei Paesi in via di sviluppo riceva il 43% dei benefici conseguenti ai sussidi per i combustibili fossili, mentre al 20% più povero va solo il 7%.

Inoltre, l’adozione di politiche di bilancio più ecologiche possono contribuire a garantire che tasse, sussidi e strumenti politici similari contribuiscano all’attuazione dei Piani d’azione per il clima e al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

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