Secondo ISPRA la tendenza virtuosa, seppur lenta, alla dissociazione tra crescita economica e produzione dei rifiuti urbani che sembrava emergere dai precedenti Rapporti si è arrestata nel 2016, denunciando la necessità di approvare ed implementare quanto prima strumenti e azioni per l’Economia circolare.
Dopo cinque anni di progressiva riduzione, la produzione nazionale di rifiuti urbani nel 2016, è tornata a crescere; la raccolta differenziata in dieci anni è passata dal 25,8% nel 2006 al 52,5% nel 2016 (+5% rispetto al 2015), anche se il Paese rimane in ritardo rispetto all’obiettivo fissato per il 2012 (65%); tra le tipologie più raccolte, l’umido è la frazione maggiore (41,2%) ed è quella che cresce di più.
Sono questi alcuni dei dati più rilevanti che emergono dal “Rapporto Rifiuti Urbani 2017“, giunto alla XIX edizione e presentato al Ministero dell’Ambiente (MATTM) oggi (31 ottobre 2017) dall’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale (ISPRA).
Frutto di una complessa attività di raccolta, analisi ed elaborazione di dati da parte del Servizio Rifiuti dell’ISPRA, il Rapporto fornisce un quadro di informazioni oggettivo, puntuale e sempre aggiornato di supporto al legislatore per orientare politiche e interventi adeguati, per monitorarne l’efficacia, introducendo, se necessario, eventuali misure correttive.
Inoltre, quest’anno il Rapporto recepisce le modifiche apportate dal DM 26 maggio 2016 “Linee guida per il calcolo della percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani“, che ha incluso nel calcolo della raccolta differenziata e della produzione alcune frazioni merceologiche prima non comprese, quali gli scarti della selezione del multimateriale, i rifiuti da spazzamento stradale e i rifiuti da costruzione e demolizione provenienti da piccoli interventi di rimozione (prima considerati rifiuti speciali).
Nel 2016 la produzione nazionale si è attestata a 30,1 milioni di tonnellate, con un aumento rispetto al 2015 del 2%, pari a 590 mila tonnellate circa, in controtendenza rispetto alla progressiva diminuzione registrata nel quinquennio 2011/2015, tenendo presente che tale dato va corretto con +0,8% in base alla precedente metodologia. La crescita, peraltro, è in linea con l’andamento degli indicatori socio-economici, sia nella spesa per consumi finali (+1,5%) sia del prodotto interno lordo (tra +1,7% e +0,9%), per cui non si è avuto alcun disaccoppiamento (decoupling).
Questo dato che dovrà essere valutato approfonditamente, suggerisce che in Italia manca ancora una vera e propria strategia nazionale per i rifiuti, che incentivi le soluzioni virtuose sui flussi di materia e le politiche industriali per il mercato delle materie in generale, come prevede l’economia circolare e che si spera potranno essere introdotte con l’approvazione definitiva del Documento strategico “Verso un modello di economia circolare in Italia“.
In dettaglio: il nord-Italia, che in valore assoluto produce quasi 14,2 milioni di tonnellate, mostra il maggiore aumento percentuale (+3,2%); mentre al Centro con 6,6 milioni di tonnellate e al Sud con circa 9,4 milioni di tonnellate, gli incrementi sono più contenuti (+0,9 e +1,1% rispettivamente).
Le regioni che segnano i maggiori aumenti nella produzione dei rifiuti urbani sono il Veneto (+9%) e il Trentino Alto Adige (+4,5%), mentre solo per 3 regioni si registra un calo: Liguria (-3,1%), Molise e Calabria (-1,2% per entrambe). Analogamente ai precedenti anni, i maggiori valori di produzione pro capite, che tengono conto della produzione di rifiuti in rapporto alla popolazione residente, si rilevano per l’Emilia Romagna con 653 kg pro capite nel 2016, seguita dalla Toscana, 616 kg pro capite, a fronte di una media nazionale di 497 kg pro capite.
A livello provinciale, è sempre Reggio Emilia la provincia con il più alto valore di produzione pro capite (749 kg), seguita da Rimini (740 kg). Seguono Ravenna, Forlì-Cesena, Piacenza, Ferrara, Prato, Livorno e Olbia-Tempio Pausania, tutte con produzione pro capite superiore a 650 kg per abitante per anno.
In dieci anni la raccolta differenziata in Italia è raddoppiata, passando dal 25,8% del 2006 al 52,5% del 2016. Dati, tuttavia, ancora lontani dall’obiettivo del 65% fissato dalla normativa per il 2012, raggiunto solo da 4 regioni del Nord nel 2016. Il Veneto si conferma la regione con la più alta percentuale di raccolta differenziata (72,9%), seguito dal Trentino-Alto Adige con il 70,5%, dalla Lombardia con il 68,1% e dal Friuli Venezia Giulia con il 67,1%. Tutte queste regioni si collocano, pertanto, al di sopra dell’obiettivo del 65.
La provincia con i livelli più elevati di raccolta differenziata si conferma, analogamente ai precedenti anni, Treviso, con quasi l’88%, seguita da Mantova (86,4%), Pordenone (82,3%) e Belluno 80,4%. Superiori al 75% sono i tassi di raccolta di Cremona (77,9%) e Vicenza (76,5%) e prossimi a tale valore quelli di Varese (74,6%), Trento (74,3%) e Parma (74%). Ancora una volta i più bassi livelli di raccolta differenziata, inferiori o di poco superiori al 10%, si osservano per le province siciliane di Siracusa (9,3%), Palermo (10,4%) ed Enna (11%).
La tipologia di rifiuto che si raccoglie di più è la frazione organica (umido e verde), che da sola rappresenta il 41,2% della raccolta differenziata in Italia. Tra il 2015 e il 2016, si osserva un incremento di quasi 450 mila tonnellate (+7,3%) che fa seguito alla crescita di circa 350 mila tonnellate (+6,1%) rilevata tra il 2014 e il 2015. Seconda tipologia di rifiuto urbano più differenziato è la carta (20,3% del totale), una crescita significativa si rileva per vetro (+6%) rispetto al 2015 e per i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche RAEE (+5,3%).
Diminuiscono i rifiuti smaltiti in discarica nel 2016 (-5% rispetto a 2015), una riduzione sulla quale incide il dato del Nord (-13%). In Italia ci sono 134 discariche che hanno ricevuto rifiuti provenienti dal circuito urbano, 15 in meno rispetto al 2015. In via generale va rilevato che non tutte le regioni sono dotate delle necessarie infrastrutture di trattamento dei rifiuti, in maniera particolare quelle deputate al riciclo delle frazioni merceologiche raccolte in maniera differenziata. La scarsa dotazione impiantistica fa sì che in molti contesti territoriali si assista ad un trasferimento dei rifiuti raccolti o sottoposti a trattamento meccanico biologico in altre regioni o all’estero dove la capacità di trattamento risulta superiore rispetto ai fabbisogni.
“Oggi possiamo rivendicare con orgoglio il raddoppio della raccolta differenziata in 10 anni e verificare come stia scendendo la percentuale dei conferimenti in discarica – ha dichiarato nel messaggio inviato il Ministro dell’Ambiente e della Tutela Ambientale Gian Luca Galletti – I progressi fatti ci avvicinano ai target europei che alcune aree del Paese hanno raggiunto e superato, mentre altre zone arrancano. La gestione corretta ed efficiente dei rifiuti è una delle colonne su cui costruire l’economia circolare che il nostro Paese, insieme all’Europa, ha scelto come modello di sviluppo per il futuro“.
I rifiuti del circuito urbano esportati, sono oltre 433 mila tonnellate, il doppio di quelli importati, diretti soprattutto in Austria e Ungheria, rispettivamente il 35,1% e il 22,7% del totale esportato. Di contro, sono circa 208 mila tonnellate i rifiuti del circuito urbano importati nel 2016. Il maggior quantitativo proviene dalla Svizzera, con oltre 76 mila tonnellate, corrispondente al 36,6% del totale importato; seguono la Francia con il 18,6% e la Germania con il 12,8%. Circa la metà dei rifiuti provenienti dalla Svizzera, costituiti prevalentemente da rifiuti di imballaggio in vetro, sono destinati ad impianti di recupero e lavorazione del vetro situati perlopiù in Lombardia.
L’analisi economica del sistema tariffario condotta sui dati contenuti nei piani finanziari comunali pervenuti all’ISPRA, relativi all’anno 2016 e riferiti a 734 comuni, mostra che, a livello nazionale, il costo totale medio pro capite annuo è pari a 218,31 euro/abitante (+ 0,6% rispetto al 2015), mentre il costo totale medio per kg di rifiuto, è 39,03 centesimi di euro (+1,2% rispetto al 2015).
L’analisi per classi di popolazione residente, sia relativa ai costi pro capite annui che ai costi specifici per kg di rifiuto, evidenzia un aumento generale dei costi di gestione, sia dei rifiuti indifferenziati che differenziati, passando dalle classi demografiche più basse a quelle più alte.
Uno studio condotto da Ispra sui 223 comuni che applicano il regime di Tariffazione puntuale (Pay-As-You-Throw) ha mostrato che, in generale, i comuni con questo tipo di tariffazione presentano un costo totale medio pro-capite inferiore a quelli che utilizzano la Tassa rifiuti normalizzata. A Trento, ad esempio, si registra nel 2016 il costo pro capite più basso fra le città capoluogo di regione, attestandosi a 152,86 euro/abitante per anno, con un livello di raccolta differenziata pari al 78,9%.
Anche quest’anno, come le precedenti edizioni, il capitolo introduttivo riguarda il contesto europeo (UE-28) i cui dati messi a disposizione da Eurostat si riferiscono al 2015.
Infine, in Appendice il Rapporto contiene i Dati 2016 sulla produzione e gestione dei rifiuti urbani delle singole Regioni.