Il Rapporto di Revisione 2017 sulle Prospettive della Popolazione Mondiale con le relative dinamiche sottolinea come la comprensione e la valutazione dei modelli e le tendenze demografiche saranno essenziali per la corretta attuazione dell’Agenda 2030 per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
Il 21 giugno il Dipartimento degli Affari Economici e Sociali (DESA) – Divisione Popolazione del Segretariato delle Nazioni Unite ha rilasciato il Rapporto di revisione 2017 sulle Stime della Popolazione Mondiale (World Population Prospects) che fornisce un insieme completo di dati e indicatori demografici per valutare le tendenze della popolazione a livello globale, regionale e nazionale e per calcolare altri indicatori chiave per il monitoraggio del progresso verso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
“Sentiamo dire spesso che le persone sono al centro dello sviluppo sostenibile. E sappiamo che, per definizione, le persone sono al centro delle popolazioni. Da queste due semplici osservazioni, ne consegue che una comprensione dei modelli e delle tendenze relativi alla popolazione sarà essenziale per la corretta attuazione dell’Agenda 2030 per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile – ha dichiarato John Wilmoth del Dipartimento Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite e principale autore del Rapporto – Possiamo imparare molto valutando la diversità delle situazioni demografiche esistenti nel mondo di oggi. Alcuni Paesi hanno grandi popolazioni di bambini e giovani, mentre altri contano su un’abbondanza di persone in età lavorativa, e in altri ancora la popolazione di persone anziane sta crescendo rapidamente. Ognuna di esse rappresenta una tappa distinta nel processo condiviso di transizione demografica e ognuna presenta sfide e opportunità prevedibili che i Paesi devono prepararsi ad affrontare“.
Le nuove proiezioni prevedono una leggera crescita rispetto ai numeri forniti nella precedente revisione: la popolazione attuale di 7,6 miliardi di individui, sarà di 8,6 miliardi al 2030 e di 9,7 miliardi nel 2050, per raggiungere 11,2 miliardi nel 2100: una tendenza al rialzo ad ogni revisione annuale che dovrebbe proseguire, anche se i livelli di fertilità continueranno a diminuire.
Le nuove proiezioni includono alcuni risultati notevoli a livello nazionale. Cina (con 1,4 miliardi abitanti) e India (1,3) rimangono i due Paesi più popolati, rispettivamente con il 19 e il 18% della popolazione mondiale totale, ma è previsto che intorno al 2024 gli abitanti dell’India supererebbero quelli della Cina.
Tra i 10 Paesi più popolosi, la Nigeria sta crescendo più rapidamente degli altri e se attualmente si colloca al 7° posto, è profittata a superare gli Stiti Uniti per divenire prima del 2050, il 3° Paese più popoloso del mondo.
Tra il 2017 e il 2050 la metà della crescita globale attesa sarà concentrata in appena 9 Paesi: India, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Pakistan, Etiopia, Repubblica unita di Tanzania, Stati Uniti, Uganda e Indonesia.
Il gruppo dei 47 Paesi meno sviluppati (LDC) continua ad avere un indice relativamente alto di fertilità, che era di 4,3 nati per ogni donna nel 2010-2015. Di conseguenza, la popolazione di questi Paesi è cresciuta rapidamente, di circa il 2,4% all’anno Anche se questa percentuale di incremento è prevista in significativo rallentamento nei prossimi decenni, la popolazione combinata dei Paesi meno sviluppati, pari a circa 1 miliardo nel 2017, aumentare presumibilmente del 33% tra il 2017 e il 2030, per raggiungere 1,9 miliardi di persone nel 2050.
Al contempo l’Africa continua ad avere elevati tassi di crescita della popolazione. Al 2050, si prevede che le popolazioni di 26 Paesi africani raddoppino rispetto alle dimensioni del 2017.
La concentrazione della crescita della popolazione mondiale nei Paesi più poveri presenta una sfida di notevole entità, si sottolinea nel Rapporto, per i Governi nell’attuazione dell’Agenda del 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, in particolare:
Obiettivo 1: Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo;
Obiettivo 2: Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile;
Obiettivo 3: Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età;
Obiettivo 4: Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti;
Obiettivo 5: Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze.
Negli ultimi anni, la fertilità è diminuita in quasi tutte le regioni del mondo. Anche in Africa, dove gli indici di fertilità sono i più alti di qualsivoglia altra regione, dove è scesa da 5,1 nati per donna del periodo 2000-2005 a 4,7 nel 2010-2015.
L’Europa è stata un’eccezione a questa tendenza negli ultimi anni, con una fertilità totale che aumenta da 1,4 per donna nel 2000-2005 a 1,6 nel 2010-2015.
Tuttavia sono numerosi e in continuo aumento i Paesi in cui non si raggiunge il numero dei nati per donna necessario per mantenere in equilibrio la popolazione (2,1 figli per donna), alcuni dei quali sono in questa situazione da decenni. Durante il periodo 2010-2015, la fertilità era al di sotto del livello di sostituzione in 83 Paesi che rappresentavano il 46% della popolazione mondiale. I 10 Paesi più popolosi di questo gruppo sono Cina, Stati Uniti, Brasile, Federazione Russa, Giappone, Vietnam, Germania, Iran, Thailandia e Regno Unito (in ordine di dimensione della popolazione).
Il Rapporto sottolinea che una riduzione del livello di fertilità determina non solo un minor ritmo di crescita della popolazione, ma anche una crescita della percentuale di popolazioni anziane.
Rispetto al 2017, il numero di persone di età superiore ai 60 anni dovrebbe raddoppiarsi al 2050 e triplicarsi al 2100, salendo dai 962 milioni nel 2017 a 2,1 miliardi nel 2050 e a 3,1 miliardi nel 2100.
In Europa, il 25% della popolazione è già di età superiore ai 60 anni e questa percentuale è destinata a salire al 35% nel 2050 e rimanere attorno a tale livello nella seconda metà del secolo.
Anche nelle altre regioni, le popolazioni sono previste ad invecchiare significativamente nei prossimi decenni, proseguendo fino al 2100. Ad esempio, l’Africa, che ha ora il tasso più elevato di fascia d’età giovanile rispetto alle altre Regioni, sperimenterà un rapido invecchiamento della sua popolazione. Anche se la fascia d’età dei giovani rimarrà maggioritaria per altri decenni, la percentuale di popolazione superiore ai 60 anni dovrebbe aumentare dal 5% nel 2017 a circa il 9% nel 2050. Per poi arrivare a quasi il 20% entro la fine del secolo.
In tutto il mondo, il numero di persone over 80 anni triplicherà entro il 2050, da 137 milioni del 2017 a 425 milioni nel 2050 e al 2100 si prevede raggiungerà i 909 milioni, quasi sette volte il suo attuale numero.
L’invecchiamento della popolazione è destinata ad avere un profondo effetto sulle società, per le pressioni che eserciteranno sui sistemi sanitari, pensionistici e sulle politiche sociali, su cui molti Paesi dovranno porre per tempo grande attenzione.
Negli ultimi anni si sono verificati miglioramenti sostanziali dell’aspettativa di vita. Globalmente, l’aspettativa di vita alla nascita è aumentata da 65 anni per gli uomini nel periodo la vita.
L’aspettativa alla nascita è aumentata da 65 anni per gli uomini del periodo 2000-2005 a 69 anni del 2010-2015 e per le donne da 69 a 73 anni.
Tuttavia, grandi differenze permangono in molte aree e Paesi.
Il divario tra l’aspettativa di vita alla nascita dei Paesi in via di sviluppo e gli altri si è ridotto in modo significativo e dovrebbe nei prossimi anni, fino a rallentare entro il 2045-2050.
Questo ridotto divario dell’aspettativa di vita è dovuto a molti fattori, tra cui il tasso di mortalità al di sotto dei 5 anni, che è diminuito di oltre il 30% in 89 Paesi tra il 2000-2005 e il 2010-2015. Altri fattori includono la riduzione continua dei decessi dovuti all’HIV/AIDS e al progresso nella lotta contro altre malattie infettive e non trasmissibili.
C’è poi il capitolo migrazioni, con grandi movimenti dalle regioni a reddito basso e medio a quelle a reddito alto. Il volume del flusso netto di migranti verso i Paesi ad alto reddito nel 2010-2015 (3,2 milioni all’anno) ha avuto un calo rispetto al picco raggiunto nel 2005-2010 (4,5 milioni all’anno).
Nel Rapporto si osserva che la crisi dei rifugiati siriani ha avuto un impatto notevole sui livelli e sui modelli delle migrazioni internazionali negli ultimi anni. Il flusso netto stimato di 4,2 milioni di individui nel periodo 2010-2015 dalla Siria si è distribuito soprattutto nei Paesi limitrofi (Turchia, Libano e Giordania).
Anche se gli attuali livelli delle migrazioni internazionali saranno insufficienti a compensare completamente la perdita attesa della popolazione legata a bassi indici di fertilità, in particolare nella regione europea, i movimenti di persone tra i Paesi possono contribuire a attenuare alcune delle conseguenze negative dell’invecchiamento della popolazione.
“In alcune nazioni con un basso tasso di fertilità e un invecchiamento della popolazione – ha concluso Wilmoth – la risorsa primaria per la crescita degli abitanti è stato il flusso migratorio che, in alcuni casi, ha anche contribuito a prevenirne il declino“.